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Attualità
gennaio, 2020

"Torniamo per combattere". "No, l'Italia è incurabile": le storie che ci avete raccontato

Centinaia di lettere dopo la nostra copertina "Italia Ciao". Con il racconto di giovani andati via o tornati nel nostro Paese. Tra sogni, speranze, gioie e frustrazioni ecco alcune delle esperienze che avete condiviso con noi

Dove far crescere mio figlio? A Dublino o a Catania?
Sono stato da sempre appassionato di informatica, grazie ad una famiglia che mi ha sempre incoraggiato e fin da tenerissima età mi ha fornito gli stimoli ed i mezzi per coltivare questa passione. Ho un dottorato in ingegneria informatica conseguito nel 2012 a Catania, mia città natale. Durante il dottorato ho fatto uno stage presso Google a Dublino, che mi ha successivamente assunto a tempo indeterminato come Site Reliability Engineer e dove ho fatto carriera fino a diventare engineering manager. Adesso, dopo 7 anni in Google, dall'anno scorso sono Principal Software Engineer nella divisione Cloud di Microsoft, Azure. Mia moglie è ingegnere informatico, anch'essa laureata a Catania ed ingegnere a Dublino, dove viviamo assieme dal 2014.
Nostro figlio è nato a Dublino.
Dove crescerà? A Catania con i nonni ed il resto della famiglia, o a Dublino, dove abbiamo opportunità lavorative che in Sicilia ci scordiamo?
Dopo il dottorato ho pensato di rimanere in università, ma mi era chiaro che avrei dovuto fare una lunghissima gavetta ed il risultato finale sarebbe stato molto incerto. Dopo il dottorato feci diversi colloqui in Italia prima di partire. A Firenze mi offrirono 1.000 euro netti. Come ingegnere informatico, con dottorato e stage presso Google. A quel punto mi era chiaro che dovevo partire.
Abbiamo comprato casa a Dublino, pensiamo di prenderne una più grande presto, ma il nostro cuore è sempre diviso tra Catania e Dublino.
Andrea




Tornata carica di idee, ho trovato un Paese provinciale
Dopo 13 anni all’estero, sei mesi fa sono rientrata in Italia lasciando un indeterminato per un contratto di un anno in università.
Sono rientrata carica di idee e voglia di fare, ho trovato un contesto pettegolo, provinciale, asfissiante, pieno di capini, capetti e caponi che bocciano e umiliano ogni nuova idea per portare avanti i soliti progetti, che funzionino o no.
Non saremo noi expat a cambiare dinamiche tipiche del nostro paese.
Simona


Perché la prassi è abbassare la testa a tutto?
Ho 31 anni e sono un'italiana che dopo 3 anni di lavoro all'estero ha deciso di tornare nel bel paese. Lasciatemi dire che non è affatto bello e il problema non è uno stipendio più basso o una casa fatiscente passata per nuova, il problema sono gli italiani. Ho trovato lavoro nella PA e fin da subito è cominciata ad andar male con straordinari non pagati e ogni giorno nuove mansioni senza alcuna indicazione.
Ho visto l'omofobia e la transfobia non venire nemmeno celate e ho visto tanta omertà, dipendenti col posto fisso abbassare la testa e incitarti a fare lo stesso perché quella è la prassi, rifiuti gettati in mezzo alle strade senza che i passanti dicessero nulla perché quella è la prassi, figlie e figli insultati a tavola e spinti a conformarsi, perché quella è la prassi.
I nostri coetanei sono morti dentro, i nostri genitori sono mostri con dentro tanta rabbia e frustrazione per non aver raggiunto dei risultati.
Tornare in Italia è stato inutile, sto cercando di andare a pulire i cessi per prendere le distanze da questo Paese malato. E non abbiate timore della destra, di Giorgia o di Salvini: governeranno un popolo di morti e frustrati.
Andrea


Gli interventi
Lavoro, dignità e futuro: cosa ci raccontano le storie degli italiani andati all'estero
21/1/2020
In Italia neanche si accorgono quanto sia grave la situazione

Ho studiato comunicazione due anni in Svezia ma la mia passione è sempre stata la cucina. Da quando ho finito gli studi lavoro in un ristorante meraviglioso dove mi hanno assunto senza che avessi esperienze precedenti in cucina.
Non vedo un motivo per tornare in Italia. Amo il mio paese ma siamo in pochi a renderci effettivamente conto di quanto grave sia la situazione, e non voglio mettere a repentaglio il futuro mio e della mia possibile famiglia nella remota speranza che le cose migliorino.
In Italia c'è soprattutto un problema di mentalità, di pigrizia e di ostilità al cambiamento, e questo (forse) cambierà col tempo, non con noi giovani che cerchiamo di convincere una popolazione perlopiù anziana e tradizionalista a cambiare.
Mi dispiace essere così disfattista, apprezzo la mentalità quelli come voi che ancora vedono qualche speranza per il nostro paese.
Luca


