«Addio caro Sandro Pertini, amico che non recitavi mai». L’inedito di Giorgio Strehler

Il dolore per la morte del Presidente. Il ricordo della Resistenza. La nostalgia per le visite dopo gli spettacoli. E l’impegno a portare avanti la sua idea di umanità. In un testo del grande regista

La morte di Sandro Pertini suscita in me un dolore che tocca il profondo, perché tocca la memoria di una grande parte della mia vita politica ed artistica. Sandro che tale per noi è sempre stato, anche quando ricopriva la più alta carica dello Stato, rappresentava un’idea del socialismo che mi ha accompagnato dalla prima giovinezza fino ad oggi, ed insieme a questa l’idea di uomo, assai prima che di un politico, l’idea di una Fraternità legata a molte cose di un’esistenza, di una storia diversa ma parallela con punti di incontro continui, con cadenze morali, intransigenze ed anche indignazioni comuni.

 

Nenni da un lato, Lombardi da un altro, sono stati le guide di un mio comportamento, di un modo di intendere la politica che oggi sembra perduto. Pertini è stato, senza volerlo mai, il maestro di una attitudine umana che rendeva il nostro socialismo quasi un’invenzione politica, qualcosa di vibrante, di caldo, qualcosa che bruciava anche di amore, di collera, di impazienza, di umanità e di severità.

 

Sandro sapeva sempre sbagliare con la limpidezza della buona fede e della sua fondamentale saggezza. Una saggezza che talvolta non pareva ad alcuni tale, mai reclinata su se stessa, mai priva di slancio, era capace anche di iperbole ed utopia. Niente c’era di Sandro che fosse diverso da come lui era. Insomma Sandro, per noi, fu l’esempio più chiaro, più toccante di qualcosa che oggi sembra quasi sconosciuto, nella palude di infingimenti, tattiche, giochi di corridoio, compromissioni di cui “la politica” è piena: cioè la sincerità.

 

La gente tante volte si domanda: può un “politico” essere sincero? Può essere se stesso? Può stare “con la gente”, non facendo finta di stare con la gente “perché è democratico”? Può dire delle cose che forse sarebbe meglio non dire? Può dire ciò che pensa senza tradirsi o nascondersi? La gente davanti alle esibizioni di tanti politici astuti che discutono in interminabili tavole rotonde, che svelano, senza svelare niente, misteri orribili di Stato nella “Notte della Repubblica” di Zavoli, queste cose se le domanda. Se le domanda sempre. Non se le domandava mai davanti a Pertini, a Pertini socialista militante, a Pertini Presidente della Repubblica.

 

Anche con noi, quando veniva a teatro, Sandro saliva negli intervalli, nei camerini e salutava gli attori ma senza “convenienze teatrali”: ad uno diceva, «Lei non mi è piaciuto, sa? Gridava troppo alto», ad un altro: «Bravo - o brava - mi sono commosso». A un terzo, me, talvolta: «Non capito bene cosa volevi spiegami». E così via. Fino all’ultimo della Compagnia. Una parola, un giudizio insospettabile, fatto con amore e partecipazione. Ed era sempre così. Non è mancato mai alla sua verità.

 

Sandro non ha mai recitato la sua parte. Io credo che questa capacità di essere se stessi - onesti e coerenti fino all’estremo - nei momenti gravi, nelle decisioni terribili della Resistenza, nei momenti di un passato difficile in cui gli fui qualche modo vicino, siano l’insegnamento più semplice e più alto che un uomo che “lavora nella storia” può dare a coloro che lo circondano. Assai più di teorie e formule intellettuali. Il resto, il resto fa parte di un diario sentimentale privato che non vuole essere oggetto di commento.

 

Il ricordo di Sandro, amico, maestro di qualcosa di più di una politica, maestro di una linea morale ed umana diritta e di una limpidezza quasi irragionevole, mi resta, oggi, come un bene preziosissimo che mi spinge a non cedere allo sconforto, davanti alle miserie di una Repubblica che noi avevamo voluto diversa, del tutto diversa e che con noi, Sandro, non potè vedere. Noi perdiamo, con lui, qualcuno che però ci ha dato forza e intransigenza severa sui principi. Quale perdita, senza rimedio, per tutti coloro, i più giovani, che non hanno potuto ricevere la semplice lezione del profilo di come deve essere un uomo, o almeno come io credo debba essere.

 

Questo testo è un’anteprima da “Lettere agli italiani”, primo volume di una collana del Teatro Piccolo di Milano–Teatro d’Europa (edizioni Il Saggiatore)

 

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