Leggetelo mettendo su gli U2. "Bloody Sunday". Il pezzo che Bono scrisse per ricordare la "domenica di sangue", il 30 gennaio 1972. Quando a Londonderry, Irlanda del Nord, gli inglesi sparararono sui partecipanti a una manifestazione: 14 morti, civili disarmati.
Perché Brendan Behan è Irlanda come può esserlo una pinta di Guinness, come una lirica di William Butler Yeats, come la voce di Sinéad O'Connor o le ballate celtiche di Enya. Perché lui era "un ribelle irlandese". Militante dell'Ira e drammaturgo di successo, artista e rivoluzionario dentro e fuori dal carcere, dove gli inglesi lo misero per anni, bevitore leggendario e leggendario protagonista anche delle cronache letterarie. Proprio "Confessioni di un ribelle irlandese" si intitola il libro appena mandato in libreria da Giano. Un'autobiografia che lo stesso Behan, devastato dal diabete per abuso di alcol, dettò a Rae Jeffs, la editor che lo affiancò nella stesura del libro e gli fu accanto negli ultimi sette anni della sua vita. Lui non riusciva più a tenere la penna in mano, lei lo ricorda con queste parole straordinarie: "era un uomo più vivo del resto di noi".
Impossibile darle torto. La vita di Brendan Behan fu breve (è morto nel '64 a 41 anni), ma eccezionale. Per intensità, drammi, passioni, abusi, talento, guerre, polemiche. Militante dell'Ira, drammaturgo e autore del romanzo autobiografico "Borstal Boy", dal nome di un carcere inglese dove passò anni, visse tra l'adorata Dublino e la detestata Londra, dove andava clandestinamente, e Parigi, come corrispondente dell'Irish Times. Fu imbianchino in Irlanda del Nord e finto prete che concedeva assoluzioni in cambio di whisky ("la sua sete prescindeva dagli orari di chiusura dei pub"), frequentatore con pari intensità di bar e prigioni, cimiteri e bordelli.
I ricordi, in queste "Confessioni", si intrecciano e sovrappongono, in fondo con la tecnica dello "stream of consciousness" non a caso creata da un altro irlandese eccellente, James Joyce per il suo "Dubliners". Una vita esagerata. Eppure il libro si chiude sull'imprevista ruvida tenerezza di un ricordo della moglie, Beatrice.
"Ascolta Beatrice", le sussurrai a bassa voce, "in realtà sono una persona rispettabile". "Non mi interessa se lo sei o no", mormorò in risposta. "Mi piaci così". Quindi ci sposammo nella chiesa del sacro cuore a Dennybrook un mercoledì, il 15 febbraio del 1955, e da allora a oggi le sono sempre piaciuto. Quanto a me, quel che posso dire è: "Ti sono stato fedele, a modo mio".
Diritti18.10.2018
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