Dopo due anni e due mesi dal sisma, cioè ben 790 giorni, l'Aquila è ancora sprofondata nel dramma del dopoterremoto: decine di migliaia di cittadini ancora sfollati e che attendono di rientrare (se mai ci riusciranno) nelle loro abitazioni; milioni di metri cubi di macerie ancora da rimuovere dalla città; una crisi economica e un tasso di disoccupazione che annunciano scenari ancora più disastrosi per il futuro.
Ma c'è un'altra disgrazia che gli abruzzesi stanno sperimentando ed è l'inadeguatezza, la pochezza della propria classe politica, di destra e di sinistra, uscita massacrata dagli scandali che, a partire dal 2008, hanno azzerato il governo regionale e quello di comuni di primaria importanza come Pescara.
Dramma nel dramma, il fatto che questa stessa classe politica non dia segni apprezzabili di volere finalmente imboccare i modelli virtuosi di amministrazione e comportamenti che gli elettori chiedono invano.
Appena domenica scorsa, tanto per dire, dalle colonne del quotidiano regionale "Il Centro" l'ex presidente del Senato Franco Marini, abruzzese doc, ha lanciato un accorato appello «per unire le forze» per l'Abruzzo denunciando allo stesso tempo «la debolezza di strategia del governo regionale» (in mano al centrodestra) rispetto «alle grandi difficoltà della Regione, che è ferma sul piano dello sviluppo e dell'occupazione».
Già. Ma se Sparta piange Atene non ride. E per rendersene conto basta dare uno sguardo a quello che sta accadendo nel Partito Democratico, più precisamente ai vertici della segreteria provinciale aquilana, cioè proprio l'articolazione organizzativa che più delle altre dovrebbe essere occupata allo spasimo a risolvere i drammi ereditati dal terremoto.
I fatti: da circa due anni, cioè più o meno dal maledetto terremoto, il Pd provinciale dell'Aquila non riesce a fare il suo bravo congresso per eleggere il suo segretario. E non per le difficoltà logistiche provocate dai crolli e dalle macerie, ma solo perché i dirigenti del partito, non riescono a mettersi d'accordo. Su che cosa? Voi direte, magari sul modello di ricostruzione da adottare per la città? O per l'istituzione di una zona franca in grado di rilanciarne l'economia? Oppure, magari, per chiedere al governo di restituire la quota iniziale spettante all'Abruzzo del Fondo Fas per le aree bisognose del Paese (e dite voi se l'Aquila non lo è)? Macché: i democratici si confrontano su questioni ben più alte: la spartizione delle poltrone, anche in vista della resa dei conti finale per le candidature alle prossime elezioni politiche.
Il partito è diviso tra due schieramenti che da una parte vedono allineati gli aquilani guidati dal deputato Giovanni Lolli, l'ex presidente della provincia Stefania Pezzopane e il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente. E dall'altra i marsicani capitanati dal senatore Luigi Lusi, eletto in Liguria ma con ascendenze abruzzesi (il fratello è sindaco di Capistrello, paesone dell'avezzanese), e dal vicepresidente della Regione Giovanni D'Amico.
Questi due correntoni, ex comunisti contro ex margheritini, sabato mattina un accordo parevano averlo raggiunto. Non si sa durante quale pubblica riunione di partito o regolamentare selezione, ma vivaddio ce l'avevano fatta lo stesso. E avevano persino designato al supremo soglio provinciale tale Mario Mazzetti, sindaco di Carsoli.
Ma si sa, l'appetito vien mangiando. E sabato pomeriggio capita che l'accordo-spartizione finisca per saltare: a Mazzetti, sostenuto dai marsicani, gli aquilani contrappongono improvvisamente Americo Di Benedetto, sindaco di Acciano.
E siamo all'epilogo, con i democratici aquilani ripiombati nel caos. In altri tempi, quando i partiti erano una cosa seria e non cartelli elettorali preda di guerre personali, per risolvere la questione il Palmiro Togliatti di turno avrebbe invitato il suo cavallo di razza a scrollarsi dalla criniera i "pidocchi" correntizi.
Al povero segretario del Pd Pier Luigi Bersani tocca invece oggi recarsi all'Aquila per aprire la Festa Nazionale Democratica della Cultura. Proprio una bella festa, con la città sepolta dalle macerie e il suo Pd sepolto dal ridicolo.
Esclusivo07.07.2010
La polpetta di Bertolaso