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Politica
ottobre, 2022

Matteo Salvini ha ora in mano miliardi di euro di lavori pubblici. Ma non sarà facile gestirli

Il leghista parla di ponte sullo Stretto, ma gare e cantieri stentano fra inflazione, boom delle materie prime e nuovo codice appalti. Da qui a marzo il Capitano dovrà correre per ottenere i nuovi versamenti del Pnrr

Non potrà cavarsela con la guerra alle Ong che aiutano i migranti in mare e nemmeno con ponti che non si faranno mai. Matteo Salvini, nuovo ministro delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibile, è il primo snodo di quella messa a terra che rilancerà il paese - pardon, la Nazione - grazie ai fondi dell’Europa oppure l’affosserà sotto il peso dell’occasione persa. Del resto, il ministero di Porta Pia è una rosa colossale con spine in proporzione. Il grande sconfitto del 25 settembre deve guardare il bicchiere mezzo pieno anzi, traboccante dei miliardi del Pnrr, che pure è finito sotto la vigilanza del meloniano Raffaele Fitto, ministro degli Affari Europei.

 

Il prossimo appuntamento per incassare la nuova rata di fondi Ue è il 31 marzo 2023. Per quella data Salvini dovrà avere legiferato sull’ennesimo codice degli appalti. La bozza è stata consegnata al governo uscente da Franco Frattini, presidente del Consiglio di Stato, e da Luigi Carbone, ex capo di gabinetto di Giovanni Tria al Mef e responsabile della sezione atti normativi del Cds, in perfetto orario il 20 ottobre. Alcuni elementi del testo sono destinati a suscitare polemiche di oppositori, magistrati e tecnici assortiti.

 

Per correre veloce nonostante guerra e penuria di materie prime, il nuovo codice porterà da tre a due i livelli di progettazione, escludendo la definitiva e conservando solo preliminare ed esecutiva. Tornerà la revisione prezzi in corso d’opera e ci sarà il via libera sui subappalti a cascata, da sempre ingresso preferenziale per le imprese a guida mafiosa.

Le semplificazioni richieste dall’Europa si scontrano con complessità italiche vecchie e nuove. Il mondo degli appalti statali è stato ingolfato di commissari straordinari che hanno accentrato poteri spesso in conflitto con quelli del ministero o del management della maggiore stazione appaltante d’Italia, il gruppo Ferrovie dello Stato. A sua volta Villa Patrizi, sede delle Fs a pochi passi dal Mims, è un ministero nel ministero che ha elaborato un piano industriale decennale 2022-2031 da 190 miliardi di euro di investimenti di cui 50 saranno gestiti dalla controllata Anas, affidata all’ex Rfi Aldo Isi. L’ad del gruppo Luigi Ferraris è in carica da un anno e mezzo e non teme di essere rimosso.

 

Per Salvini, ex studente fuori corso in Scienze Politiche e Lettere, non sarà semplice affrontare il Golem di Porta Pia, paragonabile all’amato e perduto Viminale in quanto a metratura ma forse ancora più impenetrabile negli strati geologici di una tecnostruttura abituata a gestirsi da sé, qualunque politico vincente pretendesse di fare altrimenti. E l’ossequiente funzionario, se scontentato, fa presto a diventare una serpe in seno.

 

In un governo che ha sdoganato i cognati è facile mettere il piede in fallo prima ancora di avere iniziato. La prima grana porta il nome di Tommaso Verdini. Il figlio di Denis, e fratello della compagna del vicepremier leghista, è sotto indagine a Roma con l’ipotesi di corruzione per essersi interessato molto premurosamente della Orte-Mestre di Vito Bonsignore circa un anno fa, quando il numero uno dell’Anas (gruppo Fs) era Massimo Simonini, oggi indagato con Verdini junior e Bonsignore ma sempre in carica come commissario straordinario della statale 106 Jonica (oltre 4 miliardi di euro di interventi), della E78 Grosseto-Fano (oltre 2 miliardi di euro di lavori). A fare da whistleblower è stato un dirigente della stessa Anas.

 

Mentre sono in corso le nomine della nuova squadra, il Capitano ha annunciato che si atterrà al suo metodo. Nella speranza di recuperare crediti batterà i cantieri italiani per sorvegliarne lo stato di persona, magari dopo che gli avranno spiegato la differenza fra un tracciato brownfield e uno greenfield o di che cosa si parla quando si parla di Erms, di Bim e di stralli.

 

Pragmatico per antica abitudine, ha già lanciato i suoi ballons d’essai. No, non la Orte-Mestre, colosso da 9,7 miliardi di euro caduto nell’oblio nonostante sia stato approvato dal Cipe il 10 novembre di otto anni fa, quando a Porta Pia c’era Maurizio Lupi, a palazzo Chigi Matteo Renzi e comandava lo Sblocca Italia, più un augurio che un decreto. Il colpo a effetto per eccellenza è il ponte sullo Stretto. Salvini lo ha inserito fra i suoi obiettivi con il pieno sostegno dei presidenti forzisti di Sicilia e Calabria, Renato Schifani e Roberto Occhiuto. E se il pericolo sismico che incombe sull’area è molto concreto, con i subappalti a cascata si può parlare di certezza assoluta. Non saranno l’Anac e le procure sotto organico a potere fermare le infiltrazioni del crimine organizzato.

