Blitz della Lega sugli stipendi ai docenti: più soldi legati al costo della vita
Durante la discussione sul salario minimo, la Lega ha presentato un ordine del giorno che ripresenta la questione della differenziazione degli stipendi tra Nord e Sud. La proposta prevede una “quota variabile” di stipendio per i dipendenti pubblici, in particolare nel settore dell’istruzione, basata sul luogo di attività. L’obiettivo dichiarato è quello di considerare il diverso potere d’acquisto nelle varie regioni d’Italia, ma solleva preoccupazioni per possibili discriminazioni territoriali. Il provvedimento, presentato da Andrea Giaccone, è stato approvato suscitando l'ira dell'opposizione. «Ci risiamo. Non contenti dello spettacolo vergognoso offerto al Paese con l'affossamento del Salario Minimo, la maggioranza ha aggiunto un'ultima ciliegia avvelenata diretta al mondo della scuola pubblica. Con un blitz la Lega ha messo per l'ennesima volta nero su bianco che auspica l'introduzione delle gabbie salariali e che dunque gli insegnanti del Centro Sud secondo loro valgono meno di quelli del Nord e devono ricevere stipendi più bassi. Il governo ha dato l'ok. Lega e Meloni rifilano così l'ennesimo schiaffo alla scuola pubblica e al Sud, dopo il ridimensionamento della rete scolastica e le autonomie. Se davvero Giorgia Meloni seguirà la Lega in questa follia, ci troverà dentro e fuori il Parlamento a difesa della dignità dei docenti italiani e dell'unità del sistema scolastico nazionale. La scuola ha bisogno non di stipendi differenziati ma di stipendi più alti per tutti i prof, per portare l'Italia almeno al livello degli altri stati europei». Hanno commentato in una nota gli esponenti del Movimento 5 Stelle in commissione istruzione alla Camera.
A Pechino vertice tra Xi, Von Der Leyen e Michel
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto che l'Ue è alla ricerca di una relazione «stabile e reciprocamente vantaggiosa» con la Cina, Nelle battute iniziali dell'incontro con il presidente XI Jinping, Michel ha assicurato che «siamo uniti nell'impegno a perseguire una relazione stabile e reciprocamente vantaggiosa con la Cina», aggiungendo che Bruxelles vuole legami basati su «principi di trasparenza, prevedibilità e reciprocità». Le relazioni Cina-Ue «godono di un buon momento di consolidamento e crescita» al servizio degli «interessi di entrambe le parti e delle aspettative dei nostri popoli. Dovremmo lavorare insieme per sostenere lo slancio di crescita delle relazioni bilaterali», ha aggiunto Xi nell'incontro alla Diaoyutai State Guesthouse con von der Leyen e Michel, secondo il testo diffuso dalla diplomazia di Pechino. Il presidente cinese, osservando che «nel mondo si stanno verificando trasformazioni di una portata mai vista in un secolo», ha rimarcato che Cina ed Europa, «due grandi forze che promuovono la multipolarità, due grandi mercati a sostegno della globalizzazione e due grandi civiltà che sostengono la diversità», hanno una relazione che «è essenziale per la pace, la stabilità e la prosperità globale. Spetta ad entrambe le parti fornire maggiore stabilità al mondo, più impulso allo sviluppo, nonché ispirazione e sostegno alla governance globale». Notando che il 2023 ha segnato il ventesimo anniversario del partenariato strategico globale Cina-Ue, Xi ha parlato di «nuovo punto di partenza delle relazioni", che devono «orientarci nella tendenza del mondo, agire con saggezza e senso di responsabilità e sostenere la descrizione appropriata della nostra relazione come partenariato strategico globale". Cina e Ue dovrebbero essere partner «per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa», rafforzare "continuamente la fiducia politica bilaterale, costruire il consenso strategico e cementare i legami di interessi condivisi. Dovremmo - ha concluso Xi - evitare vari tipi di interferenze e intensificare il dialogo e la cooperazione per il bene dei nostri popoli. Dovremmo unire le forze per affrontare le sfide globali e promuovere la stabilità e la prosperità in tutto il mondo».
