Belle storie
«Sono ciò che sono», la lezione di Giovanna Mezzogiorno e delle altre donne ribelli al body shaming
L’attrice racconta, firmando la regia del corto "Unfitting", di com’è stata penalizzata, derisa e offesa per il suo peso. Perché gli stereotipi legati all'aspetto fisico vincono anche sul talento. Ma crescono le voci di chi disvela un’ipocrisia che non appartiene solo al cinema e alla moda
L’attrice Giovanna Mezzogiorno racconta il dolore provato per essere stata penalizzata e offesa a causa del suo peso aumentato di venti chili dopo la gravidanza gemellare. Lo fa attraverso il corto “Unfitting”, di cui firma la regia, disvelando l’ipocrisia che circonda l’ambiente del cinema e il mondo della moda, ma che può benissimo estendersi a numerosi palcoscenici che ciclicamente fingono di voler essere inclusivi, di fare battaglie contro gli stereotipi e che poi si scoprono spietati e giudicanti.
Il body shaming è un fenomeno discriminatorio nei confronti di corpi non conformi a canoni di bellezza decisi da una società che sembra più artificiale che corrispondente alla realtà. Un fenomeno che si manifesta attraverso le offese, gli attacchi violenti o addirittura con il buio che piomba all’improvviso sul tuo cono di luce.
«Le donne sono state più feroci con me degli uomini, sono stata umiliata e derisa», dice l’attrice interpretando un sentire comune, a cui, però, non tutte hanno avuto o hanno la forza di opporsi. La protagonista del corto è Carolina Crescentini e, attraverso l’umiliazione che subisce, ci racconta anche quella di tante donne che a un certo punto della vita si sono illuse di poter essere loro stesse.
Il primo compromesso che si firma è quello di assecondare un cambiamento, com’è successo a Giovanna: dimagrire e in fretta per mettere a tacere un esercito pronto a farti fuori. Nemmeno il talento basta: nulla può garantire per te e proteggerti dal boicottaggio che gli estranei metteranno in atto contro la tua libertà. Devi essere magra perché quello stato sorregge tutto il resto: la bravura, la resa, gli abiti, i voti sui giornali dopo le passerelle, i ruoli che ti verranno assegnati, i primi piani, i commenti sui social. Un’attrice durante il Festival di Venezia mi disse che si sentiva bullizzata dalla moda e a me sembrò impossibile che non facessero a gara per vestirla. Perché uno stilista dovrebbe rinunciare all’anima dentro la corazza?
Non siamo pronte a reggere il giudizio, salvo rare eccezioni, come le attrici Kasia Smutniak – che parla apertamente della vitiligine e si mostra in diverse occasioni senza coprirla – e Matilda De Angelis, che ha confessato di avere avuto l’acne spingendo altre ragazze «ad accettarsi anche vulnerabili, ad aprirsi alle proprie fragilità». Via via, quindi, stanno aumentando le voci del cambiamento: le testimonianze di attrici, ex modelle e registe che si mostrano senza trucco, con la ricrescita naturale sui capelli per lanciare un messaggio hair positive, con abiti casual nelle occasioni più mondane, come la regista vincitrice agli Oscar 2021, Chloé Zhao, sul palco con le scarpe da ginnastica e le treccine.
Qualcosa sta cambiando e accade quando si ha il coraggio di uscire dalla comfort zone del gradimento a ogni costo. Lo stanno capendo le aziende, alcune influencer e imprenditrici che si occupano del mondo del beauty, ma anche alcuni social che consigliano ai genitori di far eliminare a figli e figlie la visualizzazione dei like per liberarsi dalla pressione del giudizio. Perché «sono ciò che sono» potrebbe essere un nuovo manifesto e, se il personale è politico, allora oggi Giovanna Mezzogiorno ha scritto un pezzettino di storia in più per tutte noi.