Uno strato di fumo copre il cielo di Sacramento, la capitale della California. Arianna ed Ereich, che ci vivono da più di un anno, non hanno visto il sole per una settimana. «Ci siamo trasferiti in questo Stato quasi sette anni fa e sappiamo che a settembre e ottobre, come fosse una ricorrenza, accadrà qualcosa » raccontano dal loro appartamento, dove lavorano in smartworking dall’inizio della pandemia. E qualcosa è accaduto anche quest’anno, perché gli incendi devastano la West Coast da settimane. Come mai prima d’ora.
In tutto i roghi sparsi per la California sono 37. E bruciano contemporaneamente. Per fermarli, più di 17mila pompieri lavorano senza sosta. Secondo i dati registrati dal governo locale, dall’inizio dell’anno il fuoco ha distrutto un’area più grande dello stato del Connecticut. Le vittime sono 34 e 60 mila persone sono state costrette ad abbandonare la propria abitazione. Per ora Arianna e suo marito non sono a rischio evacuazione, ma controllano le comunicazioni che il governo locale pubblica su Twitter ogni giorno: «Noi ci teniamo pronti con valigie e documenti, nel caso in cui la situazione fosse fuori controllo». Non lontano da casa loro, il 17 agosto, una tempesta di migliaia di fulmini ha generato più di 30 incendi, dando vita all’August Complex Fire. Con una furia mai registrata prima, ha bruciato 305 mila ettari: è come se più della metà delle foreste in Piemonte fosse stata ridotta in cenere in pochi giorni. E così August si è guadagnato il primo posto nella classifica dei 20 incendi più grandi nella storia della California.
Non è la prima volta che Arianna ed Ereich assistono a fenomeni del genere: «Nel 2018 l’incendio di Los Angeles, diventato celebre perché distrusse le ville dei personaggi famosi a Malibù. C’era stato molto fumo nell’aria, ma mai come quest’anno» raccontano. L’8 novembre toccò alla cittadina di Paradise, a un’ora di viaggio da Sacramento. Morirono 56 persone, intrappolate in quello che sembrava un paradiso terrestre. Qui, negli anni Settanta, sorsero numerosi impianti per trattare il legno privi di sistemi antisismici o antincendio. Molte abitazioni vennero costruite in zone che avrebbero dovuto rimanere libere per la deforestazione e la costruzione di barriere anti-fiamme. E quando la Pacific Gas and Electric Company - azienda che oggi fornisce gas naturale ed elettricità a due terzi della California settentrionale - posizionò in modo sconsiderato i propri tralicci in mezzo alla foresta, quella divenne una bomba a orologeria. Sulla ricostruzione della città, Ron Howard ha realizzato un documentario, Rebuilding Paradise, con il sostegno di National Geographic. Il primato di rogo più grave di sempre guadagnato l’8 novembre 2018 dal Camp Fire, a Paradise appunto, sembra ora tendere verso August.
«La stagione 2020 è tra le peggiori degli ultimi 50 anni» spiega Davide Ascoli, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli studi di Torino e coordinatore del gruppo incendi Sisef - Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale-. La California è un territorio ricco di vegetazione infiammabile, venti forti e «In uno scenario di surriscaldamento globale, i fenomeni atmosferici si intensificano notevolmente» racconta Ascoli, che ha collaborato a uno studio sulle tecniche di prevenzione degli incendi.
Una si chiama “fuoco prescritto” e funziona così: bruciando la vegetazione più infiammabile in maniera scientifica e pianificata nelle stagioni più umide, si toglie l’innesco al fuoco. «In America hanno formalizzato l’uso dei roghi per mitigare il comportamento di quelli più estremi. Nella sola California ogni anno trattano in questo modo 50mila ettari. Noi, in tutta Europa, 10mila». Il dibattito per capire se e come utilizzare questi metodi nel nostro continente è ancora in corso. Certo è che nei territori intorno a Sacramento hanno escogitato numerosi piani per far fronte a questi fenomeni ogni anno più violenti. «L’innalzamento delle temperature crea maggiore energia nell’aria, di conseguenza le tempeste di fulmini tipiche della zona si rafforzano – spiega Davide Ascoli -. E se prima erano concentrate in certe settimane di luglio e agosto, da anni le troviamo anche a giugno e settembre. Così anche la stagione dei roghi si sta allargando: ora li chiamiamo “incendi non caratteristici” perché escono dalla loro stagione storica. Sono processi naturali, senza alcuna intenzione umana, politica o criminale alle spalle».
Secondo il Presidente americano Donald Trump, di recente a Sacramento per un briefing sugli incendi, le cose si risolveranno perché «Il clima si raffredderà, vedrete». Ed è vero, le temperature si sono abbassate e Arianna lo può confermare: «Da più di una settimana ci sono 25 gradi, prima eravamo intorno ai 40». Sembra un paradosso, ma è questo quello che succede quando gli incendi si moltiplicano. E quando il sole della California rimane coperto per giorni da fumo e cenere.