
Il fatto è che un parto senza dolore costa circa 1.500 euro in più rispetto a un parto senza anestesia, e quella quota in più non viene rimborsata dallo Stato, ma deve essere coperta dal fondo sanitario regionale. Quindi, non tutte le regioni possono permettersi di garantirlo. "La differenza di costo moltiplicata per tutte le nascite può rappresentare una cifra rilevante", spiega Vincenzo Carpino, presidente di Aaroi-Emac: "Tanto che molte regioni del Sud, e in particolare quelle commissariate, hanno deciso di aspettare che lo Stato faccia rientrare il parto in analgesia tra i trattamenti rimborsati, come lo è il cesareo. Ma la proposta di legge in proposito, avanzata dall'ex ministro Livia Turco nel 2006, è congelata". Non solo: a complicare le cose c'è la carenza di anestesisti rianimatori nell'organico degli ospedali; che nel Meridione si può dire cronica.
Ci sono poi i rischi che questa pratica comporta: gli stessi di un'anestesia per un intervento chirurgico addominale: cefalee acute, ipotensione e tachicardia. "Non è una passeggiata", sottolinea Caprino: "Ma i rischi sono compensati da notevoli vantaggi: i muscoli pelvici vengono rilassati, la donna non soffre e può quindi partecipare e collaborare maggiormente al parto, e anche il bambino soffre meno".