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Attualità
maggio, 2020

La folle logica della lottizzazione: l'avvocato dei banchieri ora scala l'Enel. Per conto del M5S

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Michele Crisostomo ha assistito Mps e aveva tra i suoi clienti la Popolare di Bari, commissariata da Bankitalia. Ora è presidente del grande gruppo pubblico in quota Cinque Stelle. Raccomandato da un vecchio amico

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Chi lo conosce bene e ne apprezza le qualità professionali racconta che Michele Crisostomo, avvocato esperto di diritto bancario, sarebbe stato il candidato ideale per il vertice di un istituto di credito. E invece Crisostomo, salentino di Tricase, 47 anni, è approdato all’Enel come presidente al posto di Patrizia Grieco, manager esperta di tecnologia che trasloca con lo stesso incarico al Monte dei Paschi di Siena. È la logica folle della lottizzazione all’italiana. Il legale pugliese, molto apprezzato dai Cinque stelle, sembrava inizialmente destinato alle Poste ed era a lungo circolato il suo nome anche per il board di Tim, partecipata da Cassa Depositi e Prestiti. Un rimpallo dopo l’altro, è infine arrivata la nomina all’Enel, confermata dall’assemblea dei soci di giovedì 14 maggio. La candidatura era sponsorizzata da Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza del Consiglio in quota grillina. Di fatto, però, Crisostomo è entrato nel giro dei papabili grazie ad Antonio Rizzo, chiamato mesi fa da Fraccaro a Palazzo Chigi con l’incarico di “consigliere per le materie economiche”.

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Il nuovo presidente dell’Enel conosce da molto tempo Rizzo, classe 1967, anche lui salentino. Il rapporto tra i due emerge tra l’altro da un vecchio documento d’indagine. L’inchiesta, che risale al 2013, è quella sul porto di Ostia gestita dalla procura di Roma. Le carte danno conto di una conversazione telefonica tra Giulio Tremonti e il suo socio di studio, l’avvocato Dario Romagnoli, intercettato dagli inquirenti per i suoi rapporti d’affari con l’imprenditore Mauro Balini, personaggio centrale nell’indagine. Siamo nel gennaio del 2013 e Tremonti discute con Romagnoli del caso Monte dei Paschi che in quei giorni è sulle prime pagine dei giornali per via delle colossali perdite in bilancio e delle acrobazie contabili su cui indaga la magistratura.

I due interlocutori parlano di una possibile consulenza per la grande banca toscana e l’ex ministro suggerisce un modo per avvicinare i manager dell’istituto di credito. «Lì comunque - dice Tremonti - chi è estremamente dentro e ha tra l’altro la fiducia della procura di Siena è Riolo te lo ricordi? (…) loro sono venuti da me come guru… però sono molto amici di Rizzo e loro hanno in mano tutto per cui sarebbe anche il caso di avvicinarli per il fiscale. Ti pare? (…) Perché tengono per le palle tutti».

Il Riolo citato nella conversazione intercettata è l’avvocato Silvio Riolo, il partner di Crisostomo nello studio legale Rcc che in quei giorni era in effetti di casa al Monte dei Paschi. Rizzo invece, quello che Tremonti definisce amico di Riolo e soci, è proprio lui, Antonio Rizzo, ora collaboratore del sottosegretario Fraccaro anche nella partita delle nomine pubbliche. Intercettazione a parte, la banca senese è uno snodo fondamentale nella vita professionale di entrambi, il presidente dell’Enel di fresca nomina e il consulente della presidenza del Consiglio. Crisostomo, all’epoca in forze allo studio internazionale Clifford Chance, nell’estate del 2008 mise a punto per conto del Monte il contratto derivato denominato Fresh da un miliardo di euro che consentì all’istituto di rispettare i parametri patrimoniali prescritti da Bankitalia per comprare la Banca Antonveneta, operazione che portò Mps sull’orlo del crack. Nel 2009, Crisostomo si mise in proprio insieme a Riolo e a un altro collega, Paolo Calderaro, per fondare lo studio Rcc, specializzato in diritto bancario.

