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Attualità
maggio, 2020

Lo spacciatore sovranista che si lamenta dello sperpero di denaro pubblico

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Il pusher che si lamenta delle troppe volanti arrivate per arrestarlo è il simbolo di un modo di pensare troppo diffuso in questo Paese

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Spacciatore sovranista
Figura esplicativa
Conosco geometri che sono diventati corrieri della droga solo per incontrare Vittorio Brumotti, il ciclo-inviato di Striscia che bazzica le zone dello spaccio finché non lo menano. Gli spacciatori, non le zone. Ma al di là dell’aspetto giudiziario e/o traumatologico, i suoi servizi spesso raccontano il Paese in modo incidentale eppure definitivo. L’altra sera era a Milano ed è stato accerchiato dai soliti tizi che, facilitati dalle mascherine, lo inondavano dei tipici insulti mafiosi: «sbirro», «infame» eccetera. Poi, dopo l’intervento delle forze dell’ordine, il colpo di genio di uno dei tizi dalla bustina facile: «Dieci volanti per noi! Sono soldi pubblici!». Cioè, spiego, il malavitoso colto in flagrante lamentava a gran voce l’esistenza di problemi maggiori e stigmatizzava il dispendio di denaro non suo (difficile pensare che sia un contribuente modello) più o meno come accade in un qualunque programma di prima serata su Rete 4. Un record, apparentemente. Roba da tesi di laurea. Oppure, più semplicemente, l’ovvio paradigma del sovranismo all’italiana. Dove la sovranità in questione si traduce, sostanzialmente, nel fare il proprio comodo e dare la colpa a qualcun altro. E se per caso - non pareva - il tizio fosse stato straniero, beh, ecco, non ditemi più che non si integrano.
Giudizio: HastatoloStato

Basetta bianca
Simbolo di professionalità
Il primo fu Pippo Baudo. Aggredito dalla canizie che prima o poi tutti opprime, decise di impostare la soglia di resistenza al limitar delle gote. Riservò loro il bene del follicolo vetusto ossia, fuor di arzigogolo, tinse la sommità della capoccia e lasciò bianche le basette. Durò dodici secondi. Il passo successivo, complice uno spettacolo teatrale in cui doveva interpretare sé stesso da vecchio (Baudo non invecchierà mai) lo convinse al cedimento, al colore naturale, al tappeto candido laddove fino a poco prima sfolgoravano riflessi di mogano al largo dei bastioni di Orione e allo stretto del riflettore malandrino. Si stancò prestissimo. Al che, visto che Pippo Baudo deve somigliare a Pippo Baudo, tornò l’energico pennellone col cranio colorato eppur credibile, perché Pippo può ogni cosa. Tutta ’sta manfrina per significare a Giuseppe Conte che va bene la favola che si taglia i capelli da solo, va bene la comprensibile vanità del ciuffetto miracoloso a metà tra Padre Pio e Gianni Morandi, va bene che di ’sti tempi pur di non avere Salvini (sempre se Renzi non è passato alla cassa prima che scrivessi) ci terremmo a Palazzo Chigi anche Hannibal Lecter… però, presidente, la basetta innevata no. Decida per un colore, bianco o plafonato che sia, e il Paese gliene sarà grato. E magari pure L’Oréal. Ché ci sarà sempre un dopo, una ricrescita felice da affrontare col sorriso sulle labbra, uno spot da girare, e lo slogan già pronto: “L’Oréal: perché io valevo”.
Giudizio: Non cerchiamo il pelo nell’uomo

Rocco Casalino
Consigliere di Conte
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