 

Ma nei primi giorni di incarico anche un cavallo di battaglia logorato da molte legislature può servire da cortina fumogena. Salvini sa che il suo progetto politico di sfondare al Sud è fallito e che, in ogni caso, è difficile superare le difficoltà di un sistema refrattario ai lavori pubblici. Lo dimostra la vicenda recente dell’autostrada Ragusa-Catania, un altro sogno dell’ex dc brontese con sede a Bruxelles Bonsignore. Dopo che una prima gara è stata rinviata per mancanza di offerte, solo ai primi di ottobre sono arrivati segnali di interesse per un appalto da 1,1 miliardi di euro che è stato revisionato nei prezzi e deve comunque essere chiuso da qui a giugno o si perdono i fondi dell’Europa. Ma fondamentalmente il Mezzogiorno è quasi tutto appaltato al gruppo Ferrovie che da poco ha affidato la gara da 616 milioni di euro in quota Pnrr per la ferrovia Palermo-Catania a un raggruppamento WeBuild (Salini) e Pizzarotti.

 

Per recuperare la base perduta della Padania, passata in massa a Fdi al voto delle politiche, il leader leghista dovrà avere un occhio di riguardo per quanto si muove da Roma in su. Genova non è solo il modello Genova, la procedura accelerata che ha consentito di ricostruire il viadotto Polcevera in poco meno di due anni. La città natale del fedelissimo salviniano Edoardo Rixi, ex viceministro delle infrastrutture con Danilo Toninelli, è interessata da 11 miliardi di euro di opere pubbliche fra gronda, tunnel portuale e la nuova diga offshore appena assegnata a WeBuild e Fincosit contro il raggruppamento Gavio-Caltagirone. Altri 6 miliardi sono impegnati per il terzo valico dell’alta velocità Milano-Genova che avanza dopo l’assoluzione, a fine settembre, degli imputati eccellenti Pietro Salini di WeBuild e Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato.

 

Nord significa Olimpiadi Milano-Cortina 2026, dove le nuove infrastrutture sono a zero a partire dalla statale 36 dello Stelvio, la più pericolosa d’Italia con 9,8 incidenti per chilometro contro una media nazionale dello 0,6/km. I lavori per i giochi invernali si sono persi in un labirinto. Sul fronte degli stakeholder, il comune di Milano guidato da Beppe Sala non fa parte della coalizione vincente del 25 settembre. Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, è leghista pre-salviniano ed è impegnato a respingere gli assalti della sua vice Letizia Brichetto Moratti in vista delle regionali del prossimo marzo. Moratti è stata tentata con il posto di ad della Fondazione Milano Cortina, che doveva toccare al neoministro dello sport Andrea Abodi. Il totale di questi intrighi è che dei 120 milioni di euro per rinnovare i 150 chilometri da Sesto San Giovanni al confine valtellinese con la Svizzera non è stato “messo a terra” un centesimo per la disperazione del presidente del Coni Giovanni Malagò.

 

Anche la Pedemontana lombarda avanza molto adagio fra extracosti a mala pena arginati dai tagli di percorsi. Il traffico regionale su rotaia, affidato al leghista Andrea Gibelli, ad di Ferrovie Nord Milano, è una fonte di problemi assortiti. Non solo ritardi, cancellazioni e scioperi per le aggressioni al personale viaggiante ma, di recente, lo smacco dei nuovi treni Colleoni comprati per 192 milioni dalla svizzera Stadler e rimasti inchiodati sui binari della Brescia-Parma per problemi tecnici.

 

Per fare correre i cantieri, Salvini dovrà anche confrontarsi con un mercato di imprese edili italiane che si è ridotto a pochi player ingorgati di commesse, con WeBuild a fare la parte del leone sopra un gruppo di imprese private: la Vianini lavori di Caltagirone, la parmense Pizzarotti, Itinera di Gavio, l’udinese Rizzani De Eccher, la genovese Fincosit. Quando i Benetton controllavano Autostrade per l’Italia (Aspi) era privata anche la vecchia Pavimental. Sei mesi fa è stata ribattezzata Amplia infrastructures dal nuovo proprietario pubblico Cdp che ha rilevato Aspi insieme ai fondi Macquarie e Blackstone. L’operazione è finita al vaglio della Procura di Roma, più che altro per questioni finanziarie. Ma lavori pubblici e processi sono il vero matrimonio all’italiana. Il Capitano naviga da troppo in politica per non saperlo. Dovrà accettare il rischio.

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