Il 27 ottobre 1921 nasceva il cronista che, sul Mondo e sull’Espresso, ha fatto della difesa del territorio la sua battaglia. Una lezione che anche la politica ha imparato ad ascoltare

Era il 1953 quando Antonio Cederna salì su un autobus che dal centro di Roma lo avrebbe portato per la prima volta lungo l’Appia Antica. Nei palazzi della politica si era sparsa voce che sull’antica strada simbolo di Roma in tutto il mondo fosse cominciata una colossale lottizzazione, così Cederna - allora cronista del Mondo - volle andare a verificare in prima persona. Salì su un mezzo che dal centro storico lo portò fino al Mausoleo di Cecilia Metella e si trovò di fronte l’impensabile: ville con piscina, pergolati, case dalle strane forme, sorgevano a decine come un tutt’uno con i muri dell’Antica Roma; per accedervi disinvolte gettate di cemento erano state sparse sopra la pavimentazione di basalto con una leggerezza pari alla vita che dietro ai quei cancelli conducevano attori, produttori, diplomatici e anche parlamentari. “I gangster dell’Appia”, li ribattezzò Cederna in un articolo ancora oggi considerato un punto di riferimento indispensabile per chi ha a cuore la tutela del paesaggio e il rispetto dell’ambiente.

 

Sono passati sessantotto anni da quel viaggio in bus, cento dalla nascita di uno degli intellettuali più tenaci e visionari che il nostro Paese abbia conosciuto, e sono moltissime le iniziative che – specialmente a Roma – stanno ricordandone la figura e rilanciandone le battaglie.

 

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Antonio Cederna e le denunce contro il mattone selvaggio: “Il nostro paesaggio sacrificato in nome del consenso”
27/8/2021

A farsene carico in questo mese di ottobre sono stati soprattutto i figli Giulio, Giuseppe e Camilla, che con delicatezza, competenza e dolcezza - affiancati da Italia Nostra e da decine di amici e amiche di Antonio - hanno attualizzato la figura del loro papà sintonizzandola con le vertenze del presente e del futuro.

 

C’è un prima e un dopo, anche per chi si batte nel nostro Paese contro la cementificazione e per la tutela della salute dei nostri territori: la pandemia fa ancora una volta da spartiacque tra ciò che è stato e ciò che auspicabilmente non dovrà mai più essere.

 

Sono innumerevoli gli studi che certificano la connessione tra la diffusione del Covid e l’inquinamento delle città, così come l’impatto della densificazione sulla diffusione del contagio.

 

Contemporaneamente il virus, con la riscoperta - specialmente fra il primo e il secondo lockdown - dell’importanza degli spazi verdi, dell’aria pulita, dei parchi come luoghi di incontro e di relazione salubri e “sicuri”, ha spalancato di fronte agli occhi dell’opinione pubblica la desiderabilità di città sempre più verdi, dove il rapporto tra campagna e cemento veda finalmente la prima prevalere sul secondo, per un diverso modello di sviluppo.

 

Lo scriveva anche Cederna: “L’Appia è un indispensabile serbatoio di aria pura e spazio libero, baluardo per la salute pubblica”. Più di quarant’anni dopo, la cronaca è arrivata a dargli finalmente una inappellabile ragione. E insieme a lei l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ormai promuove il modello delle città “One Ealth” dove l’ecosistema tutto concorra alla salute pubblica, così come gli architetti di ultima generazione che individuano nei “corridoi verdi” non più soltanto dei fondamentali polmoni di biodiversità, ma anche i principali alleati delle città nella lotta ai cambiamenti climatici e al riscaldamento del Pianeta.

 

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“Il sogno di Cederna”, rimasto colpevolmente per troppi decenni uno slogan privo di conseguenze, oggi ha suonato una sveglia che non è più possibile ignorare.

 

Alla Regione Lazio siamo impegnati a colmare questo ritardo ormai da tempo: nel 2018 abbiamo prima approvato il Piano di assetto del Parco dell’Appia Antica e poi ampliato il suo perimetro del 33 per cento, allargando il territorio tutelato dal centro di Roma fino al Divino Amore. Nel 2021 poi, lo scorso agosto, abbiamo fatto ciò che “il sogno” ci indicava, estendendo a nord il perimetro del Parco dei Castelli Romani e così permettendo la congiunzione col parco dell’Appia, dando vita a quel corridoio verde da Caracalla a Monte Cavo che tante volte Antonio Cederna aveva immaginato e descritto.

 

Ventimila ettari di parco in tutto, che non vanno vissuti semplicemente come un museo a cielo aperto, ma come quell’incontro tra paesaggio, storia, natura, archeologia, agricoltura, ambiente, che un tempo durante il Grand Tour attraeva scrittori e artisti da tutto il mondo, e che oggi può e deve diventare il cuore di un nuovo modello di sviluppo per Roma: sostenibile, generativo, rispettoso dell’ambiente e delle persone, attivatore di nuovi lavori, di nuovo welfare e di rinnovate relazioni all’interno della comunità.

 

Se Antonio Cederna salisse di nuovo oggi su quell’autobus, troverebbe innanzitutto un paesaggio culturale in trasformazione, come un viaggio al contrario: allora, la città di cemento che espandendosi si mangiava la campagna. Oggi, un’onda di tutela e valorizzazione che chiede a gran voce di poter godere dell’Appia Antica in tutta la sua potenza e la sua bellezza.

 

Il sogno finalmente diventa realtà, senza però smettere di far sognare.

Oggi, cento anni dopo la sua nascita, possiamo associare un odore alla penna implacabile e mai stanca di Antonio Cederna: i suoi scritti, le sue idee, profumavano e profumano di futuro.

 

* Marta Bonafoni è consigliera della Regione Lazio, eletta nella Lista civica Zingaretti