Nessuno se ne era accorto. Cittadini, autorità comunali, amministrazioni provinciali e regionali. Tutti adesso giurano e spergiurano: "Non ne sapevamo nulla". Eppure una carovana di diciotto tir traboccanti di rifiuti partiva ogni giorno dalla Campania, si metteva in fila al porto e attraversava lo stretto di Messina.
Una volta sbarcati in Sicilia, questi bestioni percorrevano una sessantina di chilometri, fino al paesino di Mazzarrà Sant'Andrea, dove una discarica era pronta ad accogliere una montagna di immondizia, circa 500 tonnellate, quasi la metà di quella prodotta a Napoli in 24 ore.
Tutto questo si è ripetuto dal 22 febbraio al 14 aprile, sabati e domeniche compresi. E qualcosa di molto simile è accaduto pure dal 17 gennaio al 22 febbraio, anche se resta da ricostruire con precisione il tragitto seguito dalla monnezza in questo periodo. Non è detto che l'andirivieni sia finito qui, tanto che è in corso una trattativa per altre assegnazioni. Ma già ora nei registri il totale fa 31.500 tonnellate di rifiuti.
La bomba l'ha fatta esplodere Centonove, un settimanale regionale, con quel "Pattumiera Sicilia" sbattuto in prima pagina. Era il 25 marzo, ma la vicenda non è ancora chiarita. Quali rifiuti sono finiti a Mazzarrà? Servivano delle autorizzazioni? Perché proprio in Sicilia, dove è stata decretata l'emergenza rifiuti fino al 2012? E ancora: qual è la strada che ha preso la monnezza sbarcata sull'isola dal 17 gennaio al 22 febbraio? Possiamo considerare questa storia finita, o potrebbe riprendere di nuovo tra qualche settimana?
I diretti interessati, naturalmente, sapevano tutto. Il contratto è stato sottoscritto dalla Sapna, la società della Provincia di Napoli che ha il compito di gestire il ciclo dei rifiuti, con la Vincenzo D'Angelo srl di Alcamo (Trapani) e la Profineco spa con sede a Palermo e stabilimento a Termini Imerese. Nell'accordo si parlava di circa 200 euro a tonnellata. Un affare da più di 6 milioni di euro, se si moltiplica questo importo per la montagna di rifiuti portata sull'isola.
Il trasferimento dell'immondizia era affidato a due aziende del Salernitano, la Adiletta logistica scarl di Nocera Inferiore e la Trasporti San Marino società cooperativa, che solo nel periodo che va dal 22 febbraio al 28 marzo hanno utilizzato 593 camion.
Il percorso era questo: caricavano negli Stabilimenti di tritovagliatura e imballaggio rifiuti (Stir) di Giugliano e Tufino, in provincia di Napoli, e portavano tutto nella discarica di Mazzarrà, gestita dalla Tirrenoambiente, una società a capitale misto pubblico-privato. Un lavoro con orari massacranti per gli autotrasportatori, che però avevano il loro tornaconto. "Facimmu na vita di merda, ma in questo periodo guadagniamo bene", ammette uno degli autisti. Che rivela che per ogni viaggio fatto, oltre al fisso si metteva in tasca altri 230 euro. "Più viaggi riusciamo a fare, più guadagniamo".
Escluse le imprese e i lavoratori coinvolti, pare che nessun altro fosse a conoscenza di quel che portavano questi tir. Dalla Regione Campania fanno sapere che "non è stata fatta alcuna intesa con la Regione Sicilia per il trasferimento dei rifiuti e, in ogni caso, questi trasferimenti fanno capo alle società provinciali". Dall'altra parte dello Stretto cambiano le parole ma la sostanza è la stessa. "Tutto quello che sappiamo lo abbiamo appreso dalla stampa", ammette il dirigente generale del dipartimento Ambiente della Sicilia, Vincenzo Emanuele. Che però tiene a ricordare che "abbiamo chiesto a tutte le Province di informarci quando arriveranno rifiuti dalla Campania, da altre parti d'Italia o da qualunque parte del mondo". E per quel che è successo a Mazzarrà è convinto che "per il tipo di rifiuti trasportati non c'è alcun obbligo di autorizzazione da parte della Regione e, in ogni caso, la vigilanza spettava alla Provincia".
A dire il vero, il sospetto che qualcosa alla Regione Sicilia si sapesse anche prima è legittimo.
Il 14 dicembre 2010, prima di firmare l'accordo con la Sapna, Vincenzo D'Angelo aveva scritto al dipartimento competente per avere un parere preventivo sulla necessità di un accordo tra Regioni per quel tipo di rifiuti. La risposta è arrivata una settimana dopo, il 21 dicembre (protocollo numero 50/34/2). Il documento diceva che non era necessaria un'intesa ed era firmato dallo stesso Emanuele. L'assessore siciliano ai Rifiuti e all'energia, Giosuè Marino, spiega che "l'assessorato si è limitato a richiamare il pieno rispetto della normativa vigente in materia di trasferimento di rifiuti urbani tra regioni diverse".
