
Ecco, che una cosa non escluda l'altra è quanto si può evincere anche dalle biografie dei creatori dei soliti idioti e in particolare spiazza quella di Martino Ferro, 37enne fiorentino, Premio Calvino 2005 per opere inedite di narrativa, scrittore di Einaudi con cui ha pubblicato "Il primo che sorride" e "La ventunesima donna" (ricerca linguistica sofisticata, trama surreale, esercizi di stile, richiami a Quenau) e autore di una raccolta di fiabe di denuncia sui mali del nostro Paese ("C'era una svolta") per Verdenero. "Sono un po' schizofrenico, lo ammetto", sorride Ferro: "Sono due aspetti molto diversi della mia professione e della mia personalità. I romanzi nascono da una ricerca più intima, appartengono alla mia fase solitaria, quasi di clausura. Il filone dei soliti idioti a quella ariosa, fatta più di divertimento e improvvisazione". Ma uno con quella sensibilità e coscienza letteraria come può serenamente partorire battute tipo "quella busta de piscio della ragazza tua", "un prosciutto in crosta di pene" o la canzone "besaje er bucio"? "La scurrilità non mi ha mai spaventato: anche Ruzante, se parliamo di teatro popolare, lo era. La volgarità invece è un'altra cosa ed è pericolosa quando non c'è niente sotto".
Chi sono, allora, questi soliti idioti e cosa hanno sotto, dietro o sopra? La sit-com di urticanti sketch è ispirata all'irriverente serie Little Britain della Bbc inglese. Mtv la manda in onda da tre anni e il boom l'ha fatto sul Web, con circa dieci milioni di video scaricati da YouTube. Dal cinema tornerà ora a teatro (il tour parte il 18 novembre) con concerto, perché anche la demenziale colonna sonora del film rivendica il suo ruolo. Il film l'ha voluto e prodotto (con Medusa) Pietro Valsecchi, raffinato collezionista d'arte e di blockbuster con la sua Taodue che, dalle fiction su distretti di polizia, Borsellino, Riina o la Montessori, è passata a svaligiare i botteghini con Checco Zalone, maggior incasso nella storia del cinema italiano. Difficile non riconoscergli un certo naso: "Se i politici puntassero sui giovani e sulle idee come abbiamo fatto noi, saremmo già a buon punto", filosofeggia Valsecchi (sulla scia del collega Giorgio Gori fulminato sulla via della Leopolda?).
Gli altri due autori, oltre allo scrittore Ferro, ma soprattutto gli interpreti principali della galleria di personaggi dei soliti idioti, sono Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio. Mandelli, 32 anni da Erba, lavora come presentatore e attore su Mtv dal '98, ha partecipato ad un paio di cinepanettoni, fa parte del cast della fiction "Squadra Antimafia", ha una band musicale (gli Orange) e due anni fa su RaiTre condusse "Non perdiamoci di vista" con Paola Cortellesi. Biggio, 37 enne fiorentino, lavora da 11 anni a Mtv e ha condotto su Radiouno "Ventura football club" con Simona Ventura. Le macchiette di maggiore presa sono i De Ceglie, un orripilante padre, ripugnante a vedersi e sentirsi, che cerca a tutti i costi di educare ai suoi disvalori il figlio sensibile, colto e imbranato: "Dai cazzo Gianluca" è il tormentone ormai entrato nel gergo degli adolescenti, più o meno cresciuti. Corrotto, immorale, disonesto, volgare e puttaniere: magari fosse solo il parto di tre fantasie malate.
"Incarna tutti i difetti possibili degli italiani", spiega Mandelli, che lo ha plasmato e italianizzato prendendo spunto da un personaggio minore di Little Britain. "Un settantenne interpretato da un trentenne credo sia la figura più innocente di tutta la tv italiana. Gli italiani così, questi dinosauri che ci circondano, che si esprimono solo col turpiloquio, purtroppo esistono nella realtà e alcuni sono anche molto importanti. Poi che uno ci voglia vedere Berlusconi, il medico della mutua o il macellaio sotto casa, faccia pure". Trasgressivo, eversivo o banalmente triviale? Dite "cacca" a un bambino e riderà sempre. Grattate la lavagna e rabbrividirà. Ferro azzarda un distinguo, in linea con la sceneggiatura: "C'è scureggia e scureggia, al cinema. Per dire: due personaggi della serie tv, che non abbiamo messo nel film, erano due poliziotti. A un certo punto a uno dei due scappava una flatulenza e all'altro partiva un colpo di pistola che ammazzava una persona. L'abbiamo scritto in un periodo in cui "accidentalmente" qualche ragazzo era morto nelle mani della polizia...".
I tre autori, con il regista Enrico Lando, sono rimasti autenticamente storditi dal putiferio scatenato dal loro film, che al di là dei giudizi di merito non scampa al costoso pedaggio di ogni gag esplosiva dilatata da due minuti a un'ora e mezza. "Sapevamo ci fosse attesa da parte dei fan della serie tv ma il successo del nostro "cinepunkettone" va al di là di ogni aspettativa ed è assurdo tutto quello che si sta dicendo sopra le nostre teste. Noi non volevamo lanciare messaggi: facciamo i comici e basta. Volevamo solo far ridere, che è già molto difficile. Dentro il film dovrebbe esserci il racconto del Paese, degli aspetti negativi dell'Italia con le sue nevrosi e il confronto tra due generazioni, questi padri in pensione che siccome si rompono le palle devono romperle ai figli per passare il tempo. Credo che in tanti si possano riconoscere nella dinamica dei De Ceglie. Se ci si ferma solo al "dai cazzo" e alla volgarità, beh, un po' mi dispiace, ma va bene anche questo".
"Anche io devo capire tutto quello che sta succedendo", aggiunge Ferro: "L'eco avuta è molto strana e ci hanno fatto piacere anche i commenti più critici, come quello di Concita De Gregorio su "Repubblica": si è chiesta cosa ci trovino i figli da ridere e ha ragione, è difficile da spiegare. Non ho una risposta: c'è chi si diverte solo per la parolaccia e chi invece si riconosce anche nello scontro generazionale in atto nel Paese tra i vecchi che si mangiano i bamboccioni. È un tema, così come l'omosessualità o la burocrazia: chi di noi non ha mai incontrato un impiegato di call center o della posta che dice "sono subito da leeei" e poi va in pausa a farsi le unghie? Tutti i personaggi raccontano qualcosa di quello che abbiamo intorno ed è molto interessante leggere opinioni e reazioni tanto diverse. Ognuno ci trova quel che vuole". E alla fine, come cantava quello, non c'è niente da capire.