Sel e gli ex Pd si dicono disposti ad appoggiare per il Campidoglio un candidato del Movimento. Che fino a oggi, a cominciare proprio dai fuoriusciti dem, hanno paragonato alla Lega e a Berlusconi. Mentre Grillo paventava che la città sarebbe stata «sommersa dai clandestini»

Sinistra italiana e il ripensamento sui 5 Stelle Ma i grillini non erano populisti e di destra?

Sinistra italiana riuscirà ad appoggiare come sindaco di Roma un candidato Cinque stelle prima che la città venga «sommersa dai topi e dai clandestini» come preconizzava Beppe Grillo appena pochi mesi fa? E soprattutto, riuscirà a far condonare le sanzioni per i balneari che non hanno pagato i canoni di concessione delle spiagge, storica battaglia del Movimento? Sono alcune delle domande alle quali dovrebbe rispondere Stefano Fassina, che nel lancio della Cosa rossa («ma non chiamatela così») ha invitato a un confronto sul programma col M5S. Dimenticando forse che i grillini sono pur sempre dei «populisti regressivi» figli di «una cultura autoritaria e fascista», tanto per usare parole sue.

Salvo qualche eccezione, infatti, il candidato in pectore per il Campidoglio di Sinistra italiana - il nuovo rassemblement di Sel e fuoriusciti Pd - non ha mai avuto una grande simpatia per i Cinque stelle. Quella che invece potrebbe rivendicare, se non altro per coerenza, Pippo Civati, che invece per il momento pare intenzionato ad andare avanti per la propria strada. Ecco perché quella di Fassina suona come una ben strana conversione, a leggere le sue dichiarazioni del passato.

«La nostra campagna elettorale sarà contro i populismi regressivi di Grillo, della Lega e di Berlusconi: sono loro i nostri nemici» tuonava ad esempio in vista delle elezioni politiche. Salvo poi cambiare idea davanti al boom elettorale: «Grillo intercetta domande vere di moralizzazione della politica, riduzione degli sprechi e dei privilegi». Così, dalla sera alla mattina, i pentastellati divennero fondamentali per la democrazia del Paese: «Se non ci sono le condizioni per fare un governo di cambiamento con il M5S si deve tornare alle elezioni».

Solo che loro non lo capirono e così Fassina tornò di nuovo all'attacco: «Il partito di Grillo deve ricordarsi che, con questa chiusura, non fa un dispetto al Pd o a Bersani. È un atto con conseguenze serie per il Paese. E si illudono se sperano che così noi possiamo abbracciare il Pdl e fare un governo con loro». Poi però l'abbraccio col Pdl ci fu davvero, col governo Letta, e Fassina divenne addirittura viceministro. Un dispetto a Bersani o al Paese?

Intanto, ironia del destino, il deputato Pd era già finito sotto scorta per l'aggressione verbale subita all'uscita da Montecitorio dopo la rielezione al Quirinale di Giorgio Napolitano. E la responsabilità, a suo parere, era chiara: «Sono preoccupato per il clima che si è creato nel Paese e di questo do la colpa a Grillo».

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Pure Alfredo D'Attorre, che oggi propugna un fronte comune per contrastare lo scivolamento a destra del Pd, fino a un paio di anni fa vedeva in Grillo nient'altro che «il naturale alleato di Berlusconi». E si diceva certo che lui e Casaleggio sarebbero presto stati «inseguiti con i forconi dai loro elettori» perché «con la loro irresponsabilità e arroganza» avevano impedito la nascita del governo Bersani. E anche il coordinatore di Sel, Nicola Fratoianni, che oggi trova necessaria un'apertura sul programma, fino alla scorsa estate trovava «degne di Farage» le ricette dei Cinque stelle sull'immigrazione: meno permessi di soggiorno per protezione umanitaria, sorveglianza più stretta dei profughi e più rimpatri forzati.

Del resto in quelle settimane le preoccupazioni del blog erano rivolte al rischio di un'emergenza sanitaria a Roma. Con l'invito ad andare al voto «prima che la città venga sommersa da topi, dalla spazzatura e dai clandestini». «Su alcuni temi trovo Grillo non dissimile da Borghezio, quando parla dei migranti lo fa con la stessa violenza e volgarità» aveva commentato Nichi Vendola pochi mesi prima.

Proprio nella capitale, fra l'altro, si sono registrate le divergenze maggiori in questi anni. L'anima ecologista di Sel, ad esempio, non ha impedito di approvare col Pd una delibera di pubblico interesse per la realizzazione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, che per il M5S non sarebbe altro che una nuova colata di cemento.

Mentre sul litorale i Cinque stelle sembrano aver dimenticato la loro campagna "Spiagge bene comune": dopo aver proposto nel 2013 una moratoria sul pagamento dei canoni demaniali, nei mesi scorsi hanno chiesto di revocare la concessione di una spiaggia all'associazione Libera di don Ciotti per una sanzione amministrativa. In compenso si sono mostrati molto attenti alle sensibilità dei concessionari degli stabilimenti balneari. Gli stessi che hanno dichiarato guerra al Campidoglio per l'apertura (con le ruspe) dei varchi di libero accesso al mare.

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