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Cultura
ottobre, 2014

Cambiamento climatico, salute a rischio

Tra le conseguenze delle mutazioni del clima in atto c'è un aumento di alcune patologie, tra cui le malattie cardiovascolari e respiratorie e il rischio di maggior diffusione di malattie infettive veicolate dagli insetti. Ecco perché la medicina si unisce a chi chiede che il tema diventi priorità globale

Alluvioni devastanti, fenomeni di siccità estrema, espansione termica degli oceani e scioglimento dei ghiacciai con conseguente acidificazione ed innalzamento anomalo del livello dei mari: sono questi alcuni dei disastri naturali, testimoni indiscussi di un cambiamento climatico in atto di proporzioni enormi che sta interessando tutto il mondo, insieme alla nostra percezione consapevole quotidiana.

[[ge:espresso:visioni:scienze:1.185727:article:https://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2014/10/27/news/clima-pazzo-ecco-come-cambia-quello-che-mangiamo-1.185727]]La variabilità delle condizioni climatiche è originata, secondo quanto mostrato nell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, IPCC, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici a cui è stato assegnato, insieme ad Al Gore, ex Vicepresidente degli Stati Uniti, il Premio Nobel per la Pace nel 2007), da un progressivo riscaldamento globale, pari a circa 0,50°C negli ultimi 50 anni, registrato per effetto dell’intensificazione delle attività umane, principalmente connesse alla deforestazione tropicale ed allo sfruttamento di combustibili fossili. A contribuire in maniera decisiva, l’incremento delle emissioni di gas serra, capaci di intrappolare il calore nella bassa atmosfera (2,2 % all’anno, negli ultimi dieci anni).

[[ge:espressoarticle:eol2:2053407:1.11364:article:https://espresso.repubblica.it/senza-frontiere/mark-hertsgaard/2008/12/18/news/2015-odissea-nella-terra-1.11364]]In particolare, i dati riportati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale rilevano un aumento costante dei livelli di anidride carbonica, che hanno raggiunto, lo scorso anno, un nuovo record negativo (393 parti per milione - ppm) e costituiscono circa l’80% dell’incremento totale delle emissioni registrate tra il 1970 ed il 2000.

UN PIANETA IN PERICOLO: I DANNI ALLA SALUTE
La diagnosi di “un pianeta in pericolo”: il cambiamento climatico è in grado non solo di alterare definitivamente l’equilibrio dell’ambiente, ma rischia, soprattutto, di minare la salute dell’ecosistema terrestre nel suo complesso, con conseguenze, anche marcate, sulla salute umana. Le influenze sulla salute dell’uomo possono agire direttamente (stress da calore, alluvioni e tempeste) o indirettamente, tramite l’alterazione della distribuzione geografica di alcuni insetti vettori di malattie, in particolare mosche e zanzare, di agenti patogeni veicolati dall’acqua e dagli alimenti, e dalla mancanza di disponibilità di acqua potabile e dall’inquinamento atmosferico.

Le temperature estreme determinano, infatti, un incremento del numero di decessi per malattie cardiovascolari, soprattutto tra le persone anziane o tra coloro che vivono in condizioni di indigenza o di isolamento sociale, che, solo in parte, secondo l’IPPC, bilancia la contemporanea e conseguente riduzione dei casi di morte per assideramento. Numeri, tuttavia, destinati a crescere ulteriormente: stando alle recenti proiezioni, infatti, nei prossimi quarant’anni le ondate di calore potrebbero divenire più frequenti ed intense ed investire maggiormente le alti latitudini del Nord America e dell’Europa.

L’innalzamento della temperatura terrestre e la massiccia produzione di anidride carbonica alterano, inoltre, l’abbondanza in circolo e la stagionalità del polline e di altri allergeni, responsabili delle patologie respiratorie più comuni quali asma, rinite, congiuntivite, ma in primo luogo, la quantità di ozono a livello del suolo ed i livelli di particolato generato dallo scarico di motori diesel, dal fumo degli incendi boschivi, dalle attività industriali e di trasporto, che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), costituiscono la causa di sette milioni di morti premature solo nel 2012. Le variazioni climatiche in atto hanno anche sensibilmente ridotto la disponibilità di acqua potabile, con un conseguente aumento del rischio di malattie diarroiche, e modificato la distribuzione geografica di alcuni insetti, veicoli di diverse malattie infettive.

DIMINUISCE IL VALORE NUTRITIVO DEGLI ALIMENTI
La riduzione della produzione globale di cibo per una diminuita resa delle colture e del valore nutritivo degli alimenti genera fenomeni diffusi di malnutrizione, accompagnati da severi disturbi di salute mentale, quali disordine post-traumatico da stress e depressione. Una vera e propria “catastrofe”, come riportato in un Editoriale della prestigiosa rivista scientifica medica Lancet, “I cambiamenti climatici sono la più grande minaccia globale nei confronti della salute del 21° secolo”, di cui l’uomo è, allo stesso tempo, artefice e vittima quasi inconsapevole. Secondo una rilevazione recente, infatti, solo i due terzi della popolazione degli Stati Uniti riconosce il cambiamento climatico, pur giudicandolo una questione di scarsa priorità; di questi, appena i due terzi ammettono la responsabilità umana.

