I cinesi che fanno la coda ai seggi? La compravendita di schede? L'ombra della camorra sulle urne? Alla fine potrebbero essere peccati veniali, perché nelle primarie del Pd di Napoli sembra essersi superato ogni limite di decenza. Fino a inventare un'inedita trasfusione di preferenze: un candidato che cede i suoi voti all'altro. Nulla di male: le alleanze in politica sono la regola. Ma in questo caso il trasferimento è avvenuto dopo lo spoglio, cancellando e riscrivendo i nomi in una sceneggiata indegna.
A raccontare le primarie peggiori della sinistra italiana, quelle che rischiano di avere definitivamente affondato le speranze di rinascita democratica in Campania, sono due "infiltrati". Due sociologi che hanno vissuto dietro le quinte della consultazione: si sono fatti ingaggiare come esperti di comunicazione da uno dei candidati e adesso hanno messo nero su bianco la loro testimonianza di questo "pasticciaccio postmoderno".
Lucio Iaccarino e Massimo Cerulo, che in una precedente attività "under cover" aveva descritto la fenomenologia del politico calabrese, hanno condensato la loro surreale esperienza in un libro a metà strada tra il pamphlet e la ricerca etnografica. Il risultato è un testo vulcanico, che sarà in libreria la prossima settimana: "Emozioni primarie" (Guida editore). Una cronaca spietata che seziona clientele, faide, intrallazzi e ogni diavoleria pur di conquistare la corsa a sindaco della metropoli più sgarrupata d'Europa. Alimentando un caos che alla fine ha convinto i vertici del Pd a cancellare tutto, annullando anche la voglia di democrazia di molti di quei 45 mila napoletani che si sono presentati ai seggi.
I protagonisti principali della farsa sono tre. Il primo è Nicola Oddati, 47 anni, assessore alla Cultura e baffo da moschettiere, che ha imposto le primarie contro la volontà del partito: i due autori hanno lavorato al suo fianco, contribuendo a costruirne l'immagine di "rottamatore". Poi c'è Umberto Ranieri, ex sottosegretario agli Esteri, il nome voluto dalla segreteria nazionale e accreditato come vincitore. Ma all'ultimo minuto è sceso in campo il terzo incomodo: Andrea Cozzolino, europarlamentare e considerato il più fedele dei bassoliniani, destinato a fare incetta di schede.
Nello staff dei suoi avversari sono convinti che il segreto del successo siano le preferenze mercenarie: "Cozzolino avrebbe pagato il singolo voto da 5 a 20 euro (secondo testimonianze dirette di rappresentanti di lista e presidenti di seggio pro-Oddati che avrebbero visto con i propri occhi la compravendita)". Ma i risultati sono chiari. E a quel punto nasce il tentativo di rispondere al raggiro con il "contropaccotto", secondo gli schemi dei maestri della truffa: armati di lapis e gommapane sulle schede Oddati diventa Ranieri. Un'operazione descritta nei minimi dettagli: "Oddati entrò in contatto telefonico con Ranieri. Rapido conciliabolo. Viso del "Baffo" contratto. Chiuse la conversazione e chiese a tutti di uscire dalla stanza. Restarono dentro in pochissimi: lui, i due consiglieri regionali, il braccio destro, il capogabinetto, Lucio (uno degli autori del libro, ndr) e qualche altro.
A quanto sembrava, il Pd cercava di correre ai ripari. Considerata la Caporetto che Cozzolino stava infliggendo a tutti, qualcuno ai piani alti del Pd avrebbe pensato di salvare il salvabile, si disse addirittura che si stava cercando di "trasferire" una parte dei voti di Oddati sul candidato ufficiale, Ranieri, per non farlo sfigurare del tutto e, in un certo senso, per tenerlo ancora in corsa nel caso di eventuali contestazioni future". Il testo, seppur condito da condizionali più di forma che di sostanza, non lascia molto spazio all'immaginazione: "E così, in alcuni seggi "sicuri", una parte dei voti di Oddati sarebbero stati spostati su Ranieri, contando sulle matite non indelebili a disposizione per le primarie. Per quanto tale procedimento possa apparire assurdo, sembra sia andata proprio così".