La Provincia di Messina, però, la pensa in modo diverso. Anche qui nessuno dice di essere stato a conoscenza di questo flusso di rifiuti prima dell'articolo pubblicato da Centonove. E la dirigente del primo ufficio del dipartimento Ambiente, Carolina Musumeci, si spinge oltre. "Riteniamo che non sia stata rispettata la normativa nazionale", taglia corto. Il suo ragionamento è semplice. "Hanno classificato quell'immondizia come rifiuti speciali considerando la definizione data dall'articolo 184, lettera n, del decreto legislativo 152 del 2006", spiega la Musumeci, "ma questo comma è stato abrogato dal decreto legislativo 4 del 2008". E quindi? Secondo la Musumeci questa monnezza tritovagliata, considerando anche quello che ha stabilito la legge 123 del 2008 e la legge 1 del 2011, doveva essere classificata come "rifiuti urbani indifferenziati, codice Cer 20.03.01" e, in quanto tale, sarebbe potuta uscire dalla Campania solo in seguito a un'intesa tra le due Regioni (La relazione della dirigente).
La questione in punta di legge è controversa, tanto che la Puglia ha bloccato l'ingresso di questa immondizia e la questione adesso è in mano al Tar del Lazio.
Diritto dell'ambiente a parte, comunque, ciò che conta è capire che cosa è finito nella discarica di Mazzarrà. Secondo la Tirrenoambiente non c'è nulla di cui preoccuparsi. L'amministratore unico, Pino Innocenti, ha dichiarato che "i rifiuti sono innocui, non hanno alcun odore, e il nostro tecnico Bartolo Capone è stato in Campania ad analizzare il cumulo biostabilizzato di 25 mila tonnellate: solo quei rifiuti noi accetteremo". E di rifiuti "in regola" con la legge e "non pericolosi" per la salute parlano tutte le società coinvolte.
Per saperlo con certezza, però, bisogna aspettare che siano terminate tutte le analisi sui campioni prelevati dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente di Messina. Secondo il direttore, Antonino Marchese, "una prima analisi ci ha permesso di verificare che si tratta semplicemente di rifiuti solidi urbani tritati, che sono stati considerati speciali per effetto del loro trattamento, ma che non sono affatto biostabilizzati". I risultati delle analisi sul primo campione hanno escluso la presenza di sostanze come diossina e furani, ma devono ancora arrivare chiarimenti sugli altri prelievi.
Le valutazioni fatte dall'ingegnere Paolo Rabitti - perito della procura di Napoli nelle inchieste che hanno coinvolto il prefetto Corrado Catenacci, l'ex governatore Antonio Bassolino e qualche collaboratore dell'ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso - sono in linea con quelle di Marchese. "Gli impianti di Tufino e Giugliano", sostiene l'autore di Ecoballe, "come è stato accertato nelle perizie che ho personalmente svolto, non sono in grado di fare quello che avrebbero dovuto fare, ovvero separare la parte secca da quella umida e biostabilizzare quest'ultima".
Il problema, comunque, non è solo la discarica di Mazzarrà. Dopo alcune verifiche, le autorità stanno facendo chiarezza su quel che è arrivato nel centro messinese a partire dal 22 febbraio al 14 aprile. Quelle 25 mila tonnellate di monnezza che sono sotto i riflettori delle istituzioni e della procura di Barcellona, che si è interessata al caso anche in seguito alla denuncia del Comune di Terme Vigliatore (Il testo della denuncia).
Resta ancora un mistero la destinazione finale della montagna di spazzatura arrivata dal 17 gennaio al 22 febbraio. Che sia entrata in Sicilia non ci sono dubbi. La Sapna, infatti, ha fatto sapere che dagli Stir di Giugliano e di Tufino in questo periodo sono uscite quasi 6.500 tonnellate di rifiuti con codice 19.12.12 (quelli speciali), diretti all'impianto di Alcamo di Vincenzo D'Angelo. In quale discarica siano finiti dopo essere transitati lì, però, non è ancora stato scoperto. E non è finita qui. Anche se il flusso dalla Campania verso Mazzarrà si è interrotto il 14 aprile, dalla Sapna confermano che è in corso una trattativa per arrivare a un nuovo accordo, che è "in via di definizione, ma non ancora sottoscritto", con la Vincenzo D'Angelo.
Tutti i dettagli dell'operazione, naturalmente, sono top secret. Se il flusso di monnezza dovesse riprendere alla chetichella, ci sarebbe davvero da preoccuparsi. Per dirla con l'ingegnere Paolo Rabitti, "è mai pensabile che tutti i rifiuti della Campania possano partire per tutte le regioni d'Italia in base ad accordi tra privati solo perché sono stati tritati?".