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Cultura
novembre, 2009

La dolce nostalgia

Risvegliare il passato è rassicurante. E dalla moda al cinema, dal design alla tv a dominare è la voglia di far rivivere oggetti, miti, sogni, film. Che oggi tornano. Ma reinterpretati con ironia

La nostalgia ha le rughe roche di Tony Hadley degli Spandau Ballet, che ritornano insieme, dopo 20 anni, e presentano il loro album alla platea di X-Factor: ai loro tempi appena nata. Ha le misure dello share dello sceneggiato 'Pinocchio', che stravince sui reality e lascia secchi tutti gli altri format: sette milioni e mezzo di spettatori. Ha il sapore della cioccolata al latte, il must dell'infanzia, demonizzata da anni di tendenza al fondente profondo, e ora riproposta ai chocoholics più esigenti.

C'è nostalgia nell'aria. Trasversale ed evidente, inespressa o dichiarata, la tendenza a guardare indietro circola nella moda e nel cinema, nel design e in tv, nei libri e nei gadget. Si citano gli anni Sessanta, ci si ispira ai Settanta, si rimpiangono persino gli anni '80: tutto, pur di aggrapparsi al passato. Una necessità irrinunciabile, un tuffo all'incontrario, un istinto dai testimoni involontari e sorprendenti: come Nick Hornby, uno abituato a temi e linguaggi nuovi e taglienti, che ha appena pubblicato 'Tutta un'altra musica' (Guanda). E lo è veramente: con un professore depresso per protagonista, che perdipiù cura il sito di una rockstar degli anni '80, più di un critico vi ha letto nostalgia. Come se persino lo scrittore temesse di ingrassare (i capelli li ha persi da un pezzo) e di uscire di scena. Il timore di un'intera generazione: non a caso, nell'ultima stagione sono tornate le più gloriose rockstar, Led Zeppelin, Rolling Stones, Bruce Springsteen. Né la rentrée accenna ad arrestarsi. Barbra Streisand a 67 anni è tornata a cantare in pubblico; Ralph Stanley, padre della musica country pura, a 82 anni ha infiammato la Carnegie Hall di New York. E il pubblico accorre, tutti a caccia di quell'identità di gruppo cancellata dalle nuove, eterogenee, realtà di ognuno; tutti in cerca del conforto di quelle note. Voglia di restare ragazzi all'infinito. Di parlare al plurale - noi - come fa, dopo Walter Veltroni, anche Alessandro Baricco in 'Emmaus'. Del resto, lo dice la parola stessa: 'nostalgia' indica la sofferenza per la lontananza: da qualcuno, da qualcosa, da come eravamo. Una società che inevitabilmente invecchia ne sente di più l'urgenza.

"In questo momento di incertezza e di mancanza di modelli, l'unica sicurezza è legata al passato e alla tradizione", dice Roberto Da Re Giustiniani, editore di Kellermann, che ha tradotto la nostalgia per i libri artigianali e per le atmosfere più naturali di una volta nei 'Quaderni': libri di ricordi, di tradizioni, fatti a mano, simili ai quaderni di bella scrittura: "Forse la nostalgia è per un periodo della nostra vita: il tempo dell'asilo, della scuola, dei compiti a casa, per una stagione nella quale eravamo coccolati. Di certo è un modo per accantonare un futuro spesso inquietante". Questione di stabilità. E di identità collettiva: a Fox Retro, canale satellitare inaugurato da qualche mese, fanno leva su questi sentimenti nel riproporre vecchi serial di successo anni '70-80, da 'Starsky e Hutch' a 'Mork e Mindy', da 'Il mio amico Arnold' alle 'Charlie's Angels'. Sperando nell'effetto domino per i più giovani. Per i più piccoli, l'operazione è già riuscita: da Pippi Calzelunghe a Barbapapà tutto è riproposto con la stessa enfasi di allora. Il 'Muppets Show', lo spettacolo dei pupazzi morbidoni che hanno appena festeggiato i 40 anni, ha avuto per testimonial una nostalgica mica qualunque: Michelle Obama. Ennesimo strapotere dei baby-boomers, inclini a ritenere irrinunciabile solo ciò che piace a loro, e decisi a imporre ancora a lungo il loro immaginario? "Un'intera generazione sta facendo i conti con il tempo", nota la semiologa Patrizia Calefato, che ha appena pubblicato 'Gli intramontabili' (Meltemi): saggio dedicato a mode, persone, oggetti che ritornano: dalla borsa Kelly di Hermès ai vinili dei Beatles, dal restyling della 500 alle canzoni degli Abba: "Questa generazione ricerca la sua storia, la sua memoria, i suoi miti. La ricerca si traduce in una estetizzazione del quotidiano: la vita di tutti giorni finisce per essere permeata di quel gusto, quelle mode, quei valori. Un analogo atteggiamento è oggi legato alla crisi, al riuso, sia concreto che simbolico: l'imperativo di non sprecare riporta in scena la vecchia poltrona, il vestito o la borsa nell'armadio. Vintage, o seconda mano vera e propria".

