Alla fine l'ha detto. E si è candidato. A quasi un anno dall'uscita forzata da Unicredit, e dopo che a cicli alterni il vaticinio tornava in ballo - sarà lui il papa straniero, sarà lui il papa nero - Alessandro Profumo ha annunciato chiaro e tondo di essere pronto a dare il suo contributo. "Una risorsa del Paese come te, dovrebbe sporcarsi le mani in politica", così lo ha stuzzicato a Labro alla festa dell'Api di Francesco Rutelli, Bruno Tabacci, deputato, assessore al Bilancio al comune di Milano, centrista, e cerniera tra il palazzo romano e la finanza milanese. "Caro Bruno", ha risposto l'ex banchiere, un gigante dai capelli bianchi e dal gran sorriso, al suo complice (politico) numero uno, "il fatto che sia qui è già una risposta". Tra i primi a farsi vivo con lui subito dopo, l'uomo che da più di un anno si scalda sul trampolino, pronto a tuffarsi senza tuffarsi mai: Luca di Montezemolo (allarmato? interessato?) con la proposta di un incontro ravvicinato.
Il candidato Profumo, un Mc Kinsey boy, tutta la vita nel mondo bancario, finalmente è sceso in campo anche se "in politica non si scende ma si sale", ha detto lui, cresciuto da un padre fondatore della Fuci, amico della famiglia Moro: infatti Alessandro insieme al figlio di Aldo, Giovanni, ha firmato nel 2003 un saggio sulla responsabilità sociale d'impresa. Unico banchiere a votare al tempo delle primarie del Pd - dove era candidata Sabina Ratti, sua moglie da più di trent'anni e gran sostenitrice di Rosy Bindi, come lui molto impegnata nel sociale - l'ex ad Unicredit, 54 anni, genovese, ora a capo di una piccola società di consulenze (Appeal Strategy &Finance) consigliere di Eni e di un colosso bancario russo, la Sherbank, orbita Putin, azionista del quotidiano on line Linkiesta, si è messo in gioco e in ballo.
La politica non è solo lavoro sporco, è anche ritmo e tempismo. E sono momenti come questi, con la prospettiva di una transizione pesante, il vuoto di potere spalancato da una politica debole, ad aprire le porte a uomini altri, i cosidetti tecnici, uomini senza partito, a volte salvatori della patria come Carlo Azeglio Ciampi. A volte leader incoronati come Romano Prodi che affondano nelle sabbie mobili della partitocrazia. E poi: vista la densità da derby di calcio di banchieri, grand commis, manager, delfini più che frollati e sfacciati rottamatori, tutti pronti a offrirsi per un nuovo posto al sole da dove governare il Paese, se non ora, quando?
In ogni caso, eccone un altro e non si dica che non c'è una nuova classe dirigente: l'Iri avrà chiuso, ma abbondano le banche. Il dado è tratto. E la costruzione della candidatura è iniziata. Nel bene e nel male. Si comincia a ricordare agli smemorati la sua super-liquidazione, 40 milioni di euro. Gli stipendi da Alì Babà, con i bonus anche nove milioni di euro ("Sono stato trasparente, non considero il mio reddito una colpa"). Le acquisizioni delle banche dell'Est europeo. La vendita dei derivati finanziari. Su tutto questo Maurizio Belpietro, la stampa e i politici di destra hanno già cominciato a roteare le lame: i nemici, certo. "Ma anche gli amici", assicura ironico Profumo. Bene attento a specificare che non è sua intenzione togliere il posto a qualcuno (ma, in politica come nella vita, capita proprio così), né puntare alla leadership: "Non mi considero un competitor in tal senso. Se si profilasse un governo allargato, io sono qua, pronto. Ho la passione per il mio Paese e metto a disposizione quel che ho imparato. Ma non faccio un partito alla Montezemolo".
Anzi. Lo schema Profumo rappresenta l'esatto contrario. Non ha aspettato come sta facendo il presidente della Ferrari, la chiamata, che invece arrivò a Romano Prodi, pregato in vari pellegrinaggi. Si è fatto avanti da solo, come nel '94 il Cavaliere (ma al contrario di Silvio non ha un bacino elettorale che lo aspetta). Ha escluso il ruolo del capo (anni fa rifiutò anche solo l'idea di poter fare politica, e invece...) scegliendo l'entrata in punta di piedi per dare un contributo anche localmente come ha offerto alla giunta Pisapia, esperimento milanese riuscito malgrado e oltre i partiti, di cui Profumo può essere la proiezione nazionale. Impersonando nella fenomenologia di una candidatura la declinazione contemporanea di un modello risanatore, solidale, sociale. Non è ortodosso come Pisapia che arriva almeno dalla liturgia di Rifondazione. Infatti la diffidenza di molti è questa: può un banchiere essere di sinistra? Secondo Valentino Parlato esserlo non vuol dire fare la rivoluzione, ma piuttosto essere democratico. Lo ha scritto sul "Manifesto" proprio a proposito di Profumo. E la questione, tra i puri e i duri ha creato non poca agitazione.
