Se c'era un argomento che non mi sarebbe mai venuto in mente di fare oggetto di questo "Vetro soffiato" era il Salone del Libro svoltosi a Torino come ogni anno e concluso domenica scorsa. A suo modo un evento, come sono eventi sul cinema i Festival di Cannes, di Venezia e di Berlino, la Fiera del Libro di Francoforte e gli appuntamenti musicali di Salisburgo e Lucerna. Mi ha fatto riflettere un articolo di Vittorio Feltri sul "Giornale".
È una stroncatura in piena regola del Salone torinese, reo secondo lui d'esser stato monopolizzato dalla cultura di sinistra e in particolare del Partito democratico di cui il Salone ha rappresentato (secondo Feltri) il pre-congresso. Sono stati presentati i libri appena usciti di Veltroni e di Renzi, riproposto un libro di Gramellini, uno di Gianni Riotta e un altro di Giuliano Amato. Non è molto per giudicare una manifestazione culturale dove erano presenti tutti gli editori italiani, dove una quantità notevole di libri è stata venduta a un pubblico in larga misura giovanile e dove i dibattiti si sono avuti su una larga rassegna di temi dove la politica politichese ha avuto assai scarsa rappresentazione. Si è parlato di cultura, di morale, di religione, di storia, di filosofia, di musica, di arti figurative, di scienza, di architettura, di antichi miti e di futuribile. Insomma di tutto.
Ma per Feltri no e il titolo del suo articolo riassume efficacemente il suo pensiero a proposito del Salone: "Chiacchiere, noia e i soliti noti". Un articolo, sia pure scritto da un giornalista che ha una sua notorietà, significa poco, è un parere che dura un giorno per chi lo legge, ma è rappresentativo d'uno stato d'animo che, guarda caso, è condiviso da una parte politica alquanto vasta ed è il populismo berlusconiano per il quale hanno votato due mesi fa 10 milioni di italiani e i potenziali sostenitori aumentano a 15 milioni e forse più, un quarto del Paese.Mi guardo bene dal dire che si tratti di analfabeti e di illetterati e neppure che oppongono a una cultura che secondo Feltri è di sinistra un'altra cultura antagonista. Dico semplicemente che sono indifferenti alla cultura. Li annoia. Disertano le librerie oppure no? Mi piacerebbe sapere che cosa comprano. Forse l'articolista del "Giornale" ci può illuminare su questo punto?
I libro sono in crisi da un paio di anni, è un fenomeno diffuso in tutto il mondo e in parte dovuto alle ristrettezze economiche e alla proletarizzazione delle classi medie. Ma in parte, come dimostra l'analoga crisi dei giornali, questo mutamento ha come causa di fondo le nuove tecnologie della comunicazione: la Rete ha sostituito la parola scritta per un numero crescente di persone. La lettura dei giornali e dei libri è stata sostituita dalla lettura "on line". Salvo, ovviamente, i "best-seller", ma quello è un fenomeno marginale rispetto alla vendita globale, come pure marginale è la vendita di libri che avviene nel corso di un evento. A Torino però le presenze di pubblico (prevalentemente giovanile) e l'acquisto di libri è fortemente aumentato rispetto all'anno precedente: 330 mila persone in più e molte decine di migliaia di volumi venduti rispetto al Salone del 2012.
Rilevante è stata la presenza di giovani e di donne che hanno costituito circa il 70 per cento dei presenti negli "stand" delle case editrici e ai dibattiti. Noia molto poca. Chiacchiere ovviamente molte perché, fino a prova contraria, ci si esprime ancora con le parole. Resta da vedere se le parole hanno un senso. Non ho nulla nei confronti di una cultura diversa e opposta alla mia, anzi mi interessa molto, sono assai curioso per natura, lo ero da giovane e lo sono ancora di più da vecchio, ma resto indifferente di fronte agli indifferenti alla cultura. Da loro non ho niente da imparare. Dovrei semmai fare opera missionaria per convincerli a leggere Proust o Tolstoj e Rilke o magari DeLillo e McEwan o Roth e Yehoshua. Ma lascio a gente più giovane questa missione. Feltri, tanto per dire, potrebbe farlo facilmente visto che vive in mezzo a loro e li ha dunque a portata di mano.