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Da anni, dopo gli omicidi iper-politici di Pim Fortuyn e Theo van Gogh, tra fiammate neo populiste e sterzate anti immigrati, la città sui canali ridiscute se stessa. I coffee-shop della marijuana libera sono ancora duecento, ma in calo costante. Il numero di vetrine del sesso si è dimezzato. Le biciclette, invece, sono una potenza ineguagliabile: 550 mila su 740 mila abitanti. È di moda la Vespa. Ristoranti e caffè sono sempre più belli, fascinosi, diversificati. Ma il 2013 si è aperto sulla missione-cultura. Amsterdam si vuole ridefinire come la città dell'offerta culturale, artistica, museale. Museale, sì: e in modo nuovo.
Che cos'è il Rijksmuseum, se non parte di una strategia? Una strategia di marketing urbano. La sua riapertura, con i suoi 8 mila pezzi esposti, un restauro lunghissimo e costoso, l'enorme hall creata dagli architetti spagnoli Cruz y Ortiz, gli allestimenti di Jean-Michel Wilmotte, è un evento identitario quasi quanto la successione al trono. Si sono riscoperte le sale storiciste ideate da Pierre Cuypers nel 1885. L'arte neerlandese è al centro di tutto, dal secolo d'oro al design contemporaneo, e il nucleo simbolico del percorso è la Galleria d'onore con la "Ronda di notte" di Rembrandt, summa di genio e virtù di un popolo pragmatico, affarista, esploratore. Aperto al nuovo, ma di saldissimi principi. Questa saldezza di fondo la ritrovi nella grazia della "Lettrice" di Vermeer come nella tecnica di Frits Koolhoven, l'ingegnere che nel 1917 progettò il celebre biplano Bantam della British Aerial Transport.
«Semplicità, senso del tempo, bellezza, e niente schermi di computer». Così ha riassunto l'intera operazione Taco Dibbits, il direttore delle collezioni, nominato a soli 39 anni. Il Rijks, com'è detto, è la porta di un polo museale tra i più spettacolari d'Europa. Se percorriamo il grande prato del Museumsplein, ecco sulla destra il museo Van Gogh. Operai su gru gialle lucidano le vetrate. Riapre il 1° maggio dopo restauri, con l'ambiziosa mostra "Van Gogh at Work", duecento opere dell'artista e di suoi coevi, e uno sguardo inedito alle tecniche di lavoro, indagate ai raggi X e al microscopio.
Subito oltre ci viene incontro, di un biancore clamoroso, quella che la vox populi ha ribattezzato la Vasca da Bagno: è la recente estensione dello Stedelijk, il più importante museo olandese di arte moderna e contemporanea, gestito dal Comune, main sponsor la Rabobank. Un'altra passeggiata accattivante, meno classica del Rijks, più esplorativa. L'architettura dello studio Benthem Crouwel divide l'opinione pubblica, la pelle liscia come un plasticone ne fa un macro-oggetto pop assai violento. Ospita l'ingresso, il ristorante, l'accesso al settore mostre temporanee (dal 4 maggio il videoartista Aernout Mik). Si scende nel sottosuolo per scale mobili in un tunnel color vaniglia, accompagnati da suoni arcani composti da Mike Kelley. Una volta risaliti, l'ala ottocentesca, a cui la Vasca è incollata, riserva continue meraviglie. Il leggendario "Violinista" di Chagall. Gli espressionisti tedeschi. I costruttivisti olandesi e russi. La sezione design sviluppata dopo il 1945 dal direttore bauhausiamo Willem Sandberg. I funzionalisti nordici. E poi Rothko e de Kooning, le magie blu di Yves Klein e il minimalismo Usa. Per finire con gli inquietanti "Beach Portraits" di adolescenti della fotografa Rineke Dijkstra. Per un terzo dei costi del Rijks (127 milioni contro 375; sono cifre importanti, e scelte politiche coraggiose in tempi di crisi, sia al governo che nel Municipio) si ha una visione del moderno tra le più stimolanti che si possano incrociare oggi in Europa.
Si aggiunga che sul Museumsplein, lato sud, si affaccia anche il Concertgebouw, come dire la Scala di Amsterdam, che compie 125 anni. Subito a ovest c'è il fashion disctrict di Hoofstraat. Poco più in centro, il Leidseplein con i ristoranti, la vita notturna, il teatro Stadsschouwburg, i templi del rock e del jazz, Melkweg e Paradiso. Emerge un'idea di città perseguita nel tempo, ben oltre l'arco di una singola giunta, com'è stata la penultima del sindaco laburista Job Cohen, che più ha combattuto il racket organizzato della prostituzione. Un'idea di cultura non come pedagogia elitaria, ma legata ai consumi, al tempo libero. In Olanda il primo concorrente del sesso a pagamento sta diventando lo shopping; un pensatore cinico come Rem Koolhaas l'aveva previsto con un certo anticipo. Poco più a est, la Heineken Experience, fabbrica di birra trasformata, fa 400 mila visitatori l'anno, più del Maxxi di Roma: visiti, impari e bevi; e torni volentieri.
Non finisce qui. Spostiamoci a nord, subito oltre il centro storico. Che dire? Le Luci Rosse sono circondate. Ci aspetta un altro clamoroso attrattore urbano, bianco anch'esso ma dalle forme inafferrabili. Nell'avvicinarsi, in tre minuti di traghetto, gratuito giorno e notte, dal retro della Stazione, ricorda ora un gabbiano ora uno squalo. È l'Eye Film Institute. Tutt'altra cosa dall'operazione istituzionale del Rijks. Polo del cinema, con quattro sale, mediateca, spazio mostre, ristorante con immense vetrate e terrazza sul mare interno che separa i quartieri nord. Di fronte, ecco il nuovo Palazzo di Giustizia; una lieta visione, rispetto ai falansteri fascisti di tante città d'Italia. L'Eye, architettura esagerata degli austriaci Delugan Meissl, compie un anno di vita. Ora si celebra il cineasta Johan van der Keuken; dal 30 giugno toccherà a "Fellini The Exhibition". Tutto bilingue, perché qui l'inglese lo parla anche il tranviere.
E l'Eye non sta da solo. Emblema della lotta dei Paesi Bassi per strappare terra al mare, introduce idealmente le isole artificiali dove Amsterdam si va estendendo verso nord-est. A pochi minuti di bici troviamo la Oba, biblioteca pubblica; l'auditorium Muziekgebouw attivo dal 2005; il Terminal crociere; il Nemo, museo della scienza di Renzo Piano; lo stupendo hotel Amrath, meraviglia déco; il centro d'arte contemporanea De Appel ricavato nell'edificio ottocentesco che ospitava la lega dei marittimi.
Sempre al mare il nostro giro poco oltre si conclude. Al museo della navigazione, Scheepvaartmuseum, aperto nel 2011. Davanti è ormeggiato un tre alberi ricostruito, l'"Amsterdam", che fu la gloria della Compagnia delle Indie e affondò in tempesta nel 1749. E qui torneremmo ai viaggi, ai commerci esotici, ai profumi di spezie di questa città che non si stanca mai, sempre viva, aperta, indomabile. Ma sarebbe un altro racconto.