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Attualità
novembre, 2022

Il lusso di pochissimi sta distruggendo l’ambiente di tutti

In Europa, il 50 per cento delle emissioni di CO2 legata all’aviazione è emessa dall’1 per cento della popolazione. Per questo bisogna ripensare al nostro modello: è davvero una scelta privata quella di viaggiare in jet?

La lotta per la giustizia climatica di novembre è stata inaugurata ad Amsterdam con 600 attivisti che hanno occupato l’aeroporto con l’obiettivo di sanzionare i voli dei jet privati. Qualche settimana dopo, lo stesso è successo nell’aeroporto di Milano Linate, da parte di Scientist Rebellion e Ultima Generazione; poi a Roma Ciampino da parte della rete Roma Climate Strike; nel frattempo a Torino, il collettivo “SUVversivə” sgonfiava gli pneumatici di diversi Suv ispirandosi al movimento Tyre Extinguishers. In Francia, nel mese di agosto, diversi attivisti hanno coperto le buche dei campi da golf con il cemento, protestando contro l’esenzione dai divieti idrici, in un momento in cui il Paese affrontava la più grave siccità della storia. Il sanzionamento al lusso, come viene chiamato, è un attacco allo spettacolo mercantile, nelle sue forme più appariscenti. Sono azioni dirette che rigettano l’attesa dell’estinzione e la promessa di uno spettacolo di guerre e di morte. Chiedono di mettere da parte i sogni irrealizzabili di pace sociale e i compromessi fragili in un Paese nel quale ci si prepara all’inverno con un aumento previsto del 70 per cento delle bollette e in cui una persona su quattro è a rischio povertà. Con questo scenario futuro pare che durante le vacanze di Natale toccherà ripassare cosa significa «guerra per le risorse».

 

Per raggiungere la Cop27 sono stati utilizzati 400 jet privati che hanno emesso una quantità di CO2 pari a 15.000 europei in un anno. In Europa, il 50 per cento delle emissioni di CO2 legata all’aviazione è emessa dall’1 per cento della popolazione. Un milionario qualunque decide di fare la tratta Milano-Torino ed emette 1,3 tonnellate di CO2 ovvero quanto inquina in 5 mesi di trasporti un europeo medio. Ci si chiede allora: è davvero una scelta privata quella di viaggiare in jet? È una scelta privata investire miliardi nell’industria del fossile? La definizione di cosa sia un diritto e cosa sia un privilegio va necessariamente ridiscussa: l’acqua e l’aria pulita sono sicuramente un diritto e non un privilegio, ma il consumo di carne? Lo spreco alimentare? Girare in Suv e in yacht? Per capirci meglio, iniziamo allora a scrivere nel seguente modo: jet «privato», scelta «privata», perché di privato c’è ben poco. Ciò che è privato è ormai affar pubblico; è, anzi, come echeggiato a Ciampino, un «mal comune».

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In Italia, con forti legami e assonanze con movimenti oltre confine, si rafforza la narrativa dell’alterità nella giustizia climatica. Si ripassano i confini della colpa e le modalità di assoluzione. Di colpo la nuvola nera del collasso ecosistemico si fa più densa, ne escono forme chiare e precise con volti e stili di vita inaccessibili. L’1 per cento della popolazione mondiale ha reso invivibile il Pianeta Terra e non si ferma qui: perpetra e rafforza feticci di cambiamenti reali, occupa tutto lo spazio mediatico, si arroga il diritto di dare una lezione sul come e sul quando.

 

Nel frattempo, la realtà del collasso climatico non è più da immaginare, è qui. L’abbiamo visto pochi mesi fa con le alluvioni nelle Marche, con lo scioglimento di anno in anno più evidente del ghiacciaio della Marmolada, con il Po in secca. Le soluzioni reali non c’erano ad attutire il colpo: erano assenti le politiche di adattamento e di mitigazione, ovvero le due strategie da adottare, in maniera urgentissima e radicale, per salvare miliardi di vite umane e proteggere gli ecosistemi da cui queste necessariamente dipendono. Un’istituzione che non sa garantire una vita dignitosa a tutte le persone che dipendono da essa non merita di sopravvivere, merita di essere rimessa in discussione, riformata o abolita.

 

Nelle scorse settimane Roma è stata tappezzata di manifesti con la scritta: «Vostro il lusso, nostro il collasso». Che si traduce in: il lusso è un furto al pianeta, alle sue risorse. La privatizzazione e l’accumulo sfrenato di queste ci stanno portando al collasso economico, sociale e politico. Contemporaneamente aumentano le temperature globali, gli eventi estremi, si procede con l’alienante passo di una civiltà morente, in cui ogni singolo è in uno stato di delirio quasi come fosse davvero l’ultimo sopravvissuto. Il prescelto per farcela. È sociologicamente affascinante notare come si identifichino nell’1 per cento uno sproporzionato quantitativo di persone e protettori di status davvero convinte di poter ambire un giorno, tra un uragano e un’inondazione, al Suv e allo yacht sospinti dalla conclamata scalata sociale all’italiana. L’élite, si sa d’altronde, è fatta principalmente di illusi e traditori di classe. Quale sarà il loro ruolo nei prossimi anni è cruciale per capire gli esiti. Se ci sentiamo alla soglia di un’apocalisse, sensatamente inizieremo a fare scorta di cibo in lattina e acqua, tuttavia non c’è accumulazione ordinata e sfrenata che possa davvero salvare il singolo, solo le reti di cura lo faranno, i comitati di quartiere, gli orti urbani e la promessa realizzata della fine della società dei consumi.

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L’attacco alla ricchezza, anzi, l’attacco al lusso, incarna una doppia affermazione: voi non avete saputo redistribuire, mentre loro hanno solo accumulato; noi, allora, procediamo con il sanzionamento. Il gioco delle parti va appunto giocato! In altre parole, non si può né si deve delegare l’impegno, da nessun lato ci si ritrovi ora. Pensare che ogni scontro con il sistema che ci destina al collasso andrà liscio è illusorio e pericoloso: ci sarà una crescente dose di frustrazione, rabbia e, perché no, vendetta. Il «nuovo mondo» si crea ascoltando ed accogliendo il conflitto. Si è chiamati a saper gestire la policrisi che il collasso ecosistemico sta portando e l’Italia, da questo punto di vista, potrebbe fare da leader, attraversando da sempre un qualche tipo di crisi.

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