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Football Leaks, chi sono gli oligarchi che controllano il calcio

Amici di Erdogan. ?In affari con Trump. ?Ecco gli Arif, ?padroni di Doyen, burattinai del calcio. I due fratelli kazaki erano burocrati dell’Urss. Ora sono potenti  e miliardari

Hanno comprato decine di giocatori. Sono diventati proprietari occulti di intere squadre. Hanno sconvolto in una manciata d’anni un mondo che sembrava impermeabile a ogni mutamento esterno. Sono i nuovi burattinai del pallone. Eppure, fino a oggi, son riusciti a rimanere nell’ombra.

D’altra parte l’imbarazzo sarebbe stato enorme se qualcuno avesse scoperto che c’erano loro dietro Doyen, il colosso del management sportivo. Per loro stessi, innanzitutto, terrorizzati dall’idea di poter perdere ogni proprietà. Ma anche per chi li ha appoggiati, per chi ci ha fatto affari insieme. Personaggi eccellenti. Dal presidente kazako Nursultan Nazarbaev all’omologo turco Recep Tayyip Erdogan. Fino al nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Dopo sette mesi d’inchiesta giornalistica, l’Espresso e le altre testate del network EIC sono in grado di rivelare con certezza chi si nasconde dietro Doyen. Si chiamano Arif, sono quattro fratelli kazaki. Oligarchi. Gente che ha fame di soldi e non si accontenta. No, controllare la ACCP, una delle più grandi fabbriche chimiche al mondo, non bastava. Il Kazakistan stava stretto agli Arif, in particolare a Tevfik e Refik, i fratelli più attivi della famiglia. Per loro non era sufficiente nemmeno essere tra i più grandi imprenditori della Turchia.

Gli Arif volevano di più. Ed ecco allora l’idea: il calcio. Già, chi l’ha detto infatti che con il pallone non si guadagna? Certo, bisogna creare società offshore, assoldare agenti e giocatori, influenzare presidenti e manager delle più famose squadre. Gli Arif hanno fatto tutto quanto necessario per raggiungere il successo. Hanno investito, fra il 2011 e il 2015, la bellezza di 72 milioni di euro. Affidato ad Arif, il giovane figlio di Tevfik, il compito di gestire gli affari. E scelto un frontman come Nelio Lucas, portoghese, agente di calciatori giovane, ambizioso e poliglotta. L’unico volto noto di Doyen, finora.

La società si presenta come un’agenzia di rappresentanza per sportivi. Nel ricco book di atleti ci sono stelle come Usain Bolt e David Beckham, Neymar e Boris Becker. Ma anche calciatori legati alla serie A, dall’ex juventino Alvaro Morata all’interista Marcelo Brozovic. Doyen dice di gestire i loro diritti d’immagine. I documenti di Football Leaks dimostrano però che, almeno fino all’anno scorso, il business della società è stata la compravendita dei diritti economici dei giocatori. Tra quelli targati Doyen, oltre al francese Geoffrey Kondogbia, troviamo il laziale Felipe Anderson, l’interista Gabigol e Radamel Falcao del Monaco. E poi le squadre che hanno ricevuto prestiti in cambio di una percentuale sui cartellini dei giocatori: Atletico Madrid, Getafe, Sporting Gijon, Siviglia, Santos, Porto.

D’altra parte Doyen può vantare contatti di prim’ordine. Anche in Italia, dove la società ha più volte incrociato la strada del Milan, per esempio durante il negoziato per la vendita (sfumata) della squadra rossonera all’imprenditore thailandese Bee Taechaubol. Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, ha dichiarato a l’Espresso, tramite il suo avvocato, che «non ha nessun rapporto con il gruppo Doyen». Dalle carte di Football Leaks emerge però un particolare che collega direttamente il gruppo degli Arif alla famiglia Galliani. A partire dall’ottobre del 2013, Micol Galliani, figlia dello storico collaboratore di Silvio Berlusconi, ha lavorato come consulente per Doyen Sports.