Non c’è da stupirsi, quindi, se, ad esempio in Australia, lo scorso anno sia stata avanzata ed approvata l’abrogazione della “Carbon Tax”, una “ecotassa” sulle risorse energetiche inquinanti introdotta per contrastare le emissioni incontrollate di biossido di carbonio nell’atmosfera. A fine Agosto, a Ginevra si è discusso, nel corso della prima conferenza mondiale dell’OMS sui cambiamenti climatici e della salute, di un nuovo piano di interventi per rafforzare le politiche di contenimento climatico e di promozione della salute pubblica, allo scopo di garantire uno sviluppo ed una crescita globale sostenibile. Intanto c’è una grande mobilitazione popolare:il 21 settembre scorso, si è svolta la People's Climate March, oltre 3 mila manifestazioni in 166 Paesi, nell’ambito della Giornata mondiale di mobilitazione contro il cambiamento climatico, con più di 300.000 persone riunite solo nella città di New York, per chiedere ai capi di Stato e di governo, in vista del Climate Summit all’ONU, di prendere impegni contro i gas serra.

Il nostro Ministro Gian Luca Galletti, presente alla marcia di New York, ha affermato: "Chiediamo al mondo di ridurre del 40% le emissioni entro il 2030. Se non agiamo subito mettiamo in discussione il pianeta, il futuro nostro e dei nostri figli”. Le proposte messe in campo nel tentativo di proteggere l’ambiente e la salute pubblica sono quindi molteplici ma possono racchiudersi, essenzialmente, in due approcci: un primo, di prevenzione primaria, con azioni tese a “mitigare” le emissioni di gas serra ed un secondo, di prevenzione secondaria, per anticipare o limitare le conseguenze sulla salute pubblica attraverso, tra gli altri, il miglioramento delle infrastrutture e campagne di corretta informazione. La questione, tuttavia, resta ancora spinosa: l’attuale mancanza di ulteriori e più approfondite conoscenze scientifiche sulla relazione tra cambiamenti climatici e salute pubblica, unita ad una sottovalutazione dei vantaggi economici in termini di incremento della produzione ed abbattimento di costi per la spesa sanitaria, costituiscono un’attenuante per il finora assente intervento politico. Ma adesso non si può più aspettare.


UN'AZIONE COLLETTIVA GLOBALE
Non più parole, ma “un’azione collettiva globale” è quanto chiesto chiaramente in un Editoriale pubblicato qualche settimana fa su Lancet , a cui si unisce l’appello dell’Editor in Chief della rivista British Medical Journal rivolto all’OMS, affinché decida di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria globale . Una presa di posizione forte come ulteriore strumento di sensibilizzazione, dopo i già numerosi e diversi interventi sostenuti da gran parte della comunità scientifica internazionale, per sollecitare, questa volta senza proroghe, le misure importanti da adottare per attenuare i cambiamenti climatici ("mitigazione") e ridurne l’impatto sulla salute nostra e quella delle generazioni future ("adattamento"). “Quanto prima agiremo, tanto più alti saranno i benefici che ne trarremo e tanto più bassi i costi che dovremo sostenere”, sostiene Marc Danzon, direttore regionale dell’OMS Europa, “bisogna fare presto perché la misura del rischio cresce con il crescere dei ritardi nella reazione”. Come sostiene Al Gore, “Abbiamo tutto quello che ci serve per iniziare, tranne forse la volontà politica, ma la volontà politica è una risorsa rinnovabile”.

Ma bisogna dire che molto, anzi moltissimo dipenderà dalle scelte individuali di ciascuno di noi. L’uso sicuro del trasporto pubblico come alternativa al mezzo privato, il controllo dei consumi domestici, la promozione di una coscienza ambientale rappresentano strumenti alla portata di tutti per ridurre le emissioni nocive e contribuire, su piccola scala, al miglioramento delle condizioni di salute generali. La sostenibilità ci appartiene: non è solo una questione di governo, né un concetto astratto. Essa è o deve diventare, prima di tutto, un nostro stile di vita. Ci vuole quindi un’effettiva inversione di rotta per un futuro possibile ma sostenibile, prima che l’intero pianeta si trasformi inesorabilmente in un posto invivibile e, come profetizza l’astrofisico Stephen Hawking, ci si ritrovi costretti a trasferirsi tra 100 anni su un altro pianeta...


L'autore è presidente della Facoltà di Farmacia e Medicina dell'Università di Salerno

Bibliografia

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