Sardegna, Antigua, Cernobbio, Lesa, Portofino, Bermuda, Roma... La bulimia residenziale del premier non ha limiti. E ad Arcore ora c'è una discoteca con i pali per la lap dance

Tanto vale rassegnarsi. Difficilmente nel nostro Paese vedrà la luce un movimento lib-lab. Anche se almeno il Cavaliere, ora, ci si avvicina. Quasi. Non proprio lib-lab, ecco. Più lib-lap, dal nome dei pali per il ballo, la lap dance appunto, quella in cui intraprendenti fanciulle si attorcigliano ai suddetti, fatti piantare in una delle più recenti Grandi Opere - con le maiuscole come scrivono i salmi Pdl - del berlusconismo: la Gran Discoteca di Arcore, nuova di zecca e degna di Ibiza.

Dall'immobilismo politico senza riforme e senza progetti del governo all'immobiliarismo spinto di Silvio Berlusconi. Non avrà dato il via allo Stretto di Messina. Non avrà finito la Salerno-Reggio Calabria. Ma non si potrà mai dire che il Cavaliere non abbia dato il suo contributo, anche caraibico, alla promozione dell'edilizia made in Italy.

Infatti l'ultima stagione del premier, per alcuni quella del declino, sicuramente la più tormentata - il partito in rivolta, la guerriglia finiana, lodi, scudi, legittimi impedimenti in pista e per nulla sicuri - ha trasformato la scena politica, da una parte in un gigantesco catasto (l'affare della casa di Montecarlo e di Fini), dall'altra nel palcoscenico di un'ossessione monomaniacale: poco presidenziale, molto residenziale. E così centrale da diventare nel giro di dieci giorni l'argomento da prima pagina e da apertura dei tg. Ha cominciato lui sdoganando il tema innalzandolo a un livello quasi istituzionale e decisamente da comizio. "Mi continuano a dire "Berlusconi a casa". Creandomi un certo disagio, perché disponendo di venti case non saprei in quale andare", ha detto alla festa Pdl Milano, sventolando in sobrio humour brianzolo, il portafoglio immobiliare. Poi, lo stesso argomento, molto suo malgrado, e nonostante gli altolà dell'ineffabile Niccolò Ghedini, è finito nell'occhio di "Report" con il paradiso vacanziero e soprattutto fiscale del complesso edilizio di Antigua, investimento da decine di milioni di euro finanziato dal suo conto alla banca Arner di Lugano, istituto molto mal visto da Bankitalia ad alto rischio di riciclaggio, nel cuore del Cavaliere, dei suoi figli e degli amici della storica band, da Cesare Previti a Gianni Acampora. Quando ha potuto, Dio sa quanto ha edificato il Cavaliere.

Immobiliare Silvio, lavori in corso. Da Villa Certosa (una fabbrica di San Pietro) ad Arcore. Da Palazzo Grazioli alla lacustre Villa Campari. Da Villa Gernetto (foresteria per capi di Stato e università solo lib, almeno per ora, di cui ha controllato personalmente ogni doratura) a Villa San Martino (lasciata libera da Veronica Lario) al castello di Tor Crescenza, alle porte di Roma, da pochissimo rimesso a nuovo secondo i desiderata del nostro che lo ha affittato per 2 milioni e passa di euro l'anno tutto registrato, si dice a Roma, mai come ora il Cavaliere aveva mostrato una tale euforia urbanistica.

La disoccupazione è a dir poco preoccupante, il debito pubblico è trattenuto a malapena, la legge di stabilità ha tagliato il tagliabile, il fantasma di un governo tecnico incombe, ma il presidente del Consiglio è in piena esplosione edificatoria.

Passando da una residenza all'altra, allarga, demolisce, costruisce, arreda, compra ed affitta. Visita tenute toscane (La Selva) e ville medicee in vendita, ansioso di accumulare ancora, appassionato di arte topiaria, alcove segrete, materassi rotondi (quelli nelle torrette di Villa Certosa) tombe (fenicie in Costa Smeralda, personali ad Arcore), collezioni di cactus freudianamente fallici, il vulcano e va bene, ma anche i rumori da giungla, finti laghi e grotte, pizzerie e gelaterie fasulle dove fare politica estera e fare divertimento, molto meglio, come confessa lui, che appisolarsi al Consiglio dei ministri litigiosi o dare retta alle lamentele di Denis (Verdini, il coordinatore che si sente accerchiato) o di Mariastella (Gelmini, il ministro reso quasi in miseria da Tremonti).