Tempo qualche anno e nel 2012 il contratto Fresh torna a galla in un’inchiesta della magistratura. Nella lista degli indagati per ostacolo alla vigilanza compariva anche il futuro presidente dell’Enel. L’indagine però non è mai arrivata al dibattimento: nell’autunno del 2016 la procura di Milano ha chiesto e ottenuto l’archiviazione del procedimento. Mentre Crisostomo si occupava di Fresh, anche Rizzo frequentava le stanze del Monte dei Paschi come consulente in forze alla Dresdner Bank. Nel 2008 però il manager salentino lascia l’istituto tedesco e deposita in procura a Milano una denuncia contro i suoi capi. La vicenda riemerge nel 2012 quando la procura di Siena, sulla base del racconto di Rizzo, apre un’indagine su quella che le cronache dei giornali all’epoca definirono “la banda del cinque per cento”. E cioè un gruppo di alti dirigenti del Monte, tra cui il capo della finanza Gianluca Baldassarri, che avrebbero intascato un’indebita commissione, appunto, del cinque per cento, sull’ammontare dei contratti derivati stipulati con controparti internazionali. In particolare, secondo la denuncia, Dresdner nel 2007 avrebbe pagato una somma a titolo di intermediazione alla società svizzera Lutifin per un contratto derivato del valore di 120 milioni di euro. La vicenda è stata al centro di due distinti procedimenti penali che si sono entrambi conclusi, l’ultimo a luglio del 2019, con l’assoluzione di tutti gli imputati.

Nel frattempo, lasciata Dresdner bank per un piccolo istituto lombardo, la Bcc di Carate Brianza, Rizzo aveva riscoperto la passione per la politica abbandonata anni prima dopo l’iniziale impegno in gioventù nel Psi nelle correnti dei suoi conterranei Rino Formica e Claudio Signorile. Esordisce nel 2009 con l’Italia dei Valori fondata da Antonio Di Pietro per poi passare, un paio di anni dopo, nelle fila grilline come militante iscritto al meet up di Lodi, dove si era trasferito. Nell’autunno del 2012 esplode il caso Mps e nelle cronache di allora l’ex manager di Dresdner Bank diventa la gola profonda che ha svelato gli affari della banda del 5 per cento. I lettori del Fatto Quotidiano, invece, lo conoscevano già come Superbonus, lo pseudonimo con cui il futuro collaboratore di Palazzo Chigi firmava i suoi commenti in materia economica. Risale a quegli anni anche la frequentazione con Tremonti. Il rapporto però s’interrompe subito dopo le elezioni del 2013 e negli anni seguenti Rizzo si accredita come esperto di finanza con i Cinque Stelle. Il primo incarico ufficiale arriva solo nell’autunno del 2019 quando il sottosegretario Fraccaro lo chiama come consigliere. Tempo qualche mese e si apre la partita delle nomine pubbliche con Crisostomo in cima alla lista dei candidati con targa grillina.

Quando arriva la chiamata per il vertice dell’Enel, l’avvocato salentino stava seguendo l’acquisizione della disastrata Popolare di Bari su incarico del Mediocredito centrale (Mcc), un istituto pubblico. Crisostomo è così tornato a occuparsi di una banca che conosce bene. Fin dal 2013 la famiglia Jacobini, azionista di comando della Popolare di Bari, gli aveva affidato incarichi di consulenza in occasione di molte delicate operazioni, tanto che negli ambienti finanziari più d’uno ha sollevato la questione di un possibile conflitto d’interessi per il legale pugliese, che, di fatto, è stato chiamato da Mcc a valutare anche il proprio lavoro, quello svolto in passato come consulente della Popolare.

«Nessun conflitto», ha tagliato corto Crisostomo con chi gli ha fatto notare la sua singolare posizione. Il rapporto con gli Jacobini si è a suo tempo esaurito in un ambito strettamente professionale, così come il nuovo incarico si spiega con la collaudata esperienza del suo studio. Questa, in sintesi, la posizione del neo presidente dell’Enel, che ha conosciuto bene anche Vincenzo de Bustis, amministratore delegato della Popolare Bari degli Jacobini. Caso vuole che un quarto di secolo fa, proprio alla Banca del Salento diretta da De Bustis, poi comprata dal Monte dei Paschi, cominciò la sua carriera Antonio Rizzo, l’amico grillino di Crisostomo.

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