Non basta pretendere che i candidati siano incensurati. Per recuperare la fiducia degli elettori occorre anche evitare i personaggi impresentabili
Gomorra non è soltanto il titolo felice di un libro di successo. O il nome di una serie tv amata-odiata, giunta alla seconda stagione grazie alla volontà di Sky di trasmetterla incurante degli ipocriti lamenti di chi si sente offeso nella reputazione.
Gomorra ha assunto il significato di un certo modo di raccontare l’Italia, il suo lato più oscuro e inesplorato. Da Napoli e dal Sud su su lungo lo Stivale, un sistema criminale capace di colonizzare vaste aree di un Paese privo di quegli anticorpi che pure ci saremmo aspettati scattassero là dove il tessuto sociale è storicamente distante dai mali meridionali. Ricordate la saga di Peppone e don Camillo? Il sindaco comunista e il parroco democristiano di Brescello, provincia di Reggio Emilia, ci hanno tramandato un romantico scontro tra proselitismo politico e militanza religiosa capaci di tradursi in passione civile e solidarietà sociale in un pezzo d’Italia da sempre amministrato al meglio. Ebbene, Brescello ha conquistato in aprile il triste primato di primo comune dell’Emilia Romagna sciolto per mafia. Espugnato da un clan della ’ndrangheta, le conclusioni del Viminale. I volti sorridenti di Fernandel e Gino Cervi, insieme a quello di un sornione Giovannino Guareschi, sbiadiscono sulla facciata del municipio rimasto senza più sindaco e assessori.
Dieci anni fa quando Roberto Saviano pubblicò il suo libro-denuncia, fece scoprire all’opinione pubblica nazionale la impressionante capacità organizzativa della camorra imprenditrice. C’erano già tutti gli elementi, a partire dal lucroso traffico dei rifiuti industriali, per capire ciò che poi è avvenuto. Le mafie hanno trovato alleanze giuste in Lombardia, in Veneto, in Emilia Romagna tra politici, professionisti, industriali. Senza tanto clamore. Il potere dei soldi, più che l’azione violenta, ha cementato interessi inconfessabili. Le classi dirigenti dell’Italia più avanzata hanno compiuto un colossale errore di valutazione: hanno sempre considerato le mafie un prodotto del sottosviluppo sociale del Mezzogiorno d’Italia, dunque sono state animate dalla presunzione che il sistema criminale non potesse mai attecchire nelle regioni del Nord. La “modernità” - questo il pensiero rivelatosi tragicamente debole - avrebbe dovuto rappresentare di per sé una difesa contro una mafia rappresentata in maniera caricaturale: dialetti incomprensibili, pizzini, giuramenti con il sangue, vincoli familistici. Intanto capitali sporchi entravano liberamente nel circuito economico, senza scandalo, considerati alla stregua di ogni altro flusso finanziario. Un modo asettico per ribadire che il denaro non puzza.
“Occhi chiusi su Gomorra” è il titolo della copertina del numero di questa settimana. Intervistato da Marco Damilano, Roberto Saviano analizza successi e insuccessi del contrasto alla holding del crimine organizzato. E chiama in causa la responsabilità della politica. Mentre Lirio Abbate disegna una mappa aggiornata degli affari sporchi nelle aree ricche d’Italia.
Siamo in clima elettorale, in vista della scelta dei sindaci nelle principali grandi città. A Roma addirittura si vota in anticipo sulla scadenza naturale ma lo choc provocato da “Mafia Capitale” è come se fosse stato rimosso dal dibattito pubblico. Se ne parla sempre meno, mentre dà spettacolo il teatrino dei candidati sindaci: quelli in campo e quelli azzoppati sul campo. Certo, il candidato sindaco del Pd Roberto Giachetti ha sottoposto le sue liste all’esame dell’Antimafia presieduta da Rosy Bindi. Un “bollino blu” preventivo per scansare candidature imbarazzanti. Proprio nella formazione delle liste, infatti, atto propedeutico alla selezione dei prossimi amministratori locali, si manifesta la debolezza strutturale di partiti sempre più evanescenti. Liste personali, sigle improbabili, formazioni fai da te: pur di raccattare preferenze ne spuntano di tutti i tipi da Nord a Sud a sostegno di questo o quel candidato. Chi controlla? Chi conosce davvero le persone che si stanno imbarcando? La fedina penale pulita è una precondizione, ed è saggio verificarla, ma i legami affaristici non compaiono nel casellario giudiziario. Liste libere da personaggi impresentabili sono il primo passo verso una politica che sappia autoregolarsi. Prima che intervengano i giudici a sancire una triste unità d’Italia, da Santa Maria Capua Vetere a Lodi.
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