«Ambra Angiolini ha ragione: provocano noi donne sulle vocali, e poi ci ignorano sui numeri»

La distrazione di massa del monologo della conduttrice sul palco del Primo Maggio è l’arma impugnata da chi di quella desinenza (Avvocata, Architetta) non sa che farsene. E che alle donne nega senza fatica quel 20 per cento di retribuzione

Le parole sono importanti, ce l’ha insegnato Nanni Moretti, e lo abbiamo imparato sulla nostra pelle, giorno dopo giorno. Sì, le parole sono importanti. Ma alla fine le azioni lo sono almeno altrettanto. E purtroppo, accade spesso, l’attenzione riservata a quelle parole appunto importanti rischia di fagocitare tutte le altre attenzioni, come un aspirapolvere alla massima potenza che porta via tutto, dai riccioli di polvere di Stephen King al senso profondo delle battaglie di cui quelle parole dovrebbero essere il vestito.

 

Così è successo che incautamente Ambra, conduttrice del concertone del Primo Maggio, si sia lasciata andare a un monologo sul lavoro delle donne che anziché far sobbalzare gli astanti per il suo contenuto ha fatto indignare per la riflessione sul linguaggio.

 

Non è che stiamo sbagliando battaglia? Ha detto Ambra dal palco di San Giovanni «Negli ultimi tempi ci stiamo infatti accapigliando se una donna viene chiamata direttore d'orchestra o direttrice, avvocato o avvocata, come se il cambiamento (culturale e sociale) passasse solo da una qualifica. Tutte queste vocali in fondo alle parole sono, saranno armi di distrazione di massa?».

 

E qui la questione comincia a farsi seria. Perché ciascuna donna pretende a ragione la desinenza corretta, ci mancherebbe. E non è certo una concessione, si chiama molto semplicemente lingua italiana. Ma il problema su cui riflettere, scatenato dalla provocazione di Ambra è un altro. La distrazione di massa intravista da Ambra è l’arma impugnata da chi di quella desinenza non sa che farsene, è il punteruolo di chi i diritti delle donne li vede come una fase accessoria, un bigodino su una testa arruffata. E protesta contro queste “fissazioni al femminile” ben sapendo che la reazione (sacrosanta) arriverà puntuale. E a questo punto certo sì che ci si distrae. Se Meloni chiede di farsi chiamare Il Presidente è perché così è certa che per giorni si dibatterà su questa inezia, e non sul fatto che La presidente sino a oggi ai diritti delle donne non ha dedicato neppure una virgola. Si perdono di vista i fatti appunto e i fatti sono «che una donna su cinque non lavora dopo un figlio, che guadagna un quinto in meno di un uomo che copre la stessa posizione».

 

Certo, quando Ambra chiude il suo monologo proponendo lo scambio, « riprendetevi le vocali in fondo alle parole, ma ridateci il 20 per cento di retribuzione» fa un certo effetto. Nessuna donna vuole uno scambio perché non si cede un diritto in cambio di un altro. I diritti sono tali proprio perché sono per tutti. Ma fa ancora più strano che non si sia scatenato un putiferio su quel 20 per cento, che non è una parola, è un numero ma fa male da morire. Perché è vero che senza le parole non siamo, come ha scritto giustamente Loredana Lipperini su La Stampa. Ma la polemica è sempre portata avanti da chi pensa che uno stipendio ridotto solo a causa del nostro sesso non sia un tema. Tanto alla fine, meglio farci scaldare sulle vocali, così sulle consonanti in busta paga si può prendere tempo.

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