Alla fine Cozzolino ha vinto comunque. Ma le denunce di brogli e i video amatoriali con le file dei cinesi ai seggi - pare fossero solo 400, ma le immagini hanno impressionato tutta Italia - hanno convinto a evitare la proclamazione del vincitore, senza che ci siano stati ricorsi. Sulle primarie è calato un imbarazzato e imbarazzante silenzio, sigillato dal centrosinistra con l'investitura del prefetto Mario Morcone.
Quella che si materializza nel seggio non è una consultazione popolare, ma un colossale regolamento di conti tra correnti, potentati e apparati della Napoli più sinistra. Uno scontro violento, senza esclusione di colpi, con i leader incapaci di guardare oltre il tornaconto personale per costruire un'alternativa credibile o almeno difendere il municipio nel momento in cui il ritorno dell'immondizia testimonia il fallimento berlusconiano.
E alla fine c'è una sola certezza, che sarà determinante anche nella sfida per il sindaco: è ancora Antonio Bassolino il patrono del Pd campano, contrariamente alle stime romane che lo volevano chiuso in un angolo: "Con il senno di poi, rileggendo i risultati a primarie annullate, se si sommano i voti di Oddati e quelli di Cozzolino, l'area bassoliniana a Napoli rappresenta uno scoglio insormontabile, con quasi il 50 per cento dei suffragi tra il popolo delle primarie. Possiamo dire per esperienza che a Napoli si vince un'elezione solo se Bassolino vuole che ciò avvenga".
Il racconto però ha un valore che supera la dimensione partenopea: è la cronaca quotidiana della politica di oggi, che fonde il marketing con gli interessi inconfessabili. Ritratti spietati di segretari regionali ("Una sorta di baby face quasi privo di parola che nel corso di tutta la campagna elettorale non apparirà quasi mai"), provinciali ("Potente - poco - e tremante - molto - con il compito assegnato da Roma di temporeggiare"), di capigabinetto che sembrano boss e e factotum pronti veramente a tutto.
Spicca il reportage in presa diretta della fiaccolata voluta dal centrosinistra a Scampia, il luogo simbolo di Gomorra. Lì un energumeno "con barba, canottiera bianca e occhiali da sole alla Venditti" sbarra la strada al sindaco Rosa Russo Iervolino: "Con un vocione cavernoso esclamò, di botto: "Che state facendo? Cos'è questa cosa?". Guardando negli occhi l'omone, Rosetta rispose con la sua graffiante vocina: "È una fiaccolata per la legalità... ". Tronfia. Coraggiosa. Sorridente. Uno dello staff aggiunge: "...E contro la camorra". A quel punto l'Ercole della periferia sbuffò, senza alcuna possibilità di replica: "Ah! Contro la camorra? Ma qui è la camorra che ci dà da mangiare, senza la camorra saremmo finiti"".
È solo l'anticipo del gran finale, con una folla di donne che insultano il sindaco, lanciando sacchetti di spazzatura dalle finestre. Rosa Russo Iervolino viene "presa di peso e messa in auto; il prode De Magistris quasi portato a braccia dai membri del suo staff in un Suv, tanto era bianco in volto e terrorizzato dal quartiere ("Appena finisce, applaudiamo e via", come sussurrò al collaboratore che aveva al suo fianco)".
La marcia per la legalità si scioglie in una fuga generale, protetta da un cordone di poliziotti: "Iniziavamo a realizzare che, ammesso che ci fosse un'arte posseduta in pieno dai politici, era quella del dileguamento: quando le situazioni precipitavano, nessuno meglio di loro riusciva a sparire. Al riparo nelle loro fuoriserie e blindati dagli uffici di staff, i politicanti nostrani erano già con la mente alla prossima rappresentazione da mettere in scena".