Haley domina il quarto duello tv: "Basta col caos di Trump"
A 40 giorni dall'inizio delle primarie in Iowa, Nikki Haley si conferma la più temibile e credibile rivale di Donald Trump nel quarto dibattito tv in Alabama tra i candidati presidenziali repubblicani, segnato da scontri e insulti di ogni genere. Assente The Donald, che continua a disertare il confronto, forte del suo ampio vantaggio nei sondaggi, è l'ex ambasciatrice all'Onu a brillare su un palco dove sono rimasti solo in quattro: il governatore della Florida Ron DeSantis, con cui è testa a testa in Iowa ma che stacca nella seconda tappa in New Hampshire, l'ex governatore del New Jersey Chris Christie, l'unico irriducibilmente anti Trump, e l'imprenditore bio tech Vivek Ramaswamy, un outsider paladino ed emulo del tycoon. In quella che ormai sembra ridotta ad una gara per il secondo posto, anche come soluzione in extremis in caso di imprevisti nella corsa di Trump, Haley è diventata fin da subito il principale bersaglio degli attacchi. In particolare da parte di DeSantis e Ramaswamy, che l'hanno accusata di essere finanziata e quindi condizionata dai ricchi donatori di Wall Street. L'imprenditore bio tech l'ha definita «corrotta» (anche alzando un cartello con questa scritta) e «fascista più di Biden", paragonandola in modo sessista ad un «Dick Cheney col rossetto». Ma in cambio ha ricevuto i 'buu' del pubblico, mentre Christie ha preso cavallerescamente le sue difese, innescando uno degli scontri più accesi della serata. «Sei lo sbruffone più odioso d'America, questa è una donna intelligente e di successo, dovresti smetterla di insultarla», ha detto, rimproverandolo di attaccarla a livello personale e non politico. «Fai un favore a tutti, scendi dal palco, goditi un buon pasto e lascia questa gara", ha replicato Ramaswamy alludendo all'obesità del rivale. Christie è stato l'unico ad attaccare frontalmente Trump, accusando i suoi rivali di essere «troppo timidi» nei suoi confronti, di «avere paura di offenderlo», e lo ha paragonato al Lord Voldemort di Harry Potter, l'oscuro signore che non deve essere nominato e che terrorizza il mondo. «Non ha il fegato di venire qui... è un uomo arrabbiato, un dittatore, un bullo inidoneo a fare il presidente", ha denunciato, ammonendo che «sarà condannato e gli elettori non lo voteranno". DeSantis ha provato a criticare Trump per l'età e alcune mancate promesse, ma si è rifiutato di dire se sia idoneo alla presidenza e ha escluso il rischio di una deriva autoritaria. Nel complesso è stato più aggressivo che nei precedenti dibattiti, ma sembra restare troppo legato al controverso modello Florida per l'intero Paese. Ramaswamy invece, dopo il successo del primo dibattito, ha toccato il fondo tra volgarità, teorie cospirative e boutade come «scoraggiare la Cina dall'invasione di Taiwan dando a tutti gli abitanti dell'isola un fucile automatico Ar-15 per difendersi". Haley à rimasta sempre stoicamente calma, respingendo con abilità tutti gli attacchi, anche sulla Cina, e lanciando nel finale una sfida a Trump: «Dobbiamo fermare il caos, ma non è possibile sconfiggere il caos democratico con il caos repubblicano. E questo è ciò che ci dà Donald Trump. Il mio approccio è diverso: niente drammi, niente vendette, niente piagnucolii».
