Il ministro-cognato ha occupato tutti i posti possibili nel suo ministero con ottantatré persone nel proprio staff. Ma non sono i soli posti di sottopotere che ha riservato a chi ruota intorno a Fratelli d'Italia

L’opposizione protesta da mesi, e le prossime elezioni regionali in Basilicata fanno presagire scintille. E ci sta. Ma dire che l’Eipli non fosse un problema sarebbe scorretto. Correva l’anno 1979. Era il 31 agosto: in Sardegna Fabrizio De André e Dori Ghezzi erano stati appena rapiti, qualche settimana prima i sicari di Michele Sindona avevano assassinato a Milano Giorgio Ambrosoli e presidente della Camera era stata nominata Nilde Iotti. Quel giorno il ministro dell’Agricoltura Giovanni Marcora del primo governo di Francesco Cossiga firmava il decreto di commissariamento dell’Ente per l’Irrigazione in Puglia, Basilicata e Irpinia. Già all’epoca era un problema che andava risolto. Ma come sempre capita in questo Paese, la soluzione di un problema è rimandare la soluzione. Da allora lì si sono alternati 19 commissari. Gli ultimi 6 con il mandato di liquidare il carrozzone, dato che il primo provvedimento del governo tecnico di Mario Monti, nel dicembre 2011, ne decreta la soppressione. Mai però eseguita. Come erano già cadute nel vuoto l’ipotesi di privatizzazione al tempo del primo governo di Romano Prodi, l’idea di trasformazione in società per azioni, e la decisione già presa di trasferire l’Eipli all’Enel. L’ente che gestisce gli invasi al Sud ha continuato così, per decenni, a sopravvivere in modalità colabrodo. Con perdite idriche ed economiche di tutto rispetto. Collezionando episodi degni di certi luoghi comuni, come quello di un operaio incredibilmente nominato capo di Gabinetto seduta stante, dopo l’assunzione.

 

Dopo 45 anni è giustamente arrivato il momento di dire basta. Ma è come quel problema è stato affrontato che rischia di essere un nuovo problema. Parliamo dell’ultima perla del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che oltre alla sovranità alimentare ha voluto così rivendicare la sovranità idrica. Un anno fa mette a capo dell’Eipli l’ennesimo commissario. Che però non è il solito tecnico, bensì un avvocato targato Fratelli d’Italia: è il coordinatore del partito a Bari. Si chiama Luigi Giuseppe Decollanz e gli viene affidato il compito di chiudere tutto. Finalmente, direte. Ma è per finta. Dalle ceneri dell’Eipli sboccia infatti, il primo gennaio 2024, l’ennesima società per azioni pubblica: proprietario è il Tesoro. Un modo come un altro per mantenere in vita la baracca con i suoi 129 dipendenti. Con la non trascurabile differenza che il controllo passa ora ai partiti attualmente al potere.

 

Acque del Sud spa, questo il suo nome, ha un Consiglio di amministrazione di sette persone. Perché così numeroso si spiega con la fame di poltrone. Il presidente è ovviamente Decollanz, il capo di Fratelli d’Italia a Bari. Nel Consiglio si è dovuto trovare posto per Anna Rita Tadeo, ex parlamentare della Lega di Matteo Salvini non rieletta e solo parzialmente risarcita con un posticino nel cda di Fs security, società del gruppo Ferrovie dello Stato. Ma serviva anche uno strapuntino per Crescenzio Rivellini, detto Enzo: europarlamentare di Forza Italia nel 2009 poi trombato nel 2014, e ri-trombato alla Politiche del 2018 con Fratelli d’Italia, e ri-ri-trombato anche alle Regionali della Campania nel 2020. E ci voleva una seggiola per Marco Renzi, vicesindaco del Comune di Ascrea, 212 abitanti nel Reatino, avvistato al dipartimento della Gioventù di Giorgia Meloni nel tempo che fu, oggi capo della segreteria di Lollobrigida. Una pure per Antonio Palmisano, direttore generale della struttura di missione del Pnrr del ministro FdI Raffaele Fitto. Un’altra per Claudia Stella Dastice da Sesto San Giovanni, nominata con la leghista Tadeo dal ministro dell’Economia leghista Giancarlo Giorgetti. E l’ultima per la commercialista Carmen Salvia, indicata da Lollobrigida.

