Politica
A Roma c'è il "derby" sulla gestazione per altri: simbolo di una politica che non riesce a dialogare
Nella Capitale nelle stesse ore, a pochi chilometri di distanza, due conferenze internazionali per discutere dello stesso argomento. Ma da una parte c'è la destra contraria alla pratica, dall'altro la sinistra che chiede tutele. In un confronto che alla fine non arricchirà nessuno
Le conferenze simultanee e nemiche, le urla in Parlamento e gli insulti. I figli delle coppie omogenitoriali che difendono la loro famiglia e l’attivista nata da una surrogata che si batte contro la pratica perché, secondo lei, non tiene conto della volontà del bambino.
Corto circuiti inspiegabili, posizioni inconciliabili. A Roma, che ingloba il Vaticano nel suo corpo e custodisce il Parlamento della Repubblica italiana, si svolgono negli stessi giorni (5 e 6 aprile), alle stesse ore due conferenze stampa internazionali: la Conferenza Internazionale di Roma sull'abolizione della maternità surrogata, che si svolgerà all'Università Lumsa e quello organizzato dall'Associazione Luca Coscioni e da Famiglie Arcobaleno "Famiglie e diritti universali. Libertà e autodeterminazione nei percorsi di gravidanza per altre e altri", e si svilupperà su due fronti: un convegno anche questo internazionale alla Camera dei Deputati e un flash mob a Largo di Torre Argentina.
Sembrano due eserciti che, sullo stesso piano, si affrontano. Sembrano. Questo è l’equivoco: che sia una battaglia combattuta ad armi pari tra pari, dove ci si dà manforte fra eserciti contrapposti, e non quel che è, invece. Due soliloqui. Distinti non solo idealmente ma anche territorialmente, non si incontrano. Sullo sfondo, una politica che non solo rifugge dallo scontro ma anche dalla realtà: Fratelli d’Italia che punta a vietare la maternità surrogata anche all’estero, reato universale, nome altisonante per mettere alla croce una realtà che esiste e non si può vietare. Il Partito Democratico che nel nome del pluralismo non decide, si limita a dire: tuteliamo i già nati da surrogata. E chi deve nascere: una politica senza coraggio né visione.
È complicato perfino riuscire a riassumere lo stato delle cose quando si parla di gestazione per altri. Ma in Italia è più o meno questo: la destra propone una legge bandiera che vorrebbe vietare nel nostro paese ciò che è già vietato (legge 40/2004) ma che punta ad allargare la punibilità del reato anche se compiuto da un italiano fuori dai confini. Lo scopo dichiarato del partito di Giorgia Meloni è quello di impedire alle coppie di andare all’estero, dove la gestazione per altri è legale. Impedire loro di far nascere un figlio anche con l’aiuto di una portatrice, diventare genitore e tornare a casa. Vale per le coppie gay e per quelle eterosessuali, ma la prima conseguenza sarà l'impedimento per i comuni di registrare all’anagrafe i figli arrivati in Italia dall’estero e con genitori omosessuali.
Per la comunità lgbt si tratta di una caccia alle streghe più che una norma da Stato di diritto. Mentre dal lato giuridico aggettivi come abnorme, fantapolitica, follia si stringono intorno alla proposta di legge. Lo scopo non dichiarato è quello di legare in maniera indissolubile maternità e gravidanza. In realtà la legge italiana – entro i limiti che conosciamo - permette già ora a una donna che resta incinta di scindere i due processi e agire per rifiutare il ruolo indesiderato di madre, sia attraverso l'interruzione di gravidanza, sia attraverso la rinuncia permanente a curarsi del neonato. Chi si oppone alla gravidanza surrogata adducendo come motivazione l'unicità insostituibile del legame che si stabilirebbe tra gestante e feto sta ponendo le condizioni perché gravidanza e maternità tornino a essere inscindibili e quella sovrapposizione torni a essere usata contro le donne sempre ogni volta che per i motivi più svariati provassero a scegliere di non essere madri.
Non sarebbe dunque il vietare ma il regolare. Per farlo bisognerebbe non considerare nemica la realtà: difficile di fronte a una politica cieca e sorda che si chiude in un ateneo per dirsi d’accordo. In Italia gli eterosessuali sterili mantengono sempre la possibilità di ovviare ricorrendo all'istituto del matrimonio, che consentirebbe loro, se ci sono le condizioni, di tentare la strada dell'adozione. Le coppie lesbiche dal canto loro possono tentare la fecondazione eterologa, se almeno una delle due partner è in grado di portare avanti una gravidanza. Percorso a ostacoli oggi che il ministro Matteo Piantedosi con una circolare impedisce anche a loro la registrazione. Non c’è possibilità per le coppie composte da due uomini, che restano escluse dal matrimonio e dalla biologia, ma certamente non dal desiderio di genitorialità. La gestazione per altri resta per loro la sola strada per esprimerlo, e dato che in alcuni paesi quella strada è legale, è del tutto logico aspettarsi che più coppie di uomini, una volta sancita la loro “formazione sociale specifica”, si disporranno a percorrerla. Questo è lo stato delle cose.
A Roma si svolgeranno due convegni internazionali, dove si entra tutti d’accordo e si esce tutti d’accordo. Nessuno le ascolterà. Conferenze squilibrate, una, quella dei contrari, agitata da chi può decidere per le vite altrui, ci sarà la ministra alla Famiglia Eugenia Roccella ad esempio. L’altra esasperata dalla strenua resistenza di famiglie che da anni sono nel bersaglio di una lotta ideologica. Mettere a confronto le intenzioni con gli esiti, le conseguenze delle cose, sarebbe compito della politica. Servirebbe comporle per aprire un confronto vero, uscire da qui. Lo scontro ideologico — destra contro sinistra — resta invece quello che è: qualcosa di grossolano e utile soltanto a polarizzare, infiammare gli animi in vista delle prossime elezioni.