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Politica
settembre, 2016

Silvio Berlusconi, una magnifica ossessione

Da prima della discesa in campo, per oltre un quarto di secolo, "l’Espresso" ha messo il Cavaliere in prima pagina

Ho sperato che in un émpito di autoironia, che non gli è del tutto estranea, il Cav., insomma Silvio Berlusconi decidesse di visitare a Roma o a Milano la mostra su sessant’anni di storia raccontati attraverso le fotografie dell’“Espresso” (ne è nato anche un volume, ora in edicola e in libreria). E accettasse di farsi immortalare dinanzi alla parete dove, l’una accanto all’altra, erano esposte le 100 (cento!) copertine dedicate al più immaginifico, pirotecnico, combattivo avversario mai avuto. Abbiamo lanciato messaggi, sollecitato amici, incaricato ambasciatori, ma niente, non s’è visto: e vabbè, si rifarà sfogliando queste pagine e ripensando ai suoi ottant’anni (auguri).

A lui, com’è ovvio, “l’Espresso” deve molto, se non altro le copertine, appunto. Le ho viste e riviste: alcune sono belle, altre meno, ma certo tutte insieme rappresentano l’appassionata testimonianza di un’epoca che ha segnato gli italiani in politica, in economia, nel costume. E che non è finita: passate le nozze d’argento, aspettiamo quelle d’oro. Su quale immagine soffermarsi? Tra tutte, meritano particolare attenzione quelle firmate da Alberto Roveri nel 1977, pubblicate per la prima volta nel 2010, ai miei esordi alla direzione dell’“Espresso”. Perché nella loro storia già ci sono, in nuce, il carattere e la tenace determinazione dell’uomo, e anche l’uso spregiudicato della comunicazione di cui sarà poi maestro.

[[ge:espressogallery:eol2:26171943:1.72296:mediagallery:https://espresso.repubblica.it/foto/2010/09/17/galleria/l-alba-del-cavaliere-le-foto-dell-archivio-roveri-1.72296]]

Roveri era andato da Berlusconi per “Prima comunicazione”. Umberto Brunetti, il direttore, aveva per le mani una notiziona: quel quarantenne sconosciuto ai più, patron della Edilnord e immobiliarista rampante, era pronto ad acquistare addirittura il 51 per cento del “Giornale” di Indro Montanelli (alla fine si accontenterà del 30). Prima che cominciasse la seduta, Berlusconi s’era raccomandato con la segretaria di non passargli telefonate. E Roveri aveva cominciato a scattare: scrivania, libreria, lampada Arco firmata Castiglioni, ecco Silvio da solo e anche con il suo più stretto collaboratore, Marcello Dell’Utri: giovani e serissimi, compulsano cifre e dati. Dopo un po’, nonostante le raccomandazioni, suona l’interfono: «C’è il sindaco Tognoli», dice la segretaria. E B., irritato: «Ho detto che non ci sono per nessuno». Dopo un po’, altro cicalino, di nuovo il sindaco, e stessa risposta: «Non ho tempo, gli dica che lo chiamerò io stasera». Infine, terzo messaggio in viva voce: «C’è il Cardinale». Stavolta, però, Berlusconi si allontana per qualche minuto: a Carlo Maria Martini non ci si può negare. Giovane, relazioni giuste, precisa scala di priorità.

Carissimo nemico
L'undicesima domanda a Silvio Berlusconi
26/9/2016
Quando la seduta riprende, Berlusconi è Berlusconi: vuole scegliere lui le foto da pubblicare. Roveri allarga le braccia. E allora il Nostro chiama Brunetti, la cui risposta merita la citazione: «Caro dottore, si compri il 51 per cento di “Prima”, così poi ci mette tutte le foto che vuole…». Allora B. cambia tattica: «Quel che è fatto è fatto e va al giornale, ma d’ora in avanti lei, Roveri, lavora per me». Si ricomincia. Ed eccolo allora sbracato su una poltroncina, stivaletto in vista, capelli troppo lunghi. E dietro di lui sulla scrivania, tra libri e scartoffie, una pistola. «Ma lì c’è…», esclama il fotografo. «No, no, questa no», chiede B., e mette via l’arma in un cassetto assieme ad altre quattro: «Sa, di questi tempi, sequestrano gli imprenditori…». Passeranno molti anni prima che Roveri, mettendo a posto il suo archivio, si accorga che una foto era riuscita a scattarla. E “l’Espresso” la pubblica.

Cento copertine, dunque. Una magnifica ossessione. Cominciata in realtà molti anni prima della “discesa in campo”, nel novembre del 1988, con l’inchiesta “A passo di spot” sul dilagare incontrollato della pubblicità tv. E poi tante altre, secondo filoni costanti e ben arati: 17 sul conflitto di interessi; nove sull’abbraccio incestuoso tra politica e affari; 50 su Forza Italia e i suoi governi; sei su “Sex and the Silvio” e derivati; e ben 12 in cui lo abbiamo dato per finito, abbattuto, ko. Sbagliando.

A quali sono più affezionato? A due del periodo d’oro berlusconiano. Una è “Il Polo delle Vanità”, con le signore Previti, Berlusconi, Dell’Utri e Ariosto sulla tolda del “Barbarossa”, il brigantino dell’avvocato romano, marzo 1996, immagine plastica di una stagione e dei suoi clan d’affari; l’altra è “Dalemoni”, ottobre 1996, geniale intuizione di Giampaolo Pansa, disegno di Franco Bruna, simbolo del “nuovo compromesso” tra D’Alema e Berlusconi. Da allora sono passati vent’anni, eppure certi germi in politica sembrano duri a morire.

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