Voglio mettermi alla prova, ma sono dovuta scappare
Sono una ragazza di 21 anni e sto studiando ingegneria elettronica nel Regno Unito con delle modalità che non esistono in Italia. Ho voglia di imparare e mettermi alla prova e, dopo aver provato a farlo in Italia, me ne sono dovuta andare per la mentalità e l'atteggiamento che trovavo in molte persone con cui avevo a che fare e che mi stava impedendo di seguire i miei sogni. Ora sono contenta ma mi manca l'Italia.
Appena sentirò di aver acquisito le competenze e i valori necessari per essere a mio agio con me stessa voglio tornare e fare del mio meglio per aiutare il paese che mia ha insegnato ad amare la musica e l'arte senza le quali non sarei chi sono oggi.
Sofia


L'analisi
Quella svolta culturale che serve per convincere gli italiani espatriati a tornare
21/1/2020
Qui all'estero I giovani sono valorizzati, le professioni sono riconosciute

Sono emigrato in Svizzera da pochi mesi.
La situazione mi appariva paradossale: prima era un continuo dover scegliere se volevo aiutare i miei, vivere la mia vita, o mettere da parte qualcosa per il futuro, ora sono in grado di mandare a casa l'equivalente del mio precedente stipendio italiano, guidare un'auto sportiva, vivere in una bella casa, e mettere da parte in un mese quanto in Italia avrei messo da parte in un anno. Pensavo di essere un privilegiato, che avesse ricevuto un trattamento di favore o un gran colpo di fortuna, ma qui, questa situazione è la norma.
I giovani sono valorizzati, le professioni sono riconosciute.
La mia storia qui si stempera nelle storie di tutti gli altri giovani professionisti, che hanno tutti la medesima esperienza. Noi giovani professionisti qui non siamo ricchi, neanche lontanamente, ma stiamo bene, siamo spensierati, e qui si innesca un meccanismo che è la vera fonte di benessere, che non avevo finora considerato: quando non si deve più occupare gran parte dei propri pensieri con preoccupazioni, disillusione e sconforto, si può iniziare a guardare oltre, a impegnarsi per fare vera innovazione, coltivare la propria ambizione, lavorare divertendosi e vivere senza sentirsi una piccola ruota dentata di un grande ingranaggio.
Da quando vivo in questo paese e per la prima volta ho in mano qualcosa per fare un confronto, ho iniziato a vedere dove realmente l'Italia ammazza le prospettive di crescita, l'ambizione e la voglia di fare.
Qui si possono aprire startup e dar valore alle proprie idee con pochi costi, meno rischi, nessun marasma burocratico assassino dell'avanzamento tecnologico, e soprattutto senza quel clima da ""ma chi te lo fa fare?"", ""vai a lavorare che è meglio"", ""e se poi fallisci?"" che contraddistingue, purtroppo, il mio paese di origine.
Qui ho un fondo pensione con il mio nome sopra, non verso i soldi sperando che tra qualche decade sia rimasto qualcosa per me. Qui pago tante tasse, ma le pago subito, pago tutto, e le pagano tutti. E qui i servizi sono impeccabili. Qui si ha un mente l'efficienza, qui non farete mai code chilometriche agli sportelli di qualche ufficio semisconosciuto per qualche operazione burocratica inutile, costosa e perditempo. Qui non c'è inutile ridondanza di uffici ed enti (come succede ad esempio in Italia con ACI e Motorizzazione) e qui nessuno alza il ciglio se voglio pagare col PoS. Potrei andare avanti, ma credo di aver dato l'idea della mentalità diversa e vincente che mi mancava in Italia.
La Svizzera non è ovviamente un paese perfetto. Ci sono tante cose che non funzionano e se ne potrebbe fare una lista ugualmente lunga (pensiamo ad esempio al salary gap tra uomini e donne, che non stupisce, se pensiamo che qui il diritto di voto alle donne è stato esteso in ogni cantone solo nel 1990), ho amici che hanno preferito viaggiare in Inghilterra, Francia, Spagna e Australia. Dovunque siano andati, a prescindere dai pro e dai contro, tutti mi hanno parlato dello stesso guadagno in ""spensieratezza"" che permette loro di guadare oltre. E forse è da qui che l'Italia potrebbe puntare a ripartire."
Alex


Tornare è difficile, ma non è impossibile
Noi siamo tornati. Dopo 4 anni in Inghilterra e 3 a Berlino a fare ricerca, abbiamo deciso che era il momento di ricominciare da casa nostra, dalle nostre radici. È faticoso, ma non impossibile, e mai come in questo momento questo paese ha bisogno di persone che abbiamo fatto esperienze diverse, con una mentalità aperta ed internazionale, perché si ricominci a guardare le cose da una prospettiva che vuole costruire e non solo demolire o criticare. È difficile, ma si può fare. Aiutateci a farlo!
Valentina

L'edicola

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