Ci mancava solo Chiambretti: ma vogliamo smetterla di sbattere i bambini in tv?

“La tv dei cento e uno” (Canale 5) è l’ennesimo caso di programma con ragazzini fenomeno davanti alle telecamere. Che cantano, ballano e soprattutto scimmiottano gli adulti. Poi dicono che il problema sono le Famiglie Arcobaleno

C’è una cosa di cui davvero i nostri bambini non hanno bisogno: andare in televisione. Eppure accade, come una sorta di esigenza ciclica che afferra per la gola santi, poeti e autori che a un certo punto decidono che è giunto quel momento in cui i piccoletti devono essere sbattuti in modo più o meno malo davanti a microfoni e telecamere. Poi certo, in alcuni casi il risultato può avere una vaga gradevolezza, in altri decisamente meno. Ma sempre e comunque, al bambino un gran servizio davvero non si fa.

L’ultimo caso è quello che segna il ritorno di Piero Chiambretti, l’ex piccolo genio che spettinò la tv dei tempi andati per poi adagiarsi sul triste trono della “Repubblica delle donne”. Ecco proprio lui, il magnifico “Portalettere” della gloriosa Rai Tre anni ‘90, è sbarcato niente meno che in prima serata su Canale 5 con un’operazione ai limiti del discutibile.

Una masnada di ragazzini in giacca e cravatta riempie i banchi coi sorrisi sdentati e la scaltrezza di chi ha amaramente già capito l’importanza della lucina rossa. C’è chi canta, chi suona, chi sa far di conto per l’esibizione nel piccolo circo. E già col titolo, “La tv dei 100 e uno”, vengono subito in mente i cuccioli di Dalmata senza neppure uno straccio della simpatia di Crudelia Demon.

Selezionati con cura diabolica, si sottopongono a un’estenuante maratona a favor di adulti, per far vedere quanto siano sagaci e soprattutto privi di una qualsivoglia caratteristica degna della loro età. «Basta giocare con gli smartphone in macchina, è molto meglio leggere un buon libro», dice con verosimiglianza lunare un piccolo marziano. Perché i bambini in tv, si sa, devono essere speciali per bene apparire, un po’ come la disabilità, che senza super poteri è meglio non farla vedere.

Così si alternano performance dove mostrano di conoscere i Pink Floyd, di saper suonare Mozart, cantare i tipici pezzi amati dai sei ai nove anni, come il dolore di Amy Winehouse, o ancor meglio di essere in grado di sgambettare sui banchi come Veline. Il tutto condito sino a tarda sera dal contrappunto dei cosiddetti grandi ospiti, che non si trattengono dal fare battute dagli eleganti doppi sensi («sono velocissimo ma mia moglie non è contenta») neanche si trovassero di fronte a una platea di bambole senza casa.

Alla fine, mentre i titoli di coda sbirciano dietro le quinte con fiumi di lacca spruzzati sulle acconciature delle piccole modelle, viene da chiedersi perché ancora si consideri un pericolo per i bambini avere due genitori dello stesso sesso. Quando il vero problema sono quelli che li sbattono nei palinsesti. Tradizionali, ovviamente.

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“Benedetta Primavera” (Rai Uno) regala quel tocco di nostalgia dei tempi d’oro della tv. E Loretta Goggi è capace di intenerire come poche altre primedonne nella storia nel varietà. Così dopo una prima puntata con qualche scricchiolio ha deciso di ingranare la marcia e guardare tutti dall’alto. Bene brava bis.

Sono tornati su Rai Uno i pupazzi del Cantante mascherato. Ovvero, il programma che sembra la versione fallata di “Ballando con le stelle”. Ma una buona notizia a cercarla si trova sempre: il sabato sera, un programma pieno di puzzole giganti, ippopotami canterini e una tal Rossella Erra, lo guardano davvero in pochi.

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