Forse una sintomatologia da accerchiamento. Forse la ricerca di una privacy perduta. Intanto la ristrutturazione del castello della Crescenza è terminata. Molti lavori di restauro per tirare a lucido l'atmosfera un po' délabré (i vetri, i dipinti colorati dei muri, l'intonaco da rinfrescare, alcune tappezzerie troppo semplici per lui). E soprattutto la necessità di rinforzare la sicurezza (cani da guardia, reti indistruttibili, sensori ovunque) delle varie entrate del castello, decisamente molto a rischio di fotografi e giornalisti ficcanaso, tanto che il premier per non dare nell'occhio arriva senza elicotteri (ma l'eliporto c'è), quasi in incognito, con il minimo indispensabile di scorte e di corte. L'affitto è principesco, ma si tratta di tutto il castello, da merlo a merlo, e delle altre tre o quattro ville (qualcuno ricorda che erano abusive, ma figuriamoci, e ora come minimo, sono state condonate) ben protette per ospitalità discrete anche improvvise, sparse per il parco fitto (troppo fitto, secondo Gianni Letta che lo sconsigliava caldamente per la facilità di nascondigli per intrusi). Così Palazzo Grazioli con la sala del consiglio, una specie di parlamentino in cui entrano anche 70 deputati, ormai famoso quanto Palazzo Montecitorio, dove gruppi di russi si fermano per la foto ricordo (per forza, accoglie tra le mura il lettone di Putin, vestigia che non ha nemmeno il Cremlino) è diventato sempre di più la residenza da premier e da leader.

A Tor Crescenza, invece, c'è il via vai di cene con le deputate junior, sotto la supervisione dalla fattiva Mariarosaria Rossi, detta "la centralinista", proprietaria di un call center e per questo oggetto di un grande onore: rispondere ogni tanto lei ai cellulari del premier. Alfredo, il maggiordomo personale del Cavaliere è di casa (arriva in cucina con la spazzatura e scherza: Dove lo butto? Dentro ci sta D'Alema). Berlusconi anela di acquistare Tor Crescenza e di diventare così, da buon parvenu, finalmente un castellano, dopo aver sgobbato una vita un uomo si merita un ponte levatoio e qualche alabarda. Da lì i veleni di Palazzo sembrano lontani con la compagnia rilassante di donna Sofia Borghese, moglie di Fabrizio Ferrari, (che comprò il castello a un'asta), ex proprietario di Ca' Dario a Venezia (venduto a Raul Gardini insieme alla Bavaria Assicurazione in pessime acque), sfiorato da varie vicende giudiziarie, perfetto compagno di merende per il Cavaliere dato che può vantare una rinomata esperienza in feste e festicciole. Donna Sofia, alta e racé, mostra molta dedizione verso il premier. Trepidava così tanto povera cara per il voto di fiducia a rischio per la fibrillazione finiana che il suo prezioso affittuario ha voluto telefonarle subito per comunicare l'esito positivo e placare la sua angoscia.

La bulimia immobiliare del Cavaliere sembra direttamente proporzionale all'anoressia delle alleanze del governo e al disgregamento del suo progetto politico. Perde alleati, incamera proprietà. Ogni tanto è tentato da un gesto che gli assicuri l'immortalità, donare, per esempio, allo Stato Villa Certosa per farne una Camp David italiana. Poi rinsavisce. Quando fa da guida al grand tour, tra i sentieri invasi dalle fanciulle in fiore chiamate a frotte da lui, anziano viveur, segnala il lago dove Fini non resistette e si tuffò, la quantità di gelati divorati da Toni (Blair) nella piazzetta della gelateria, le dépendance dove l'ex premier ceco Mirek Topolanek si sentiva a suo agio (le foto di "El Pais" mostrarono quanto), la struttura trasparente con le gabbie dove le crisalidi diventano farfalle gigantesche destinate al giardino degli ibiscus, trasformabile in teatro con i bauli dei camerini pieni di tanga di piume e strass, molto apprezzato daVladi (Putin). Come a dire, a casa mia è passata la Storia. Ogni residenza ha un posto preciso nella simbologia spettacolare dell'uomo.

Villa Certosa è Silvioland. Palazzo Grazioli, l'emblema del potere. Il castello, il sogno napoleonico di un parvenu verso l'ancien régime. E Arcore ora è Eros e Thanatos, la dimora dove si fece costruire il mausoleo da Pietro Cascella, oggi può vantare la Grande Discoteca progettata anche in questo caso con i consigli di un mago della materia, Lele Mora, famoso agente di star e veline, con una rubrica molto ben fornita. Nell'entourage del premier si racconta dei pali da lap dance e di un gran trono dorato. Se il Paese ingrato non glielo fornisce ci pensa l'immobiliare Silvio a non farglielo mancare.