Levante: «A Sanremo canterò della mia depressione post parto. Un tema ancora tabù»

È il tema al centro della nuova canzone “Vivo” che la cantautrice siciliana, tra i big del Festival, porterà all’Ariston. «È come se il senso di colpa prevalesse sul dolore. Non puoi essere triste perché hai vissuto una gioia»

L’ultima volta a Sanremo, tre anni fa, Levante se la ricorda bene. “Tikibombom”, la canzone che accarezza gli “animali stanchi” della diversità, i freak, gli strani che non seguono il ritmo degli altri, restò per settimane in cima alle classifiche, nonostante il dodicesimo posto al festival. Disco di platino, il singolo festivaliero che ha avuto vita più lunga, in pieno lockdown. Adesso Claudia Lagona, 35 anni, autrice di canzoni e romanzi (il terzo, “E questo cuore non mente”, è uscito nel 2021 per Rizzoli), capelli non più castani ma biondi, torna al Festival in gara tra i big come la sua grande amica Elodie. Porta “Vivo”, «una canzone che parla di un momento buio della mia vita, la crisi post-parto». Alla vigilia dell’uscita del nuovo album “Opera Futura”, il 17 febbraio.

 

Levante, lei è diventata mamma di Alma Futura un anno fa, il 13 febbraio. Non la spaventa parlare di uno stato d’animo così personale?
«Quando ho scritto questo brano, il 4 marzo dell’anno scorso, sapevo che avrei affrontato un argomento molto difficile. Oscillavo tra stati d’animo opposti, desideravo ritrovare un equilibrio nonostante la depressione. Al centro della canzone c’è l’ambizione di riprendere possesso della propria vita, riappropriarsi di mente e corpo, avere la sensazione di poterli ancora amare, sentirsi vivi. Credo di aver raccontato tutto questo con parole semplici».

 

In che modo?
«”Vivo” è un sogno in potenza. Nel testo sembra che io stia vivendo quelle cose, in realtà le sto sognando. Ho scritto questa canzone a tre settimane dal parto, ero nel buio totale. Oggi il tema resta molto delicato, se ne parla in maniera troppo superficiale. È ancora tabù, come se il senso di colpa prevalesse sul dolore. Non puoi essere triste perché hai vissuto una gioia, hai avuto la fortuna di dare la vita. E invece il periodo che segue il parto è molto complicato per noi donne, devi fare i conti con un corpo che non è più tuo. È diventato una casa».

 

Veniamo a Sanremo. Quest’anno è tra i big e pensare che fino all’altroieri un certo mondo indie, di cui lei fa parte, snobbava il palco del Teatro Ariston. Cosa è successo?
«Fino a qualche anno fa Sanremo non era un palco ambito. La direzione artistica ha dato una svolta: oggi finalmente il Festival ha fatto luce su un genere musicale che esiste, riempie i club, fa concerti, ascoltatori e sta anche in classifica. Finalmente Sanremo guarda alla musica indipendente, l’ha messa allo stesso livello dell’Olimpo della musica italiana. È stato un gesto intelligente e quindi oggi tutta quella fetta di artisti che mai avrebbe partecipato è felice di farlo. In realtà, da quando ho esordito, ho tentato di entrare a Sanremo tra i giovani ma non c’è stato verso (ride), qualcuno ha detto “troppo strana”. Tuttora vengo percepita come strana, semplicemente vorrei essere considerata perché ho uno sguardo diverso rispetto ad altri. Ma oggi è bello essere al Festival, insieme a tanti artisti che un tempo non avrebbero mai pensato di poter partecipare».

 

Lei si è sempre schierata contro omofobia e discriminazione di genere. Qualche mese fa, alla viglia delle ultime elezioni politiche, in un post su Instagram ha attaccato Giorgia Meloni (senza mai citarla) e ha menzionato una frase di Elly Schlein, candidata alla segreteria del Pd: “C’è molta differenza tra leadership femminili e leadership femministe”. Di recente Schlein ha confessato di fare il tifo per lei e Elodie a Sanremo. È ancora attuale l’impegno da parte di un cantautore?
«Lo trovo necessario e attuale, ma solo se sincero. Purtroppo oggi si rischia di sembrare retorici o prendere posizione per convenienza. Personalmente non mi sono mai sentita obbligata a parlare di politica o indignarmi per qualcosa. Quando lo faccio scelgo l’approccio da cittadino, da essere umano, come se discorressi delle cose che non vanno con gli amici in salotto. Lo stesso vale per la mia musica».

 

La decisione di tingersi i capelli di biondo ha fatto molto discutere i suoi fan. Perché questo cambio di look?
«Anche la scelta del biondo fa parte del post-parto. Mi vedevo brutta, tuttora non mi vedo chissà che (ride). Dentro di me sono sempre stata bionda, mi sono detta “voglio fare questo colore folle”. Non si capisce che colore ho, lo chiameremo pesca. Tornerò mora, ovviamente, ma mi stupisce come la gente l’abbia presa sul personale. Con le mie sopracciglia nere, i capelli neri, sono stata talmente iconica che le persone si sono sentite tradite. Non resterò a lungo bionda, anche perché la ricrescita è uno “sbattone” totale. Ma è bello cambiare, osare. La vita è una sola».

 

Sono passati dieci anni dal 2013, quando il singolo d’esordio “Alfonso” scala le classifiche, riempie le piazze e diventa un manifesto generazionale. Com’era la Levante di allora?
«Sono stati dieci anni pazzeschi. Per fortuna dimentico tutto quello che ho fatto, ma sono ancora quella ragazza che si sente a disagio alle feste. Probabilmente non mi passerà mai perché sono fatta così, anche se poi mi diverto e quando torno a casa mi dico: “Meno male che ci sono andata”. Sento ancora quel tipo di timidezza, Alfonso fa ancora parte di me. A distanza di dieci anni, amo ancora tantissimo questa canzone».

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