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Documenti interni a Doyen che l’Espresso ha potuto visionare mostrano che la primogenita di Galliani è stata in contatto costante con top manager del gruppo, come Matthew Kay e Simon Oliveira, e ha seguito alcuni dossier per conto di Doyen, come le relazioni con Panini (l’azienda delle figurine) e un progetto immobiliare a Beverly Hills. L’avvocato di Galliani ha dichiarato a l’Espresso, che Micol Galliani «non ha mai avuto rapporti contrattuali o di collaborazione con Doyen». Le carte di Football Leaks confermano inoltre che già nel 2013 a Galliani furono presentate da Doyen operazioni di mercato, tra cui una con al centro Adem Ljajic, allora alla Fiorentina. Inoltre Galliani e la figlia compaiono nell’elenco degli oltre 200 invitati alla cena di compleanno di Lucas del gennaio 2014 a Londra.

Per capire come hanno fatto degli anonimi fratelli kazaki a diventare i protagonisti del calcio europeo, bisogna tornare ai tempi del collasso dell’Urss. Tevfik e Refik Arif lavorano nell’amministrazione sovietica. Burocrati trasformatisi improvvisamente in imprenditori. A metà degli Novanta la famiglia Arif si ritrova a capo della ACCP, una delle più grandi fabbriche chimiche al mondo per la lavorazione del cromo. I file di Football Leaks, ottenuti dal settimanale tedesco Der Spiegel e condivisi con le altre testate del network EIC, non dicono com’è stato possibile. Di certo la ACCP non avrebbe potuto trasformarsi nella macchina da soldi attuale (profitti per 386 milioni di dollari solo fra il 2004 e il 2014) se non avesse trovato la collaborazione della ENRC, colosso minerario controllato da Alexander Mashkevitch, Alijan Ibragimov e Patokh Chodiev. È il cosiddetto “Trio Kazako”: miliardari già coinvolti in casi di corruzione internazionale, considerati vicinissimi all’uomo forte del Kazakistan, Nazarbaev.

Sfruttando i profitti della chimica gli Arif spiccano il volo. Tevfik è il primo a lasciare l’Asia Centrale, destinazione Turchia. Il grande salto arriva però nei primi anni 2000, quando emigra negli Usa per fondare Bayrock, società che insieme al tycoon Donald Trump realizza hotel e appartamenti a New York. Le cose non filano lisce. Alcuni investitori sostengono di essere stati ingannati e denunciano i costruttori. Il direttore finanziario di Bayrock, in una testimonianza scritta, sostiene che l’azienda ha investito soldi della mafia russa. Le denunce non hanno portato a condanne, anche se gli Arif hanno preferito ritirarsi dal mercato immobiliare Usa.

Pochi anni dopo, nel 2010, un altro scandalo. Sul Savarona, lo yacht un tempo appartenuto al fondatore della Turchia laica, Kemal Atatürk, la polizia turca scopre un giro di prostituzione gestito proprio da Tevfik. Ragazze dell’Est Europa destinate a parecchi uomini, fra cui Mashkevitch, Ibragimov e Chodiev. Dal processo gli Arif escono indenni, ma la vicenda porta a galla i loro legami più importanti. Quelli con Erdogan, allora premier turco. E con il “Trio Kazako”, appunto. È allora che Tevfik e fratelli decidono di entrare segretamente nel calcio.

Per i cinque anni successivi gli affari vanno a gonfie vele. Merito dei Tpo, i meccanismi che permettono a società e fondi d’investimento di comprare quote di calciatori. Gli Arif macinano profitti e li trasferiscono in società offshore tra Malta, Emirati Arabi e British Virgin Islands. Il gioco, però, si interrompe presto. All’inizio del 2015 la Fifa vieta i Tpo definendoli «una forma moderna di schiavitù». Sembrerebbe la fine degli Arif. Sebbene l’acquisto diretto di quote di calciatori sia oggi illegale, la Fifa continua però a permettere a società e fondi di investire nelle squadre. Si chiamano Tpi (Third-party investments) e la sostanza non cambia: il club garantisce la restituzione del prestito con la vendita di alcuni suoi giocatori. I documenti di Football Leaks mostrano che a novembre 2015 Doyen ha compilato una bozza di contratto con il club spagnolo del Cadice. La proposta? Un prestito da 1,5 milioni di euro in cambio del 20 per cento di tutti i giocatori della squadra. Chissà com’è andata a finire.

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