"Non ho un programma politico. Ma delle idee sulla parte economica per un Paese con gravi problemi che deve imparare a reagire", dichiara schietto. Parla della necessità di una manovra da 300 a 400 miliardi. Parla di patrimoniale, di privatizzazioni, di revisione della spesa, "ma in un clima di concertazione. Misure sgradevoli che solo un governo di larghe intese potrà mai fare". Una cura da cavallo. Che ha lasciato il segno nei palazzi della politica e della finanza. Veniva commentata a Milano all'inaugurazione del festival Mito, dove c'era lo stesso Profumo, al centro dell'attenzione più che mai. Ma anche a Roma, al Senato, persino durante l'approvazione della manovra. L'uomo ha fama di essere molto determinato, e al tempo dell'Unicredit era tacciato di grande arroganza: "Se arrogante vuol dire libero, allora lo sono; so di essere vissuto come un tipo ingombrante".
Ora che ha perduto il potere, secondo molti sembra più umano: mostra quasi emozionato le foto del nipotino, suo figlio Marco lo ha reso nonno. Da mega banchiere ha fatto degli errori, alcuni ammessi pubblicamente, la fusione con Capitalia di Cesare Geronzi ad esempio. Ma buona parte della mitologia gli riconosce lo status di un condottiero, capace di fare di Unicredit un gigante internazionale, decidendo di stare fuori dai giochi vischiosi del sistema nostrano, che poi lo ha fatto fuori. È stato l'unico potente a cedere la quota in Rcs desiderata da tutti:"Su questo il centrosinistra mi criticò aspramente".
Intanto, che fibrillazione dopo l'outing di Labro! Pier Ferdinando Casini, già nervoso per un sondaggio presentato da Antonio Noto di Ipr marketing, negativo rispetto a un Terzo polo affollato di soliti noti, è stato a dir poco acido ("Non sarà l'uomo della provvidenza, il dibattito è prematuro, potrebbe essere un ottimo ministro dell'economia": messaggio, giù le mani dalla poltrona da leader). Pier Luigi Bersani ha emanato il calore di un igloo e Pippo Civati, esponente della nouvelle vague e del Web, non ha saputo trattenere l'entusiasmo: "Il Pd segna un passo verso l'autodistruzione". A osservare (e a godersi lo spettacolo, sostiene qualcuno) da una parte Tabacci e dall'altra Enrico Letta. Sul primo, Profumo sorridendo si è espresso a Labro: "È da qualche tempo che sto andando a scuola da Bruno...". Il secondo, è l'altro grande sponsor: ha esultato e dichiarato sulfureo, di volerlo subito nel Pd. E non è male se si pensa che è vice segretario del partito, numero due di Bersani.
Prima delle elezioni milanesi, il Pd aveva sondato Profumo per il Comune, ma la cosa non era andata avanti. A giugno era stato intercettato in compagnia di Prodi e del suo fedelissimo Giulio Santagata alla Caffettiera di Roma, noto "covo" alle spalle di Montecitorio. Prima di partire per le vacanze, valigie per la Bolivia fatte e chiuse, arriva Tabacci a lanciargli l'invito per Labro. "Durante il viaggio, ne abbiamo parlato a lungo con Sabina" e racconta la rabbia e il magone nell'ascoltare la Cnn sull'Italia e leggere i giornali sull'Ipad. Il giudizio di Sabina, grandi occhi verdi, guardaroba soft, tempra di ferro, responsabile sostenibilità Eni (dove il padre Giuseppe era stato il "ministro" degli esteri), tipino che in sella alla sua Ducati rossa ha tenuto a bada una platea esagitata di giornalisti al momento della rottura Unicredit, annunciando lei dimissioni, liquidazione, i due milioni in beneficenza alla Casa della carità, e la temperatura dello stress, conta parecchio. E così Profumo è andato.
Molti lo studiano: davvero può essere un nuovo Prodi? In effetti intercetta lo stesso mondo a cavallo tra finanza e solidarietà sociale (la vecchia amicizia con Gino Strada, il sostegno alla casa della Carità di Don Colmegna, direttrice è il vice sindaco di Milano, Maria Grazia Guida). Con il Professore ha confidenza e si consulta. E non è poco. Potrebbe essere l'uomo in grado di connettere Pd con il Terzo Polo, ripetere la variante Pisapia: la politica che corre più veloce dei tornei intellettuali e del catechismo partitico. Profumo è stato un bravo scout e una delle linee guida del ramo è "Se la strada non c'è, inventala". Mai stato momento più giusto per provarci.