Prologo: la famiglia. Il padre è un celebre compositore curdo perseguitato dalle milizie dell’ayatollah Khomeini, che irrompono durante un concerto e fanno strage (prima scena efferata a sorpresa). La madre un’intrepida combattente torturata (altro momento di insistita crudeltà).
Lui nasce in una grotta piena di pipistrelli (qui invece siamo in pieno fumetto) e cresce con la madre in prigione. Prima di ritrovarsi con tutta la famiglia a Parigi (sì sì, è Parigi, si vede pure la Torre Eiffel) e poi a Bonn, «la città ideale per un musicista». Solo che mentre quel padre compositore e sottaniere cerca di trasmettergli i suoi doni, lui preferisce fare il duro coi ragazzini del quartiere, duplicare e smerciare cassette porno con un coetaneo palestinese. Poi mettersi in affari più lucrosi, droga e rapine, dopo aver imparato tutti i colpi proibiti da un pugile mediorientale ed essersi guadagnato - pestandoli - il “rispetto” degli altri figli di immigrati.
Ormai lo sappiamo. La formula “tratto da una storia vera”, spesso autorizza gli artifici più disinvolti. Trucchi, retorica, effettini, effettacci, ma soprattutto salti di tono, perché quando non si sa a che santo votarsi basta shakerare i generi, come nelle ricette dei sedicenti locali gourmet. Peccato che lo spettatore si chieda che cosa volesse fare Fatih Akin (il regista turco-tedesco de “La sposa turca” e del memorabile “Soul Kitchen”) con questo “Rheingold”, buon successo in patria, ma solo in patria per ora.
Un gangster-film alla Scorsese? Macché, manca completamente un punto di vista morale. Una disinvolta black comedy su un criminale non proprio simpaticissimo che però ama fin da bambino la vicina palestinese, e tra un colpo e l’altro chiama sempre la mamma? Un racconto picaresco annaffiato di cinismo per ricordarci quanto può essere dolorosa e paradossale, per un figlio di immigrati, la via per il successo e la redenzione?
Tratto dall’autobiografia bestseller e già molto romanzata di un rapper curdo-tedesco di nome Giwar Hajabi, in arte Xatar, cioè il Temibile, girato con lo stesso Xatar sempre sul set in veste di consulente speciale, “Rheingold”, che poi sarebbe il wagneriano Oro del Reno, ci ricorda cosa può diventare il cinema europeo se anziché costruire opportunità per i migliori, mette il loro talento al servizio di formule di successo.
Qua e là echeggia qualcosa del miglior Akin: l’ironia tagliente, i tanti coloriti brutti ceffi, quel vecchio “Zio” spietato che tiene in pugno Amsterdam. Ma il pulp, la “storia vera” e la “success story” non vanno d’accordo. Da qualche parte brilla davvero l’Oro del Reno. Ma le ineffabili ninfe sono diventate banali sirenette.
Rheingold
di Fatih Akin
Germania-Olanda-Marocco-Messico-Italia, 140’
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AZIONE!
Simone Massi a Venezia. Tra i titoli di Orizzonti c’è anche “Invelle”, primo attesissimo “lungo” del grande animatore, 40.000 fotogrammi disegnati a mano con le voci di Baliani, Celestini, Cuticchio, Lo Cascio, Servillo, Timi, Giovanna Marini e molti altri per una storia contadina che salta su e giù per il ‘900. Non vediamo l’ora
E STOP
Terrence Malick? Con calma. Al montaggio dal 2019, “The Way of the Wind”, nuovo film “evangelico” dell’autore di “The New World”, sarà pronto (forse) per Cannes 2024. Il cast ovviamente è stellare. Più che il San Pietro di Mathias Schoenaerts, noi aspettiamo il Satana di Mark Rylance. Sempre che Malick non li tagli al montaggio.