«Se l’Ucraina perde questa guerra, allora che cosa succederà all’Europa?». Se lo chiede ad alta voce il filosofo e scrittore ucraino Volodymyr Yermolenko, durante una lezione all'Ukraine crisis media center, nel centro di Kiev, a pochi metri da quella Piazza Indipendenza che tutti conoscono come piazza Maidan, cuore delle proteste che ha portato alla "Rivoluzione della dignità", in cui gli ucraini hanno manifestato per rimanere una nazione indipendente dalla Russia e più vicina ai valori occidentali. Sulla scia di quelle manifestazioni, a marzo 2014 è nata l’organizzazione non-governativa Ukraine crisis media center. All'interno della sua sede, al centro di una grande aula, Yermolenko, tra i filosofi contemporanei più noti dell’Ucraina, spiega come la guerra tra Russia e Ucraina non possa essere vista né come una questione di territori - «la Russia non ne ha bisogno» ,- né geopolitica - «altrimenti Putin avrebbe reagito all’espansione della Nato in Finlandia». Ma come uno battaglia culturale: uno scontro di valori che in questo momento si sta giocando sulla pelle degli ucraini. Una battaglia tra visioni opposte del mondo: tra democrazia e autocrazia. «Quello che dobbiamo chiederci è chi vincerà. È certo che come ucraino tengo alla sopravvivenza del mio Paese, ma se mi allontano e osservo quello che sta succedendo da fuori, vedo che l’esito del conflitto ha conseguenze ben più ampie. Si tratta di uno scontro tra due opposte concezioni del potere e della comunità».
Per Yermolenko la Russia è un impero: una società in cui il potere dall’alto investe la popolazione priva di libertà. Anche gli oligarchi non riescono a influenzare la politica perché dipendono da Putin: «Per sua stessa essenza, un territorio così organizzato ha bisogno di espandersi, per fare in modo che i disordini interni si spostino fuori, con l’obiettivo di dominare. Al contrario degli imperi coloniali europei che puntavano a conquistare territori lontani e “diversi”, la Russia desidera annettere tutto ciò che è simile. Come la Bielorussia o l’Ucraina. “Sei simile a noi? Allora sei noi”, sostiene Putin».
Ma l’Ucraina non è la Russia. Come ci tiene a sottolineare il filosofo, avere elementi comuni nel linguaggio e nella cultura non significa essere la stessa cosa. Tratti che distinguono l’Ucraina come nazione indipendente sarebbero individuabili già nel nella società cosacca del Seicento, una comunità di guerrieri che odiava la tirannia: «L’Ucraina è una società orizzontale, fatta di comunità. Che fatica a dare fiducia a un solo leader, in cui la politica prende forma durante la vita di tutti i giorni, tra le persone». Proprio per questa opposta organizzazione interna, il conflitto russo-ucraino sarebbe più uno scontro di valori che una guerra di territori. «All’inizio ero certo che la democrazia fosse più forte. Perché è in grado di mobilitare le persone, renderle consapevoli della propria soggettività e delle responsabilità di cui ognuno deve farsi carico. Ma poi mi sono reso contro che anche l’autocrazia è capace di muovere le masse. Con la violenza. Così l’esito del conflitto non è più scontato».
A preoccupare Yermolenko c’è anche la visibile stanchezza degli occidentali. Visti i tempi lunghi di cui sia Usa che Unione Europea hanno avuto bisogno per approvare i pacchetti di aiuti per l’Ucraina. «Temiamo di restare soli. Di rimanere senza assistenza. Non è una paura teorica ma un timore reale. Ogni sera vado a letto con questo pensiero perché per noi ogni ritardo nella fornitura di armi significa vite perse. È un legame diretto. Siamo molto grati per il sostegno che stiamo ricevendo, senza gli aiuti la nostra economia sarebbe crollata. Ma quello che non sentiamo da parte dell’Occidente, è la consapevolezza che questa guerra non è solo ucraina. É di tutto il mondo che crede nella legittimità della legge, nei diritti umani».
Secondo Yermolenko è difficile immaginare che Stati europei, per di più distanti dalla Russia, come Spagna o Portogallo dovranno mai temere un’invasione da parte dei russi. «Ma il punto è quali sistema di valori avrà più energia, si sentirà più forte nei prossimi decenni? L’autocrazia o la democrazia? È una domanda a cui oggi è urgente rispondere visto che negli ultimi anni anche le democrazie più sane mostrano segni di decadimento e crisi. Siamo nel momento in cui due visioni del mondo sono a confronto. Quale vogliamo che prenda piede?».