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Cultura
aprile, 2018

E meno male che erano Amici

Che spettacolo triste: vecchie glorie sul ring in cerca di visibilità, critiche ai limiti dell'insulto, battibecchi senza senso e polemiche ai limiti dell'inutilità. Lo show del sabato sera che doveva mettere al centro i ragazzi in realtà si ferma solo agli insulsi scontri tra adulti

Non abbiamo nulla contro i talent, ci piacciono i talent, sono una grande occasione i talent. Almeno per i giudici. Che rispuntano all’improvviso, come un vecchio biglietto del cinema pagato in lire dalle pagine di un libro sul comodino. E dopo essersi spolverati le spalline della giacca si siedono sulle poltrone per alzare palette e ditini, ondeggiare il capo come i cani sullo specchietto retrovisore e dispensare piccoli attacchi di bile che servono abbastanza a loro, parecchio all’Auditel formato ring e sicuramente poco ai protagonisti.

Mal gliene incoglie infatti ai giudicati, soprattutto quando si tratta di giovanotti e fanciulle alle prime armi televisive, che con l’occasione di un’esibizione in prima serata si ritrovano sotto le grinfie del riscatto altrui.

Succede infatti che proprio gli “adulti” chiamati ad esprimersi sui ragazzi a suon di cachet ?di tutto rispetto si lascino andare ai più bassi istinti di rivalsa giusto per accaparrarsi il titoletto di una news.

Ad “Amici”, show multimilionario alla sua 17esima edizione, la farsa si ripete come un vecchio carillon. Tra prime serate e daily, i toni che sono piovuti addosso a cantanti e ballerini sono stati i seguenti (e trattasi di citazioni letterali): «Non ci siamo proprio». «Perdi il controllo come sempre», «Risultato insufficiente». «Il lavoro che fai lo butti via quando sei sul palco». «L’esibizione è stata un patatrac». «Non hai consapevolezza del corpo e del movimento». « Non potrai fare il ballerino nella tua vita». «Ti manca tutto: studio, presenza scenica, fisico, doti, carisma, artisticità, il viso non va bene, il corpo non ?va bene». «Mi infastidisci quando balli. « Il voto? Zero». «Il voto? Uno». «Non ce la farai mai». «Scrivi musica come mio nipote quando aveva 5 anni». «Sei bella ma riesci ad essere solo un pezzo di carne che si muove». «Non solo non mi piaci: mi urti». E così via, tra meschini giudizi su corpi troppo grassi, e capelli troppo biondi, snocciolati come se non si trattasse di persone vere ma solo di figurine, buttate là per dare aria a briciole di ego personali.

E tra un insulto e una derisione, rimane giusto il tempo per gli attacchi tra di loro, vecchie glorie della danza contro vecchie glorie della conduzione che si rinfacciano gradi e numeri di esperienze per un risultato mesto ai limiti dello sconforto. E per fortuna che erano Amici.

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