Ogni tanto 'La storia siamo noi' offre documenti imperdibili. E' il caso di 'Emilia Rossa', un documentario che include un'interessante intervista di Minoli al segretario del Pd Pier Luigi Bersani

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Ogni tanto compaiono sulla Rai, per 'La Storia siamo noi', documenti imperdibili: è il caso di 'Emilia Rossa', un documentario curato da Lorenzo Stanzani, completato da un'ampia intervista di Giovanni Minoli al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Il documentario era interessante e gradevole, e toccava tutti i punti del 'compromesso socialdemocratico', quel rapporto fra "ceti medi e Emilia rossa" descritto da Palmiro Togliatti ancora negli anni Quaranta, che avrebbe formato il modello emiliano, quel sistema di piccole e medie imprese, riunite nei distretti industriali emiliani e romagnoli.

Ma da vedere assolutamente era l'intervista di Minoli a Bersani, perché in questo caso erano i segnali nascosti a parlare, il body language, la gestualità. Chi ha conosciuto Bersani sa che è un tipo estroverso, pronto alla battuta, disponibile alla chiacchierata e, se è il caso, alla convivialità. Tutto questo è scomparso nell'intervista, bellissima, di Minoli. È rimasto un protagonista rivolto verso se stesso, una specie di re shakespeariano, inatteso e per molti aspetti anche più interessante del personaggio pubblico che conosciamo.

O che crediamo di conoscere. Perché il Bersani 'minolizzato', che a ogni domanda distoglieva gli occhi e si rifugiava dentro se stesso, cercando le parole oppure perfino tacendo, appariva più vero dell'uomo politico. Succede raramente di interpretare la psicologia autentica di un protagonista della scena pubblica. Con Minoli e Bersani è sembrato di andare vicini alla verità: una verità implicita, quasi sottaciuta, fatta dagli indimenticabili occhi di Bersani che abbandonano il faccia a faccia e si rifugiano nella propria interiorità.