Marco Milanese, Massimo Ponzellini e il broker assicurativo irpino. Dall'ordine di cattura per corruzione contro l'ex consigliere del ministro Giulio Tremonti, emergono diversi episodi inquietanti, tra cui la mediazione con il numero uno della Popolare di Milano. È il grande accusatore Paolo Viscione, imprenditore delle polizze che conosce Milanese sin dall'infanzia a Cervinara (Avellino), a ricostruire la vicenda. Grazie ai buoni uffici di Milanese, Viscione ottiene un appuntamento nella sede romana di Bpm. Ma dopo una lunga attesa il broker se ne va via seccato.
Tempo cinque minuti Ponzellini ossequioso che lo chiama per scusarsi e va ad omaggiarlo nel suo studio. L'obiettivo era cedere le società a Lettieri, che non aveva però fondi sufficienti e doveva ottenere garanzie da Bpm.
Gianni Lettieri è l'imprenditore poi candidato dalla Pdl a sindaco di Napoli contro Luigi De Magistris: nomina sulla quale Milanese, ex numero due del partito in Campania, ha avuto un ruolo. Ed ecco partire l'operazione attraverso Ponzellini, che secondo i magistrati era solo frutto della mediazione di Milanese. Il quale - sempre secondo l'accusatore - «chiedeva in cambio denaro e viaggi, quest'ultimi per sé e per la sua compagna Manuela Bravi, ossia la portavoce di Tremonti. In uno dei viaggi - il capodanno 2010 al Plaza di New York - Milanese e la Bravi erano in un'allegra brigata: c'erano Carlo Catteneo, Sabrina Ferilli e De Sica. Mi ha fatto disdire e rifare i biglietti perchè dovevano partire tutti insieme».
L'operazione societaria di Bpm con Lettieri e Rainone - non meglio identificati in atti - viene interrotta per l'intervento dell'Isvap - l'organismo che vigila sulle assicurazioni - e la successiva apertura dell'inchiesta penale.
Un'indagine di cui Milanese, ex alto ufficiale delle Fiamme Gialle, informa il compaesano Viscione: «Mi ha detto che mi stavano intercettando». Viscione sostiene di avere complessivamente dato a Milanese beni - fuoriserie Ferrari e Bentley, viaggi, gioielli e orologi di lusso - e contanti «per una mllionata di euro». Il giudice conclude: «La personalità del Milanese appare quella di chi, amante del lusso e della bella vita, sembra muoversi in dispregio di quelle leggi che egli, più di ogni altro, avrebbe dovuto far rispettare».
I magistrati sottolineano come Milanese abbia ancora oggi la possibilità di inquinare le prove nonostante le recenti dimissioni da consigliere del ministro. «Emblematica dell'attualità del rapporto fiduciario esistente con Tremonti è la vicenda dell'immobile sito nel centro di Roma, di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni. Detto immobile infatti è stato concesso a Milanese per un canone mensile di 8500 euro ma viene di fatto utilizzato dal ministro Tremonti il quale, a sua volta, risulta avere emesso nel febbraio 2008 un assegno di 8000 euro a favore del Milanese». Perché questa intestazione? I giudici escludono motivi di riservatezza, visto che tutti sono a conoscenza che lì abita il ministro. E si chiedono: come fa Milanese a permettersi un canone così alto «il cui complessivo ammontare rispetto alle rate già pagate risulta di 100 mila euro»? E lasciano un dubbio in sospeso: non risultano «fonti di rimborso» da parte del beneficiario Tremonti. L'unico assegno è anteriore alla locazione. «Ne discende la permanenza di uno stretto e attuale rapporto fiduciario tra i due che prescinde, evidentemente, il ruolo istituzionale del milanese».
L'ordinanza contiene altri elementi esplosivi. Fa riferimento alle dichiarazioni rese dallo stesso Tremonti che ha parlato «di cordate esistenti all'interno della Guardia di Finanza e costituitesi in vista della prossima nomina del comandante generale, precisando come alcuni rappresentanti di quel corpo siano in stretto contatto con il presidente del consiglio».