Perché il tempo non basta mai? Pascal Chabot e la trappola dell’ipertempo

Sopraffatti dagli impegni, stremati dalla velocità, incalzati dal digitale e dalla volontà degli altri. Il saggio “Avere tempo” indaga su come riappropriarci del tempo perduto

Abbiamo tutti fame di tempo. Sovraccarichi di stimoli e di interferenze, con una vita scandita dal ticchettio degli impegni, abbiamo tempo – in quanto vivi - ma le ore non ci bastano mai. Perché viviamo nell’“ipertempo”, spiega il filosofo Pascal Chabot nel suo “saggio di cronosofia” che Treccani ha appena pubblicato (nella traduzione di Sandra Bertolini). Un tempo che è ovunque e da nessuna parte, regolato da strumenti e media per lo più digitali che ripetono impietosamente i minuti, i secondi. E ci condannano all’immediatezza del presente: ciò che è reale è soltanto quello che stiamo vivendo, e che un attimo dopo è svanito per sempre. Senza una visione di progresso, che presuppone una spinta verso il futuro, e neppure di passato, una volta persa l’idea di un fato che radicava, e giustificava, le nostre esperienze.

 

Chabot registra: la quotidiana espropriazione del nostro tempo (“alle 6:00 sveglia, 6:15 doccia, 6:30 caffè, 6:50 auto, 7:00 ingorgo, 7:15 ingorgo e radio, 7:30 scuola, 8:15 radio e ingorgo, 8:30 ufficio, 8:32 discussioni, 8:40 computer, 8:42 email, 8:49 email, 8:50 email, 8:55 9:03, 9:22 email...), sempre più estraneo ai nostri desideri e bisogni e governato da volontà che non sono la nostra. Nota lo scontro tra spinte diverse, tra concezioni incompatibili del tempo stesso, tra nostalgie e speranze. Osserva lo sforzo di ciascuno di noi di adottare la propria clessidra e abitare tempi diversi, di muoversi tra temporalità nelle quali ora rallentare ora accelerare. E, soprattutto, non getta la spugna ma, senza sofisticazioni filosofiche, con un ragionare lucido e accogliente, tratteggia anche una via di fuga: acquistare la consapevolezza che se il tempo ci manca è perché qualcuno ce lo ruba.

 

È in questa coscienza la nostra salvezza: nella scoperta che la forma ideale del tempo è la curva, non la linea retta. E che l’andamento ondulato è proprio quello della vita, degli indugi e dei cambi di rotta nei quali si annidano l’imprevisto, la libertà, la scoperta improvvisa, la gioia. La forma in cui riscoprire l’Occasione, che i Greci chiamavano “kairos”. Uscita dal tempo ordinario per riconoscere, e acciuffare, l’attimo giusto.

 

AVERE TEMPO
Pascal Chabot

Treccani
pp. 172, € 17

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il rebus della Chiesa - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso