Il film di Pietro Marcello “Per Lucio” è molto più che il ritratto di un grande cantautore. È una piccola grande meraviglia

Lucio Dalla come una specie di versione pop di Pier Paolo Pasolini. Stessa funzione profetica e civile. Stesso amore per quella cosa che una volta si chiamava popolo (amore, cioè capacità di capirlo e cantarlo). Stessa capacità di gettare il corpo nella mischia. Le canzoni di Dalla come un basso continuo che inquadra e prevede, rimonta e connette, tutti gli snodi decisivi del secondo Novecento, cogliendo anche con assoluta aderenza le zone d’ombra, il sentire comune, il mutare dei corpi, dei miti, delle mentalità.

 

I diversi periodi di Dalla, da bambino allo Zecchino d’oro (immagini impagabili), poi con Roberto Roversi ai testi (ecco il collegamento con Pasolini), quindi da solo ma sempre in stretto contatto con il suo pubblico, come un cantiere a cielo aperto che riflette il percorso antropologico e sociale del nostro Paese in un continuo rimescolarsi di stili anche musicali. Mentre sullo schermo trascorrono guerre e miserie, treni e terrorismo, fierezza operaia e nobiltà contadina, gare automobilistiche e interviste ad Agnelli. “Per Lucio” di Pietro Marcello è molto più che il ritratto di un grande cantautore, amatissimo fin dall’infanzia e interrogato per tutta la vita come un oracolo.


È il coronamento di quel metodo tanto personale quanto produttivo che il regista di “Martin Eden” e “Bella e perduta” porta avanti fin dai suoi primi lavori. È la prova provata che nei nostri archivi audiovisivi si nascondono tesori di intelligenza, informazione e poesia per chi è capace di scovarli, assemblarli e farli - letteralmente - cantare. Infine è la rivincita di un personaggio messo in ombra dal proprio stesso successo, quindi sepolto con tutti gli onori per esser subito dimenticato, ma trattato con sufficienza anche in vita dalla cultura ufficiale (vedere per credere il modo in cui lo guardano Craxi, Strehler, Arbasino e Ronchey in un vecchio dibattito tv sugli euromissili, anche se oggi l’unico a non essere schiavo della propria maschera sembra essere proprio lui). Il tutto guidato e arricchito dai ricordi di due compagni di strada bolognesi come Stefano Bonaga e Tobia alias Umberto Righi, il suo manager, che davanti a un piatto di fettuccine rievocano, riordinano, illuminano, episodi e sensazioni di una vita. Una piccola grande meraviglia. In sala solo tre giorni, dal 5 al 7 luglio. Da non perdere.

 

“PER LUCIO”

di Pietro Marcello
Italia, 77’, in sala dal 5 al 7 luglio

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