
Il viaggio di Antonio Galdo nelle fabbriche italiane di ieri e di oggi è dunque una sorta di ricognizione in un mondo molto spesso percepito in bilico fra storia e presente. I grandi complessi produttivi che hanno scandito le tappe della crescita italiana, come la Bicocca, la fabbrica milanese della Pirelli, e il Lingotto, il primo stabilimento per la lavorazione in serie delle auto costruito dalla Fiat a Torino, hanno abbandonato la loro funzione originaria per diventare spazi simbolici dei processi di terziarizzazione che hanno investito le città maggiori. Ma, accanto alle fabbriche che sono state dismesse, ne sopravvivono o ne vengono create altre, spesso non nelle aree di industrializzazione più tradizionale, ma nella "terza Italia" della provincia marchigiana o veneta, come dimostrano i casi di Merloni e Riello.
Quanto al futuro della fabbrica, lo scenario si fa più incerto. Galdo sembra identificare nei grandi call center, come quello di Atesia a Roma, la discendenza legittima dell'organizzazione industriale e dei suoi modelli di disciplina lavorativa. C'è da chiedersi, tuttavia, se non siano oggi il territorio, la dimensione metropolitana a fungere di per se stessi come una forma organizzativa di processi di lavoro che abbattono i confini fra la fabbrica e la società.
Antonio Galdo,
'Fabbriche. Storie, personaggi e luoghi di una passione italiana',
Einaudi, pp. 153, euro 14,50