«Volevo suonare come Hendrix». Carmen Vandenberg racconta la sua musica
Ha 24 anni ed è una delle chitarriste più apprezzate del panorama rock. Ha girato il mondo, ma è a Lucca che si forma la sua cultura musicale. Qui ripercorre la sua carriera. Dagli esordi da turnista alla formazione dei "Bones", fino all'ultimo atto: la collaborazione con Jeff Beck nell'album "Loud Hailer"
Il rock, si sa, è la musica dei giovani. Ma le chitarre, gli eccessi e i tour in tutto il mondo hanno spesso nascosto una verità: la gioventù eterna non esiste. E ancora, come farsi sentire una volta superati i 50 anni di carriera? Ricorrendo ai simboli, come il megafono in copertina al nuovo disco "Loud Hailer" del celebre chitarrista inglese Jeff Beck, di 72 anni. E come si mantiene viva la fiamma della creatività quando i riflettori sono spenti? Dando spazio ai giovani talenti come la chitarrista italo-olandese Carmen Vandenberg, che a soli 24 anni ha inciso e composto le musiche di "Loud Hailer".
«Jeff ha sempre cercato di rinnovarsi nella sua carriera», spiega Vandenberg a l'Espresso. E così, il musicista che nel 1965 sostituì Eric Clapton negli Yardbirds, lui che secondo la rivista Rolling Stone è il quinto più grande chitarrista di sempre (dietro Jimi Hendrix, Jimmy Page, Eric Clapton e Keith Richards) e che è stato inserito due volte nella Rock and Roll Hall of Fame, ha voluto ricorrere al talento di una musicista cresciuta in Italia. E alla musica della sua band "Bones", di base a Londra. Il risultato è un potente mash-up di chitarre, blues e musica elettronica che vanta il lavoro del produttore italiano Filippo Cimatti. «Bisogna fare cose nuove se vuoi ispirare le persone», spiega Vandenberg, che ha lavorato anche col celebre batterista dei Queen, Roger Taylor, e a 19 anni era già chitarrista della cantante britannica Kate Nash.
È un cammino, il suo, fatto di sacrifici: «Per un periodo ho dormito a casa di amici per potere rimanere a Londra». Poi, con qualche risparmio e cinque settimane a Los Angeles sono arrivati un manager, il passaparola, il tour con gli Skunk Anansie. E ora Jeff Beck: «Non riesco a credere di avere suonato al Madison Square Garden di New York con una leggenda», commenta Vandenberg. Che ora vive il sogno americano, e una nuova promessa di eterna giovinezza. O forse no. Perché questa generazione di musicisti ha dovuto faticare molto più di una volta per ritagliarsi un posto nell'industria della musica, ora in crisi. Questi musicisti hanno i piedi per terra, perché «c'è sempre qualcuno che suona meglio di te». E quando le cose vanno male? Si torna dagli amici, da quella famiglia di musicisti italiani emigrati a Londra: «Insieme ci aiutiamo, non vedo l'ora di rivederli tutti».
Come hai conosciuto Jeff Beck? Ho conosciuto Jeff alla festa di compleanno di Roger Taylor (lo storico batterista dei Queen), che a sua volta conoscevo perché avevo lavorato con lui alla musica di un film. Roger ci ha introdotto, e con Jeff abbiamo iniziato a parlare dei chitarristi blues che ci hanno ispirato di più: Albert Collins. Buddy Guy, e Albert King.
Perché un musicista affermato come Jeff Beck decide di incidere un album assieme a dei musicisti emergenti? Jeff è un artista che cerca sempre di rinnovarsi. Ogni suo album ha caratteristiche e musicisti differenti, e racconta una fase diversa della sua carriera. Ha sempre cercato talenti emergenti con cui creare qualcosa di nuovo. Lo ha fatto in passato con Jennifer Batten e Tal Wilkenfeld (la prima, chitarrista di Michael Jackson durante gli anni '90, la seconda bassista e compositrice jazz).
Cosa pensi lo abbia colpito di voi? La nostra energia. La sera che ci venne a sentire dal vivo per la prima volta rimase entusiasta: portò me e la cantante Rosie Bones a cena dopo il concerto per dirci quanto gli fossimo piaciute. Qualche settimana dopo abbiamo provato a vedere cosa riuscivamo a scrivere assieme, ed è nato un album che si è sviluppato in poco più di tre mesi.
