Deltour e Halet sono ex dipendenti della Pricewaterhouse Coopers, una delle regine globali della consulenza finanziaria: con Ernst & Young, Kpmg e Deloitte si spartisce un mercato che nel 2014 valeva 120 miliardi di dollari. Prima di licenziarsi, nel 2010, i due analisti della Pwc hanno scaricato sul loro computer migliaia di documenti riservati. Contratti sui "tax rulings", gli accordi fiscali stretti tra e il governo del Lussemburgo, al tempo guidato dall'attuale numero uno della Commissione europea Jean Claude Juncker, e 340 multinazionali. Da Pepsi a Ikea, da Apple ad Amazon, da Fiat a Starbucks.
Pubblicati nel 2014 in maniera congiunta da alcuni giornali internazionali, e in Italia da "l’Espresso" , i documenti hanno dimostrato come il Lussemburgo sia riuscito nel tempo a diventare il paradiso fiscale preferito dalle più famose aziende. Un successo ottenuto attirando le grandi imprese attraverso contratti segreti e imposte bassissime. Che hanno fatto perdere, al contempo, miliardi di entrate fiscali ai governi delle nazioni in cui queste multinazionali operavano prevalentemente. Insomma, centinaia di miliardi sottratti ai contribuenti di tutto il mondo.
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Il Lussemburgo, insieme agli altri Paesi dell'Ocse, sta infatti lavorando a una riforma fiscale globale pensata per minimizzare il rischio che una vicenda del genere possa ripetersi. Ci vorranno anni, dice la stessa Ocse. Intanto la giustizia lussemburghese è andata spedita. Deltour e Halet sono finiti a processo per furto, accesso illegale a database e rivelazioni di segreti commerciali.
La pena massima era di cinque anni. Alla fine l'accusa ha chiesto 18 mesi per entrambi e i giudici della Corte penale hanno ridotto il periodo a 12 mesi per Deltour (il primo ad aver rivelato i documenti) e 9 mesi per Halet.
I due non sconteranno la pena in carcere perché è il loro primo reato. Il comitato che supporta i due whistleblowers francesi ha scritto però di essere «indignato» per «una sentenza inaccettabile, che ignora l'interesse pubblico dell'azione» dei due condannati. Deltour, che l'Espresso aveva intervistato nel novembre scorso, ha annunciato di volersi appellare e ha dichiarato che così facendo i giudici lussemburghesi hanno lanciato «un avvertimento a futuri whistleblowers, un atteggiamento dannoso per l'informazione pubblica e il buon funzionamento della democrazia».