Alleanze alle Europee. Meloni vede Salvini
Non è il momento di alzare troppo i toni. La campagna elettorale è lunga, il sistema elettorale europeo spinge alla competizione tra i partiti, anche quelli alleati, ma bisogna evitare di dare l'immagine di un governo diviso. Soprattutto in momenti delicati come questo fine d'anno, con la trattativa "serrata" (e in salita) sul Patto di Stabilità. Con la grana del Mes che incombe, e che bisognerà inevitabilmente affrontare nelle prossime settimane. Giorgia Meloni vede per un'ora l'alleato Matteo Salvini, che ha animato il dibattito interno alla maggioranza con le sue stilettate contro una certa idea di Europa, contro gli "inciuci" con i socialisti, e anche contro la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Quest'ultima incontrata subito dopo a Palazzo Chigi e con cui affronta, tra l'altro, proprio i dossier caldi in vista del Consiglio europeo di metà dicembre. «I contatti sono continui, l'incontro è andato bene", si limita a dire la maltese lasciando Palazzo Chigi. Ma aveva già chiarito, in tv, di non aver considerato le parole del leader leghista come «una critica personale», rilanciando il messaggio «europeista» e l'appello ad andare alle urne a giugno. Il progetto europeo «è fragile», il pensiero di Metsola, servono «candidati di cui fidarsi" e solo «il centro europeista può dare soluzioni al futuro dell'Ue". Non proprio l'identikit delle forze politiche che fanno parte di Identità e democrazia, il gruppo cui appartiene la Lega all'Eurocamera. Che invece, il punto su cui insiste Salvini, vanno coinvolti per costruire una Europa «diversa", in una chiara alleanza di centrodestra. «Includere, non porre veti" per tagliare le alleanze con i socialisti, scrive anche in una lettera al Corriere della Sera. Proprio da quella lettera, e dalle parole della premier in radio di prima mattina, scatta «l'occasione per fare il punto sulla situazione politica", dicono espressamente da una parte e dall'altra (mentre poche ore dopo rientra la frattura Lega-FdI nella giunta della Provincia di Trento). «Oggi abbiamo una grande occasione, lo scenario che si potrebbe realizzare è quello in cui in Parlamento europeo si riesce a costruire una maggioranza più compatibile a livello di visione" dice Meloni, senza specificare però il perimetro di questa ipotetica nuova alleanza. Perché al momento le posizioni a Bruxelles sono sostanzialmente cristallizzate, con il niet da parte del Ppe a ragionare con le forze anti-sistema di ID, come i tedeschi di Afd e i francesi di Marine Le Pen, tenuti da Popolari e Conservatori a distanza. Diverso potrebbe essere il discorso per la Lega, che in Italia è partito di governo. Ma prima dovrebbe sfilarsi da Id. Anche se è prematuro, dicono in tutti i partiti, immaginare adesso le geometrie che si potranno creare dopo il voto. Si vedrà dal 10 giugno in poi, numeri alla mano. Fermo restando, un pensiero che ricorre nei capannelli in Transatlantico, che nessun Paese del G7, finora, si è mai sfilato dal sostegno al presidente della Commissione europea. Il colloquio, è durato poco più di un'ora, con tanto di misteriosa foto di un caffè, preso di sicuro non a Palazzo Chigi. E, secondo una versione convergente da entrambe le fonti, si sarebbe concentrato soprattutto sull'azione del governo, su cui c'è "piena sintonia", e sull'intenzione di portare a casa «tutti gli obiettivi" della campagna elettorale per "rivincere le elezioni". Il riferimento sarebbe stato alle politiche che si terranno tra 4 anni. Certo, il primo anno «è stato tosto», dice la premier a Rtl 102.5 in una intervista di 20 minuti in cui difende l'operato del governo, dall'intesa con l'Albania alla manovra, e va all'attacco in risposta a tutte le critiche, quelle a Edi Rama perché «aiutare l'Italia non è di sinistra», quelle alla delega che sostituisce la proposta di salario minimo da parte di sindacati che "accettano contratti con poco più di cinque euro all'ora" e quelle sul premierato che non piace «a chi era abituato a fare e disfare i governi nei palazzi, sulla pelle dei cittadini». Fino al passaggio, il più delicato, sul Patto: «Non si può dire sì a una riforma che poi non si può rispettare», è il messaggio che manda mentre Giancarlo Giorgetti sta per partire per Bruxelles.