Cosa si prova ad andare in tour con una leggenda del rock? È un'esperienza fantastica. Inizialmente è stato stressante perché ho dovuto imparare tutto il "back catalog" (i brani del repertorio di Beck) in un tempo strettissimo. E poi, oltre Jeff, ho avuto il piacere di suonare con gli ospiti del tour: il chitarrista blues Buddy Guy, il cantante degli Aerosmith, Steven Tyler, assieme alla cantante Beth Hart. Con Jei all'Hollywood Bowl ho suonato "I'd rather go blind", la canzone preferita di mia madre. Non riesco a credere sia successo davvero.
Prima di Jeff Beck hai avuto altri ingaggi importanti, in particolare con la nota cantante britannica Kate Nash Sono stata la chitarrista di Kate Nash per quasi due anni, avevo 19 anni. Con lei ho capito cosa significa andare in tour. E ho inciso la chitarra nel suo disco, "Girl Talk". Poi ho lasciato Nash per lavorare alla mia band, i "Fake Club", con cui abbiamo suonato un paio d'anni prima di scioglierci. Da quell'esperienza io e la cantante, Rosie Bones, abbiamo dato vita a questa nuova band, i "Bones". A cui si è aggiunto il produttore italiano Filippo Cimatti.
Come nasce la band "Bones", e come siete riusciti in poco tempo ad ottenere tanto successo? Avevamo un'idea: anziché suonare subito dal vivo volevamo risparmiare un po' di soldi e andare a Los Angeles per creare contatti. In cinque settimane lì abbiamo conosciuto altre band locali e così abbiamo iniziato a suonare. Eravamo molto determinate, e grazie ai concerti a Los Angeles si è iniziato a parlare di noi. Abbiamo trovato un manager e un nostro brano è finito nel trailer di una delle serie televisive americane del momento: "Orange is the new black".
E poi tanti concerti e collaborazioni con gruppi rock famosi. L'anno scorso siamo stati in tour con i Kooks e gli Skunk Anansie (la band della nota cantante Skin). Dopo questo tour con Jeff Beck andremo a suonare con i Band of Skulls nel Regno Unito, e si parla di altri concerti negli Usa verso la fine dell'anno. Penso che a breve ci trasferiremo a Los Angeles. Per il 2017 c'è in prospettiva un nostro album.
Raccontaci un po' della tua vita Sono nata in Spagna, a Madrid, da madre italo-peruviana e padre olandese, entrambi grandi appassionati di musica. Da piccola mi sono trasferita in tante città: Barcellona, Londra, Bruxelles, Miami. Poi sono finita a Lucca in Toscana. Dove ho avuto la maggior parte della mia educazione musicale, tra il liceo artistico "Passaglia" e la scuola di musica moderna "Jam". Da piccola suonavo il violino, ma guardando la videocassetta del concerto di Woodstock mi sono appassionata alla chitarra. Vedevo Jimi Hendrix suonare e dicevo ai miei genitori: "Voglio fare quello".
Qual i sono le tue influenze musicali? Jimi Hendrix, appunto. Ma soprattutto i chitarristi blues come Albert Collins, Albert King, B.B. King, Buddy Guy e Muddy Waters. Poi i Led Zeppelin, i Beatles, i Rolling Stones, i Pink Floyd. Non ho riferimenti musicali della mia generazione, sono figlia di un'altra epoca.
È dura la vita del musicista? È una giostra, ci sono sempre gli alti e i bassi. Per un periodo, dopo aver già lavorato per Kate Nash, mi sono ritrovata a dover lavorare in un bar. Senza un soldo e costretta a dormire sul divano da amici, per potere rimanere a Londra. C'è tanta concorrenza, solo a Londra si calcola ci siano circa 80mila gruppi musicali. Ma se sei determinato e hai ambizione può essere divertente.
Talento, duro lavoro e determinazione, è questa la ricetta del vostro successo? lo e la cantante Rosie amiamo lavorare, non andiamo mai in vacanza. Vogliamo sempre collaborare con altre persone. E nella musica bisogna fare quattro volte più di quello che pensi sia necessario. Fare cose nuove, in maniera diversa, per ispirare le persone. Senza mai pensare di essere il migliore, perché c'è sempre chi suona meglio di te.
Non ti manca un po' l'Italia? Finito questo tour tornerò a Lucca per salutare la famiglia e gli amici. L'Italia è sempre nel mio cuore. E anche a Londra ho una famiglia, quella dei miei amici musicisti. Siamo un gruppo molto unito e tanti sono italiani, come la chitarrista Linda Buratto, che con la band Electric Pyramid ha aperto il recente tour dei Queen (nella nuova formazione con Adam Lambert alla voce), il bassista Luigi Casanova, che supporta il tour americano di Glenn Hughes (ex Deep Purple), o il chitarrista jazz Nelson Pari. Non vedo l'ora di rivederli.