
Il maggiore di questi Osservatori occupa la vetta del Cerro Paranal, nel magnifico e desolato deserto di Atacama, Nord del Cile. Lì, a 2.600 metri sul livello del mare, troneggiano i quattro telescopi giganti del Vlt (Very large telescope). Tra questi ciclopi con occhi del diametro di 8 metri, una cupola più piccola. Ospita il Vlt Survey Telescope o Vst, uno strumento che l'Osservatorio napoletano di Capodimonte, struttura dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, ha realizzato in collaborazione con l'Osservatorio Europeo Australe, l'agenzia internazionale per l'astronomia che ha creato e gestisce il sito. E da quel pezzo d'Italia sulle Ande, a partire dai prossimi mesi, ci si aspettano osservazioni straordinarie. Capaci di raccontarci una nuova storia del cosmo.
Perché la configurazione tecnica di Vst (progettato per ottenere immagini grandangolari con un'elevata risoluzione) ne fa il telescopio ideale per quell'esplorazione sistematica del cielo, capace di operare in quel laboratorio sconosciuto e sterminato che è il cosmo. All'ampia volta del firmamento, per coprire la quale ci vorrebbero ben 40 mila immagini del Vst, si associa una profondità di 50 miliardi d'anni luce: una terza dimensione dove tempo e spazio camminano insieme per raccontare, alle diverse distanze, momenti diversi della vita dell'universo. In questa immensità, nascono e vivono innumerevoli oggetti e altri muoiono, in un divenire sempre uguale e sempre diverso, coi fenomeni che colorano i corpi e dove i più forti vincono sui più deboli costruendo man mano il tessuto materiale del cosmo. I cambiamenti possono essere così lenti da richiedere enormi campioni statistici per apprezzarli, oppure tanto rapidi da imporre una sorveglianza panoramica del cielo per poterli cogliere entro la finestra temporale in cui accadono, nell'ignoranza del dove e del quando.
Vst è il miglior esploratore celeste oggi disponibile, concepito da un'astronomia italiana che è scienza di eccellenza nel Paese e nel mondo, e realizzato da un'industria nazionale che è leader nel settore della strumentazione astronomica high tech. Da oltre un anno il telescopio inonda di dati i potenti calcolatori paralleli degli astronomi europei impegnati in progetti di survey che vanno dallo studio delle proprietà e dell'evoluzione del sistema di stelle in cui viviamo, la Via Lattea, alla cosmologia. Ma il grande gioco comincia ora. Cosa ci aspettiamo di trovare? Un paio di esempi possono aiutarci a capire.
Da ottant'anni sappiamo che l'universo è in espansione. Quando Hubble lo scoprì, il russo Friedmann lo aveva già previsto risolvendo le equazioni della relatività generale di Einstein. Serviva infatti un formidabile impulso primigenio per impedire al cosmo di collassare su se stesso e per permettergli di vivere di rendita contrastando dinamicamente la gravità a spese di una progressiva perdita di velocità. Questa visione è stata sconvolta di recente dalla scoperta che a due terzi della sua vita l'universo ha preso ad accelerare. Che pensereste voi se la pallina che avete scagliato in aria e che arranca verso l'alto rallentando sempre più, all'improvviso partisse a razzo? Dovreste concludere che s'è acceso un motore. Ma qual è questo motore che accelera il cosmo e quale la natura del carburante che lo alimenta? Non lo sappiamo, ma forse la faccenda ha qualcosa a che vedere con i fondamenti della fisica.
La scoperta è stata resa possibile dallo studio delle stelle che alla fine della vita esplodono. Si chiamano supernove e alcune di esse si prestano magnificamente alla misura delle più grandi distanze cosmiche. Bisogna però arricchire il loro campione, e per farlo occorre sorvegliare il cosmo con continuità. Vst è già all'erta da tempo per catturare qualche supernova nella stagione in cui l'universo stava ancora rallentando.
Un secondo esempio riguarda un ingrediente cosmico, la materia detta oscura perché non interagisce con la luce, la cui esistenza venne chiamata in causa quarant'anni fa per spiegare degli effetti gravitazionali fantasma. Da allora la Dark Matter s'è guadagnata un ruolo di primo piano, tanto da indurre i fisici a cercare con i grandi acceleratori la particella che la costituisce. Una caccia sinora senza esito, però, che ha aperto la via ai primi dubbi. Per fugarli serve una misura diretta degli effetti gravitazionali sulla luce delle galassie lontane da parte di agglomerati di materia oscura disposti lungo il percorso. L'esperimento si può fare ma richiede di collezionare immagini di qualità di una regione molto grande del cielo per vincere con la statistica tutte le sorgenti di errore. Vst lo sa fare e lo sta facendo.
Potrebbe accadere da un momento all'altro che per puro caso, come succede quando riordinando le vecchie cose in soffitta si trova un arnese la cui funzione c'è ignota, Vst faccia una scoperta epocale: un oggetto o un fenomeno sconosciuto. Nessuno può dire se succederà davvero né quando, ma la speranza che accada è fondata. Ce lo insegna la storia dell'astronomia che è costellata di rivoluzionarie scoperte fatte accidentalmente da strumenti innovativi. Non ci resta allora che augurare anche a Vst di entrare, per virtù e per buona sorte, nella storia, portando con sé un altro pezzetto d'Italia.
Massimo Capaccioli è professore di Astronomia all'Università Federico II di Napoli