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Cultura
dicembre, 2010

E l'ambasciatore diventa pazzo

Dopo gli scoop di Wikileaks, come faranno adesso i diplomatici a parlare con i propri governi? C'è chi pensa di passare direttamente al linguaggio dei gesti, ma si temono equivoci con il premier italiano

Ricercato in 188 paesi per aver cercato di penetrare nel sistema operativo di due donne non consenzienti, Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, ha cancellato in pochi giorni il millenario concetto di diplomazia come arte della dissimulazione. E anche se l'11 settembre della politica estera assomiglia piuttosto a un 1 aprile, i governi corrono ai ripari per proteggere le comunicazioni diplomatiche. Vediamo come.

RUSSIA
Putin e Medvedev come Batman e Robin? Il paragone, trapelato dai cabli Usa svelati da Wikileaks, non ha intaccato i rapporti fra Stati Uniti e Russia, ma ha provocato un grave incidente diplomatico con Batman e la conseguente rottura delle relazioni fra Washington e Gotham City. «Siamo indignati,» ha fatto sapere il Dinamico Duo, «d'accordo, anche noi qualche volta abbiamo fatto cilecca, ma quei due sono una vera e propria calamità: pensate ai marinai del Kursk, ai bambini di Beslan, agli spettatori del teatro Dubrovka, ad Anna Politkovskaja. A confronto il Joker e l'Enigmista sono due angioletti». Il Cremlino, per evitare fughe di notizie compromettenti, intende insegnare ai diplomatici russi il codice dei segni della briscola a coppie. Alzare gli occhi al cielo indica la presenza di integralisti islamici, serrare le labbra allude a un negoziato segreto, storcere la bocca va letto come «guerra imminente» e sporgere la lingua significa «sta per arrivare Berlusconi, da' aria alla dacia e senti se sono libere Olga e Tatiana».

MEDIO ORIENTE
«Noi arabi usiamo un linguaggio troppo diretto e trasparente»: per la diplomazia del Medio Oriente è l'ora dell'autocritica. «Non possiamo più lasciarci sfuggire frasi esplicite come ”Bisogna schiacciare la testa alla madre di tutti i serpenti prima che i narghilè siano consumati” o “Il cane del deserto ha lo zolfo nel turbante biforcuto”», ammonisce una nota del ministero degli Esteri egiziano. «Per quei tonti degli americani questa è poesia orientale, ma ad est di Ankara anche un bambino capisce esattamente cosa significa. Dobbiamo reprimere la nostra passione per la schiettezza e sforzarci di essere più oscuri». All'università del Cairo è allo studio un sofisticato codice per criptare le comunicazioni diplomatiche fra paesi arabi e confondere le idee agli spioni di Wikileaks. Ad esempio, il dispaccio «in realtà dei palestinesi non ce ne frega mezza» diventa un elusivo «in realtà dei palestinesi non ce ne può fregare meno», e «Ahmadinejad è un grosso pezzo di merda» si trasforma in «Ahmadinejad è un grossissimo stronzo», frase del tutto incomprensibile per la mentalità mediorientale.

USA
Un paese che si affida alla guerra preventiva non tiene in gran conto la diplomazia, e i dispacci di Wikileaks hanno svelato chiaramente lo spleen dell'incaricato d'affari americano: afflitto da un senso di inutilità, ben conscio che la Casa Bianca lo considera molto meno affidabile di un missile nella risoluzione delle controversie internazionali, il diplomatico Usa fa di tutto perché Washington lo giudichi uno sfaticato incapace e lo richiami in patria prima del Super Bowl. L'incaricata d'affari Elizabeth Dibble, autrice degli imbarazzanti cabli anti-berlusconiani diffusi da Wikileaks, stilava i suoi rapporti confidenziali copiando e incollando acriticamente ritagli di quotidiani (uno dei suoi dispacci più controversi recita «Necrologie e Partecipazioni, accettazione 800700800»). Ancora più inefficiente il suo omologo ad Atene, che si affidava a fonti poco aggiornate e ha inviato a Hillary Clinton un allarmato dossier sulle aspirazioni tiranniche di Pisistrato. Il Segretario di Stato ha raccomandato ai diplomatici americani in Europa di raccogliere notizie solo da politici credibili e di alto livello, il che ha costretto gli ambasciatori Usa del Principato di Monaco e di San Marino a rassegnare le dimissioni.

ITALIA

Le indiscrezioni di Wikileaks lo confermano: oggi la diplomazia italiana è praticamente una rete di agenti di commercio, la feluca è stata sostituita dalla valigetta del campionario e in tutto il mondo, quando suona alla porta l'ambasciatore italiano, la risposta più frequente è «Grazie, non compro nulla». Il processo era iniziato già negli anni Ottanta, quando i nostri ambasciatori vennero ingaggiati in blocco come piazzisti del Ferrero Rocher, ma oggi la Farnesina è molto più flessibile nella selezione del corpo diplomatico. In Brasile a rappresentare gli interessi italiani è Manuelinha Souza detta Bum-bum, miss Rio de Janeiro 2010: «Rappresenta perfettamente ciò che interessa del Brasile agli italiani», spiega il ministro Frattini. In Pakistan, invece, l'incaricato d'affari è Manuel Susato detto Bum-bum-aaagh, titolare di un'azienda produttrice di mine antiuomo: «Rappresenta perfettamente ciò che interessa dell'Italia al Pakistan», spiega il ministro degli Esteri di Islamabad.

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