Per la prima volta riuniti insieme I protagonisti dell’era digitale, nel campo dell’arte, musica, film, game, design e architettura, in una mostra ambiziosa che esplora il modo in cui il digitale ha trasformato le arti, e con queste il nostro mondo. Oltre quarant’anni di storia che di fatto è il futuro, fino alle ultime stampanti 3D, la creativita’ dei codici, l’intelligenza artificale, la realtà aumentata e le tecnologie da indossare.
[[ge:rep-locali:espresso:285126596]]
“È la mostra dei nostri tempi. Adesso abbiamo smartphone e computer da tenere tasca, sono parte della nostra vita e il futuro è fatto di wearable technology, le tecnologie da indossare senza accorgercene”, dice Sunny Cheung, assistente del curatore, Conrad Bodman, che per Digital Revolution ha perlustrato la comunità degli artisti digitali, da progetti blockbuster all’arte meno conosciuta degli sviluppatori indipendenti.
“Le persone che sanno usare la tecnologia in modo creativo stanno ridisegnando il modo in cui possiamo sperimentare la cultura nella società – continua l’altra assistente, Dani Admis - questa esposizione si concentra proprio su questo: mostrare cosa è possible fare con gli strumenti digitali. Apriamo la mostra con uno sguardo nostalgico a come la cultura tecnologia si sia formata con i video game, i computer, la musica ed i suoni. Anche le generazioni di non più giovanissimi possono venire e riconoscere quanto velocemente la tecnologia digitale si sia evoluta grazie a questi artisti.”
Di fatto, sulle note di Shock the Monkey (Peter Gabriel) si entra in quella che sembra una sala giochi, in cui primeggiano le meraviglie Nintendo, Pong, Pac Man, Super Mario Bros che hanno dato inizio all’industria dei game, insieme a modelli di archeologia digitale come I vecchi Atari ST, il Commodore ed il primo website di Tim Berners- Lee, orgoglio britannico.
Il passo è stato breve prima che gli strumenti digitali, diventassero alla portata di tutti.
Un progresso aperto a tutti, grazie anche alle piattaforme fai-da-te di Arduino e Rosberry Pi che hanno aperto un mondo a maker ed hacker oltre che ad artisti e nuovi “cervelloni”.
Per chi non se ne fosse accorto, il cosiddetto computing ha cambiato il modo in cui si raccontano storie (da Star Wars, Abissi, The Matrix) e vengono re-immaginati gli spazi in cui viviamo (Inception di Christopher Nolan) o a cui aspiriamo (Gravity di Alfonso Cuaron).
La musica è uno dei baluardi di questa rivoluzione, non solo suoni e strumenti digitali ma anche video, come quelli di Björk (con l’app Biophilia) e Brian Eno (con Scape). Al Barbican per la prima volta, il concerto in una stanza di will.i.am e Yuri Suzuki con Pyramidi, dove la gigante proiezione 3D del volto di un faraone si interfaccia con tre strumenti analogici animati roboticamente.
L’arte digitale si vive da fuori e da dentro con I progetti interattivi di artisti come Rafael Lozano-Hemmer e Chris Milk che portano il pubblico a disegnare con il proprio corpo su tele giganti e diventare la narrativa dell’opera.
Oggi, l’avanzata del digitale ha i “codici” al centro. Un esempio è il DevArt, il progetto di Barbican in collaborazione con Google, con le istallazioni di alcuni degli artisti digitali più progressivi (come Karsten Schmidt, Zach Lieberman e il duo Varvara Guljajeva e Mar Canet) che spingono I confini di ciò che è possibile fare unendo arte e codici. Il loro processo creativo? Dalle prime bozze al completamento delle opere, si puo’ seguire sulla piattaforma online g.co/devart .
E così si arriva al futuro.
“Nell’ultima sezione – dice Sunny Cheung – ci sono cyborg, droni, big data e wearable technologies, la tecnologia da indossare. Si trattera’ sempre di più di rendere la tecnologia meno visibile e più intrinseca nella nostra vita, non abbiamo neanche più cavi è tutto wireless, abbiamo cloud computer, non dobbiamo fare niente, è tutto intorno a noi. Gi artisti nella mostra stanno già portando la tecnologia nella nostra vita. Nel nostro ambiente tutto è connesso, il futuro è negoziare il confine tra il reale e il virtuale e mischiare questi due.”

Qui a Digital revolution Francesca ha presentato la prima maglietta tech da lavare a mano e in lavatrice, fatta di sensori e micro LED incorporati nel tessuto, che si accendono quando siamo in movimento.
“C’è stata una rivoluzione di questa moda interattiva che per la prima vlta tutti possono avere nei loro guardaroba – dice Francesca – Tutta la nostra manifattura viene fatta in Italia. Dieci anni fa quando abbiamo cominciato non si poteva fare niente nel nostro paese, ma ora stiamo tornando perché da noi c’è una qualita’ fantastica e adesso si riescono a fare prodotti innovative e tecnologici con aziende che capiscono l’innovazione nel settore della moda e sono pronte a sperimentare insieme a noi.”