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giugno, 2015

Ecco perché alla Grecia serve un accordo

Alexis Tsipras
Alexis Tsipras

E' difficile esagerare l'impatto che potrebbe avere sul progetto dell’euro la fuoriuscita dalla moneta unica da parte di uno Stato così piccolo e indisponente

Alexis Tsipras
Che cosa succederà con la Grecia? Nessuno lo sa. Questo non significa che ciò non importi a nessuno. Al contrario, desta forti preoccupazioni, in direzioni contrastanti e nessuna delle parti contrapposte è disposta a fare concessioni. Quest’impasse illustra la follia della creazione di un'unione monetaria tra Stati sovrani che non hanno istituzioni politiche comuni, profondi legami emotivi o forti analogie economiche. Il matrimonio è spiacevole, ma il divorzio è spaventoso.

La Grecia è adesso sull'orlo del default. Deve 1,5 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale questo mese; altri 452 milioni sempre all’FMI e 3,5 miliardi alla Banca centrale europea il prossimo mese e 176 milioni di euro all’FMI e 3,2 miliardi alla BCE il prossimo agosto. Senza un accordo con il resto dell’eurozona per ottenere i 7,2 miliardi di euro di aiuti che deve ancora ricevere, Atene sarà costretta al default. Non ha infatti altra fonte di denaro e il suo accesso ai mercati è ormai precluso.

[[ge:espresso:attualita:1.215498:article:https://espresso.repubblica.it/attualita/2015/06/04/news/cosi-merkel-e-hollande-vogliono-rifare-l-euro-1.215498]]Se l’accordo non verrà raggiunto, il fallimento della Grecia sarà inevitabile. La BCE potrebbe allora riconsiderare l'accettabilità dei crediti verso l'amministrazione centrale (siano essi passività dirette o fideiussioni) come garanzia per i suoi prestiti alle banche. Verrebbero chiesti certamente tagli molto consistenti. La BCE troverebbe particolarmente difficile concedere prestiti a fronte di garanzie fornite da un governo insolvente. La consapevolezza che il default è imminente ha già accelerato la corsa agli sportelli delle banche greche, che in mancanza di un accordo saranno perciò costrette a bloccare i prelievi.

Le posizioni dei partecipanti a queste discussioni sono altamente discordanti. Il primo ministro greco, Alexis Tsipras, ha criticato i controllori del piano di salvataggio della Grecia accusandoli di avanzare richieste "assurde". Dall’altro lato ci sono quelli altrettanto determinati a non fare concessioni, primi fra questi i governi dei paesi membri che hanno accettato condizioni durissime o che sono più poveri della Grecia. Nel frattempo, il ministro del Tesoro americano, Jack Lew, sta alla finestra e si limita ad auspicare una maggiore flessibilità, terrorizzato dalle conseguenze di un altro scompiglio.


Il motivo per cui è stato così difficile raggiungere un accordo non è difficile da comprendere. Come osserva Goldman Sachs, le autorità europee stanno negoziando sulla base di tre principi:

- il primo è che la permanenza nell’euro richiede un ulteriore aggiustamento economico da parte della Grecia
- il secondo è che la concessione di ulteriori aiuti dev’essere sottoposta a condizioni
- il terzo, infine, è che, per assicurarne il rispetto, è necessario un controllo esterno

Il governo greco è stato eletto però dietro la promessa di rimanere nella zona euro, ma senza austerità, aggiustamenti o controlli esterni. Queste diverse posizioni sono inconciliabili. O una delle due parti contrapposte cede o la Grecia andrà in fallimento. Ma in quest’ultimo caso, dovrà prendere una seconda serie di decisioni: e precisamente, se cercare di rimanere all’interno dell’eurozona, anche senza banche normalmente funzionanti.

Il raggiungimento di un accordo non è, in linea di principio, inconcepibile. Anche se l’eurozona insisterà sul rispetto delle condizioni, vi sono margini di flessibilità su quali di queste insistere. Ma la Grecia è vista come un peccatore recidivo. Alcuni governi - come quello spagnolo, ad esempio – temono che le concessioni potrebbero rafforzare la credibilità dei movimenti antagonisti interni. Fiducia e tolleranza sono perciò entrambe esaurite. Nel frattempo, l'attuale governo greco potrebbe precipitare e prima che il paese possa fare concessioni sarebbe necessario formarne un altro.

Che cosa potrebbe succedere dopo? Partendo dal presupposto che non si può raggiungere un accordo, per così dire, prima di mezzanotte, il governo greco fallirà, almeno tecnicamente, e così la contrazione della liquidità nell’economia aumenterà (insieme alla recessione). La situazione fiscale - già compromessa dagli impegni di spesa, dal calo delle entrate e da un indebolimento dell'economia - peggiorerebbe ulteriormente. Quest'anno, il saldo di bilancio primario (al lordo degli interessi) potrebbe corrispondere a un deficit di circa l'1% del prodotto interno lordo, un risultato peggiore di quello previsto dall’FMI lo scorso aprile.

Una questione importante è come sostenere l'economia fino a quando o verranno raggiunti nuovi accordi o i Greci abbandoneranno l'euro. Adam Lerrick dell'American Enterprise Institute suggerisce come si potrebbe sostenere la liquidità anche di fronte a una chiusura delle banche. Secondo il suo piano, i cittadini potrebbero usare crediti di deposito, che definiremo "ricevute di deposito", in sostituzione delle banconote e monete in euro che non sarebbero più in grado di ricevere dalla loro banca. Questo sarebbe un sostegno alla spesa in un’economia così dipendente dalla liquidità. Le ricevute di deposito verrebbero equiparate a una valuta legale. E in Grecia diventerebbero perciò moneta corrente.


Grazie a questo sistema, verrebbe posto un limite all’emissione di moneta, poiché le ricevute sarebbero supportate dai depositi esistenti, uno per uno. La Grecia dovrebbe comunque effettuare ancora i pagamenti esterni in euro. Il valore delle ricevute di deposito – una sorta di euro greco – oscillerebbe rispetto all'euro allo stesso modo in cui sale e scende la domanda di questa valuta.

In questo modo, si potrebbe proteggere l’economia greca contro un crollo totale, preparando inoltre la completa fuoriuscita dall’euro nel caso non venisse raggiunto alcun accordo praticabile. Dato l’attuale stallo politico, un simile espediente potrebbe ben presto necessario.

Sono da tempo convinto che se si vuole raggiungere una qualche intesa, ciò richiederà del tempo. Come pure ampie concessioni da entrambe le parti. Ma credo che in linea di principio un’accordo sia possibile. E’ difficile inoltre esagerare l’importanza di una fuoriuscita – anche da parte di un paese così piccolo e indisponente come la Grecia – per il progetto dell’euro (per quanto sbagliato) e per l’integrazione europea dopo la seconda guerra mondiale. Una volta che l'euro viene visto come un fenomeno reversibile, le forze economiche che guidano l'integrazione fanno marcia indietro. Ogni crisi diventerà potenzialmente letale. E gli sforzi della BCE per eliminare il rischio di un’uscita saranno stati quasi vani.

C’è ancora molta strada da fare per risolvere i problemi. Tutte le parti in causa hanno commesso una montagna di errori nel periodo precedente la crisi greca e poi ancora in quello successivo. Fallire adesso significherebbe aggiungere una nuova montagna di errori a quelli vecchi, quando invece sarebbe necessario riconoscere gli errori del passato e trarne lezioni.

(Traduzione di Mario Baccianini)

Copyright: FT/L'Espresso


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