La moda registra. Tinge le labbra di rosso fuoco, il più canonico dei colori della seduzione, e induce le donne a un revival degli anni Quaranta, il filone più chic: cappottoni lunghi, strizzati in vita; la lezione di Elsa Schiaparelli e del suo senso della moda surrealista; bon ton che trasuda dai dettagli, piume e velette per lei, stile dandy per lui. La nostalgia rianima la passione per le spille: sinora dettaglio delle nonne, al massimo simbolo sul quale esercitare una stramba originalità alla maniera di Madeleine Albright (nota per i suoi giganteschi insetti, considerati espressione in codice del suo stato d'animo). Brand antichi - Vionnet, Hubert de Givenchy- rivivono una seconda giovinezza. E dal passato riemergono, parlando il linguaggio di oggi. Come Balenciaga: allo stilista Cristòbal si dedica un museo nella città in cui è nato, a Guetaria, mentre Nicolas Ghesquière riproietta il brand nelle passerelle più contemporanee. Vecchi emblemi di un mondo passato diventano attualissimi: come le scarpe Zeha, indossate da calciatori dell'ex Germania dell'Est, e oggi riproposte in versione sneaker per i modaioli di Prenzlauer Berg: 'le madeleines delle calzature', le ha definite il 'Financial Times'. E anche la Trabant si prepara a tornare: al Salone di Francoforte la IndiKar, il marchio proprietario, ne ha presentato una versione elettrica, con tanto di pannelli solari sul tetto. Il gusto della memoria distorce la realtà e ammanta tutto di sentimentalismo? Il rischio c'è, avverte il filosofo Avishai Margalit intervenendo al Festival Filosofia di Modena: "Esistono gravi forme di distorsione causata dalla nostalgia", ha ammonito: "Si pensi alla Ostalgia nella Germania contemporanea, ovvero la nostalgia per la vita nell'ex Germania dell'Est, percepita come semplice e innocente se paragonata a quella minacciata dal capitalismo commerciale. Il marcio della Stasi e dei compagni vengono rimossi. Rimane il senso di purezza di una comunità unita". Non è d'accordo Patrizia Calefato: per lei l'attuale inclinazione alla nostalgia è solo estetica: "Nessun rimpianto per il mondo rievocato", spiega: "Le citazioni non vanno prese sul serio; hanno senso del grottesco, come nel film 'Goodbye Lenin'. È naturale cercare rassicurazioni nel passato. Ma di quali radici potremo fidarci? Non di quelle del Novecento, che ha prodotto solo fondamentalismo. Meglio provare a capire: come sono andate le cose, da dove nascono i problemi di coppia, quando si è spezzata la fiducia nel matrimonio. Come possiamo recuperare".

C'è ironia nella rilettura del passato. Si sbirciano le atmosfere alla 'Mad Men', machi da una parte e donne dall'altra, vera America anni '60. Si sorride di fronte agli anni '70, dove i personaggi di 'Life on Mars' sono catapultati. E le citazioni non si contano più: solo alla nostalgia per i film del 1962, l'anno dell'Oscar a 'Lawrence d'Arabia', del successo di Peter O'Toole e Omar Sharif, John Wayne, James Stewart e Woody Strode, il 'New York Times' ha dedicato un servizio. Antesignani di modi di intendere il cinema, e la vita, di cui si è persa traccia. Al femminile, questo è l'anno di Julia Child e di Coco Chanel, di Winnie Mandela, di Amelia Earhart: emblemi di autonomia. Che le ragazze più indipendenti di tutte declinano in versione burlesca: Dita Von Teese con il suo stile ipersexy, Amy Winehouse ammiccando ai '70, con capigliature scolpite. Gente che riporta in auge l'hola hoop, il cubo di Rubrik, i mattoncini Lego (l'ultima versione in formato rock band: i Queen). Dal profumo della Coccoina alle caramelle Sanagola, i ritorni non si contano. "Si chiamano sleeping brand", nota Mirko Nesurini, amministratore delegato di Gds brand consultancy e autore di 'Re-Brand. Come svegliare i brand che dormono' (Hoepli): "Più un brand invecchia, più diventa apprezzato. Un marchio che resiste parla di valori, di capacità di innovarsi, di qualità. Di come eravamo: il Moncler dei paninari torna alla ricerca di quel consumatore, evocandogli l'allegria, ma sapendo di parlare a chi oggi ha un maggiore potere d'acquisto. Dietro il successo di questi brand ci sono tre categorie di persone: i nostalgici puri, quelli che nel 1976 comprarono il primo Brionvega a colori e lo rivogliono; giovani che scoprono il brand; consumatori critici, in cerca di verità". E il sintomo avanza, contagia insospettabili: Tyler Br lé, uno che ci ha abituati a rimpiangere il futuro che non c'è più che il passato, ha ammesso nostalgia per videoteche e videocassette: nemmeno paragonabile all'ordinare un dvd su Amazon. Perché questa è nostalgia a dispetto della tecnologia, che pure ci offre una varietà infinita di memorie. Invece, temiamo la smemoratezza: e di Memoria si parlerà al prossimo Salone del libro di Torino. "La nostalgia fa parte della vita", rassicura la psicoterapeuta Maria Gabriella Manno: "Ce n'è una fisiologica, che coincide con fasi di crescita o di cambiamenti, come la mamma che pensa ai figli piccoli, o gli anziani, nei quali il legame col passato può essere addirittura positivo. C'è poi la nostalgia come segnale di sofferenza, di disagio sociale, che si traduce in mancanza di aspettative, di progetti. È un sintomo della depressione".

Siamo tutti depressi? "Bisogna verificarlo alla luce di altri sintomi. La nostalgia è il ritorno alle cose piacevoli. Una fuga nella sicurezza". E un comodo atterraggio.

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