Il ministero degli Esteri si espone per difendere i due funzionari dell'agenzia Onu accusati di omicidio colposo, omesse cautele e falso in riferimento alla morte dell'ambasciatore italiano. E, dopo la decisione del governo di non costituirsi parte civile, si tratta di un'altra pesante pietra sul processo che spiana la strada per l'archiviazione

«Esiste una prassi per cui ogni organismo è chiamato a depositare presso i governi esteri una lista di funzionari per i quali viene richiesta l’immunità. Una pratica che non sempre viene svolta, come nel caso di Rocco Leone, ed è quindi consuetudine internazionale riconoscere l’immunità a tutti i funzionari delle organizzazioni internazionali legate alle Nazioni Unite». Con questa testimonianza, che conferma quanto anticipato da L’Espresso, il Capo servizio per gli affari giuridici, il contenzioso diplomatico e i trattati del ministero degli Esteri, Stefano Zanini, ha risposto alla questione dell'immunità posta con una eccezione dall’avvocato Bruno Andó, difensore di Leone, uno dei due funzionari del World food programme accusati di omicidio colposo, di omesse cautele e falso nel procedimento per l’uccisione dell’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere che gli faceva da scorte, Vittorio Iacovacci.  

 

Dopo la mancata costituzione del governo come parte civile, anche la Farnesina sceglie di “tutelare” l’agenzia Onu, avvalorando la tesi della sussistenza dei”privilegi diplomatici” contestati dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco e dalla sostituta Gianfederica Dito che avevano chiesto il rinvio a giudizio per Leone e Mansour Rwagaza, la cui posizione è stata però stralciata (ndr separata dal procedimento principale) in quanto “irreperibile”.

 

L'accusa, che ha chiesto di non acquisire le memorie dei due testi depositate nell’udienza del 24 gennaio - Zanini era accompagnato dalla collega Angela Savastano del servizio diplomatico - ha ribadito che non esistono precedenti giuridici che possano far valere una qualsivoglia “prassi consolidata" per questo caso e dunque dovrebbe far testo la convenzione tra ministero e Wfp, che prevede la comunicazione delle liste dei nominativi dei propri dipendenti per poter accedere all’immunità.  Ma tali “comunicazioni”, secondo quanto evidenziato dai rappresentanti della Farnesina, sarebbero di natura "dichiarativa e non costitutiva dell'immunità funzionale" e che la "consuetudine internazionale" è di riconoscere i privilegi diplomatici a tutti i funzionari delle organizzazioni internazionali legate alle Nazioni Unite. 

 

La Procura contesta su tutta la linea la lettura fornita dal Ministero sostenendo tra l’altro che "i due funzionari della Farnesina, in quanto testimoni, non avrebbero dovuto depositare delle memorie, bensì limitarsi a rispondere a delle domande". Il giudice dell’udienza preliminare, Marisa Mosetti, ha deciso di acquisire i documenti escludendo le parti valutative e ha rinviato l’udienza al 13 febbraio, riservandosi di utilizzare il testi per elaborare ed esprimere la sua valutazione sull’immunità. Nonostante l’ennesimo rinvio, quest’ultima udienza segna un passaggio fondamentale

 

A quasi tre anni dal triplice omicidio del 22 febbraio del 2021 in Congo - con Attanasio e Iacovacci fu ucciso anche l’autista del Wfp Mustapha Milambo - per la prima volta il ministero degli Esteri, che fino a oggi non aveva mai manifestato una posizione chiara, ha espresso un parere ”pesante” sulla richiesta di immunità da parte degli imputati e del Wfp. Un parere che di fatto spiana la strada all’archiviazione del procedimento chiudendo alla possibilità di un giusto e regolare processo sull’agguato costato la vita Attanasio, Iacovacci e Milambo.