Le fotocamere dei cellulari fino a pochi anni fa scattavano immagini piccole e quasi inguardabili. Ora vanno già molto meglio. Ma il bello sta per arrivare. Con scenari straordinari, fino al 3D. Ma andiamo per ordine.
Il primo obiettivo, per tutti, è catturare più luce: il problema, di sempre, per questi apparecchi. Come superare questo limite? Non certo aumentando (ancora) i megapixel. Anzi, si è scoperto che andare oltre certi livelli di megapixel è controproducente: rischia di aumentare il “rumore” digitale (immagini sgranate, poco nitide e in generale di bassa qualità). Quindi i produttori hanno aggredito l’ostacolo in due modi: con la tecnica software dell’Hdr (High dynamic range imaging) e con la miniaturizzazione dei sensori, ottenuta da design innovativi. Con l’Hdr, quando facciamo clic il cellulare in realtà scatta due foto: una con lunghi tempi di esposizione e l’altra con tempi brevi. Poi le unisce, mettendo assieme il meglio di entrambe (i dettagli definiti, l’assenza di rumore) buttando il resto.
«Un altro passo avanti è stato fatto grazie allo “stacked design”», spiega Brian O’Rourke, esperto di fotografia digitale all’osservatorio americano IHS. «I produttori hanno cominciato a usare, nei cellulari, due sensori messi uno sopra l’altro all’interno, su due diversi pezzi di silicio. In questo modo hanno potuto aumentare la dimensione dei sensori, sfruttando l’asse verticale», continua.
Un altro problema tipico dei cellulari sono le foto “mosse”. È stato affrontato, negli ultimi modelli, con uno stabilizzatore ottico: un sistema che controbilancia i movimenti involontari della mano (Apple l’ha incluso solo nell’iPhone 6 Plus, più grande del normale iPhone 6).
Tutti questi stratagemmi però non risolvono del tutto il problema fondamentale: lenti troppo piccole rispetto a quelle delle normali macchine fotografiche. Ecco perché «ci siamo sforzati di miniaturizzare le tecnologie tipiche delle reflex per aumentare l’ampiezza focale delle lenti e così ottenere più luce», spiega Riccardo De Franchis, portfolio senior marketing manager della telefonia di Samsung. I Galaxy S6 hanno una apertura focale di livello reflex: 1.9. Meglio ancora fa l’LG G4, con il valore di 1.8, record nei cellulari, uguagliato dal Sony Xperia Z5 presentato nei giorni scorsi (gli obiettivi delle reflex, ovviamente, possono arrivare a livelli molto migliori). L’iPhone 6 si ferma al 2.2. Se guardiamo invece alla dimensione del sensore, il più grande è quello del Sony; a seguire (a pari merito) Samsung ed LG, per finire con quello Apple.
Come si vede, la scelta di un buon cellulare per le foto è più complicata di un tempo, quando si guardava solo ai megapixel. Pesano anche altri fattori. Per i selfie, la qualità della fotocamera frontale: LG e Samsung eccellono; a seguire, Apple e Sony. E proprio la mania dei selfie, insieme al boom di Instagram, è tra i principali motivi per cui le aziende di smartphone si impegnano così tanto nel migliorare le foto dei loro prodotti.
E questo appunto è solo l’inizio, perché i produttori vogliono spingersi oltre. Per cominciare, l’aumento necessario di dimensioni delle lenti, sui nuovi smartphone, ha creato una gobbetta che non piace ai puristi dei design. I produttori lavorano a sistemi di sensori multipli, con cui ridurre lo spessore delle lenti. Funziona così la tecnologia Linx Imaging, di un’azienda da poco acquisita da Apple.
L’ultima frontiera saranno fotocamere smartphone “campo di luce” (light field), tecnologia adesso presente solo in poche macchine professionali. Il risultato è una foto “esplorabile”: dove possiamo mettere a fuoco un oggetto che è sfocato o modificare prospettiva e inquadratura. Le fotocamere light field riescono infatti a catturare flussi di luce provenienti da diverse direzioni. Grazie a una matrice formata da centinaia di lenti, registrano altrettante versioni di una stessa foto, da punti di vista leggermente diversi. Di qui la possibilità di cambiare a piacimento punto di vista. Significa passare da un modo statico e fisso di vivere la fotografia a uno “liquido”, diverso per ciascun utente.
Alcune aziende innovative, come la californiana Pelican Imaging, stanno lavorandoci. E Pelican promette anche immagini 3D così realistiche che le potremo esplorare come in un videogioco e con visori di realtà virtuale. Poi le foto potranno essere date in pasto a stampanti 3D per produrre un modellino dell’oggetto (o della persona) fotografata, poiché conterranno tutte le informazioni di profondità necessarie.
Ci lavora anche Google con Project Tango: un mix di fotocamere e sensori, integrati in un solo smartphone, più uno scanner 3D. Ecco: le nuove fotocamere cellulari daranno strumenti espressivi rivoluzionari: al confronto, i “filtri” di Instagram sembreranno preistoria.