Conte: "Candidarmi alle europee? Noi non prendiamo in giro elettori"
«No, perché noi ci candidiamo solo solo per i ruoli che intendiamo ricoprire. Non prendiamo in giro gli elettori nel tentativo di aumentare i consensi». Così il leader del M5S, Giuseppe Conte, in un'intervista alla Stampa risponde a una domanda sul una sua eventuale candidatura alle elezioni Europee nel caso dovessero farlo anche Meloni e Schlein. Conte parla anche del fronte comune sul salario minimo, assicurando che «questo seme sta crescendo nel Paese. La stragrande maggioranza degli elettori è favorevole al salario minimo, compresi quelli di centrodestra». Sul lavoro il presidente M5S spiega che «la destra prende in giro il Paese e ne pagherà le conseguenze» mentre in tema di giustizia «la premier sta cercando di asservirla al potere politico» e aggiunge «Sono orgoglioso che le opposizioni abbiano condiviso questa storica battaglia del Movimento: abbiamo piantato il seme dell’alternativa al governo Meloni».
Israele accusa Hamas: lancia razzi da zone umanitarie Gaza
Le Forze di difesa israeliane hanno accusato Hamas di lanciare razzi dalle zone umanitarie di Gaza contro i civili israeliani. "Ieri, alle 15:59, i terroristi di Hamas hanno lanciato 12 razzi contro i civili israeliani nella città di Beersheba, nel sud di Israele. I razzi sono stati lanciati dall'area vicino alle tende dei civili di Gaza evacuati a Rafah, nel sud di Gaza, e nei pressi delle strutture delle Nazioni Unite - secondo le forze di difesa israeliane - . Alle 12:52 di ieri Hamas ha lanciato un razzo dall'interno di una zona umanitaria. Il razzo ha fatto cilecca, mettendo a rischio molti civili di Gaza.
Sparatoria in un campus a Las Vegas
Questa volta il teatro della violenza è la University of Nevada a Las Vegas, la metropoli celebre in tutto il mondo per i suoi casinò e i suoi eccessi ma anche per gli episodi di violenza, superiori alla media nazionale, che hanno avuto il loro tragico picco nel 2017 con una strage ad un festival musicale nella quale sono state uccise 60 persone. In questo ultimo caso, i morti sarebbero "molti", incluso l'assalitore, ma la polizia non ha ancora fornito un bilancio ufficiale. L'allarme nel campus, che dista meno di 3 km dalla Strip e che conta oltre 30 mila studenti, è scattato attorno alle 11.30 ora locale, le 20.30 in Italia, nella Beam Hall, edificio che ospita la facoltà di economia. L'università ha pubblicato un messaggio invitando gli studenti ad evacuare dalla zona, contemporaneamente la polizia ha annunciato in un post su X di essere impegnata a rispondere ad una "Sparatoria nel campus" e che c'erano "molte persone colpite". Dopo circa quaranta minuti, la polizia ha comunicato che "il sospetto era stato individuato ed era morto"un uomo sulla sessantina, ucciso dopo uno scontro a fuoco con la polizia. Lo ha riferito il capo del dipartimento di polizia dell'Università Adam Garcia in una conferenza stampa.
Perù, scarcerato l'ex Presidente Alberto Fujimori
L'ex presidente peruviano Alberto Fujimori, condannato a 25 anni di carcere per reati di lesa umanità, è stato scarcerato oggi dopo che la Corte costituzionale ha approvato una risoluzione favorevole al suo rilascio. Ieri, davanti a questa prospettiva, la Corte interamericana dei diritti umani (Ichr) aveva esortato il governo peruviano a non procedere a detta liberazione finché essa non avesse verificato se l'applicazione di un indulto si applicava al suo tipo di condanna. L'ex capo dello Stato stava scontando 25 anni di carcere essendo stato considerato il mandante di due massacri. L'ex capo dello Stato (1990-2009) ha scontato 16 dei 25 anni di condanna che gli erano stati inflitti per la sua partecipazione come mandante dei reati di omicidio qualificato e lesioni gravi, ai danni delle vittime dei casi Barrios Altos e La Cantuta, reati che sono stati classificati come "crimini contro l'umanità secondo il diritto penale internazionale". Nel 2017 Fujimori riuscì ad ottenere un indulto dall'allora presidente Pedro Pablo Kuczynski, ma l'esecuzione di quella sentenza fu paralizzata da una misura cautelare della Ichr. Ma lo scorso anno, la Corte costituzionale peruviana decise di ripristinare gli effetti di quell'indulto che, dopo varie vicende giudiziarie, è stato oggi applicato.