 

In Basilicata l’opposizione è furente perché la Regione non avrebbe più alcuna influenza sulla gestione degli invasi. Ma quello sembra il problema minore: non è che la gestione regionale delle acque sia mai risultata così brillante. Assai più preoccupante è invece l’approccio della politica. Che considera la cosa pubblica come cosa propria.

 

L’avvocato e coordinatore di Fratelli d’Italia a Bari, Luigi Giuseppe Decollanz

 

Ma nessuna sorpresa. È lo stile attualmente in voga, che ha interpreti sopraffini. Come Lollobrigida. Il cognato di Giorgia Meloni ha trasformato il ministero in un avamposto del suo partito. A capo dell’Ismea, l’Istituto per i servizi al mercato agricolo, ha piazzato Livio Proietti: ex segretario provinciale missino, ex deputato di An e fra i fondatori della Destra con Francesco Storace. È di Tivoli come lui. Mentre il suo vicecapo del Legislativo Filippo Maria Troiano a Tivoli ha fatto il magistrato per 12 anni. Al vertice dell’Agea, che distribuisce i miliardi dei contributi pubblici agli agricoltori, ha collocato Fabio Vitale, ex macchinista delle Ferrovie, ex dirigente dell’Inps in quota Uil, candidato alle Politiche del 2008 con l’Udc, ora evidentemente folgorato su via della Scrofa (dov’è il quartier generale meloniano a Roma). Nel Consiglio di amministrazione di Agri-cat, la società costituita per fronteggiare i disastri, c’è Massimo Tabacchiera, manager stimatissimo dall’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che l’aveva anche nominato presidente dell’Atac. Con lui, unica concessione all’alleato Salvini, l’ex parlamentare leghista Lorenzo Viviani, trombato alle ultime Politiche. Alla presidenza del centro ricerche Creac’è invece un professore. Andrea Rocchi è il direttore di Impresapiens, creatura di Fabrizio D’Ascenzo che gestiva l’iniziativa Campus Mentis ideata da Giorgia Meloni ministra della Gioventù. Grazie alla spinta decisiva di Lollobrigida, D’Ascenzo ora è presidente dell’Inail. Il suo successore Rocchi, invece, ha avuto la presidenza del Crea.

 

La segreteria tecnica di Lollobrigida al ministero è affidata a Sergio Marchi, già collaboratore di Adolfo Urso al Copasir e consigliere della fondazione ex finiana Farefuturo. Il consigliere diplomatico Cesare Morbelli è stato collaboratore del ministro per gli Italiani nel mondo Mirko Tremaglia. La responsabile del cerimoniale Anna Maria Nastri, ex manager di Publitalia ’80, è stata a capo dei progetti di business della Lazio del senatore di Forza Italia Claudio Lotito. La portavoce Barbara Catizzone ha trascorso un paio d’anni con Alemanno al ministero dell’Agricoltura, mentre il capo ufficio stampa Paolo Fabrizio Signorelli ha coadiuvato il candidato della destra alle Comunali di Roma Enrico Michettie il capogruppo di Fratelli d’Italia Tommaso Foti. Il quale ha criticato violentemente Repubblica quando quel giornale ha ricordato che è il nipote dell’ex esponente di Ordine Nuovo e dell’estremismo neofascista Paolo Signorelli.

 

Anche il nuovo capo di Gabinetto, Raffaele Borriello, ha lavorato con amministrazioni di destra. Sia al ministero sia al Comune di Roma, con Alemanno. Ma alla luce della profonda sintonia fra Lollobrigida e Coldiretti è decisamente più significativa la sua provenienza da quella organizzazione, di cui è stato capo del Legislativo e delle relazioni istituzionali fino al momento di essere ingaggiato dalla Sovranità alimentare. Trovandosi a capo di un ministero mai in precedenza tanto influente. I dipendenti sono arrivati alla rispettabile cifra di 1.912,264 in più rispetto a quanti erano nel 2020. E a questi si devono aggiungere i 2.461 dipendenti degli enti controllati. Nell’ultima finanziaria Lollobrigida non ha avuto alcuna difficoltà a ottenere 40 nuove assunzioni all’Agea, né a farsi aumentare di 2 milioni l’anno la dotazione finanziaria per retribuire il suo staff. Cioè i cosiddetti uffici di diretta collaborazione. Che occupano un esercito di 83 persone.