All'European University Institute di Fiesole un summit per discutere di come affrontare le sfide poste ai regimi democratici: dal terrorismo al populismo alle crescenti disuguaglianze. Con una lezione per il futuro: "Europa e Stati Uniti si impegnino per prevenire i conflitti nelle zone più calde come il Medio Oriente"

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Estremismi e corruzione mettono a dura prova la tenuta della democrazia in tutto il mondo. Per questo nei giorni scorsi all'European University Institute di Fiesole (Firenze) si sono riunite decine di ex ministri da ogni angolo della terra per discutere sul da farsi, in una tre giorni organizzata dal Club de Madrid con il Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights.

Il rapporto
Oxfam: Il boom delle disuguaglianze in un mondo che ha perso la retta via
29/10/2014
Liberi dall'obbligo di rappresentare governi e partiti, gli ex leader hanno parlato con franchezza del declino dei diritti e della democrazia, mettendo sul tavolo le questioni più urgenti: populismi, poteri collusi, diseguaglianze economiche. Non ultimo il terrorismo, che nel 2013, rispetto all'anno precedente, ha ucciso il 61% in più di persone (per un totale di 17.958), l'82% delle quali in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria, soprattutto ad opera di 4 gruppi: ISIL (Stato Islamico dell'Iraq e del Levante), Boko Haram, Al Qaeda e Talebani (fonte: The 2014 Global Terrorism Index dell'Institute for Economics and Peace di Londra).

L'opinione
Se il mondo perde la speranza
29/10/2014
I terroristi non hanno valori umani né religione secondo Isail Serageldin, considerata una delle 'menti' dell'Egitto contemporaneo. Direttore della nuova biblioteca di Alessandria, era anche lui alla riunione degli ex leader mondiali, insieme ad esperti come Kjell Magne Bondevik, presidente dell'Oslo Center per la pace. "Sia l'Europa che gli Usa – ha detto Bondevik - hanno perso credibilità come promotori di democrazia e di diritti umani. Avere spessore vuol dire non usare doppie misure nella politica estera". Poche le donne presenti. Tra queste la ex premier canadese Kim Campbell, che ha avvertito che se le democrazie non funzioneranno "rimarremo nudi e imbarazzati di fronte a chi stiamo cercando di convincere". Ovvero metà della popolazione mondiale, quella che vive sotto regimi autoritari e che non per questo è povera. "Ci possono essere sviluppo e sicurezza senza democrazia - ha ammonito l'ex premier sudanese Sadiq al Mahdi, a capo dell'opposizione da quando, nel 1989, lo destituì con un golpe l'attuale presidente Omar al-Bash?r - ma non ci saranno diritti umani e dignità".

Mappe
Così abbiamo perso la guerra al terrorismo Mai tante vittime nel mondo come nel 2013
14/11/2014
"Preferisco il rumore della democrazia – ha chiosato Felipe Calderon, ex primo ministro messicano - al silenzio della dittatura". Coi giornalisti però preferisce il silenzio. Non ha voluto rilasciare commenti sulla inquietante sparizione di 43 studenti nello Stato di Guerrero, da addossare, secondo più fonti, alla collusione tra narcos e parti dello Stato e della polizia locale. Forse ne ha parlato, ma non è possibile dirlo, nelle sessioni chiuse, che hanno seguito le regole della Chatham House: vietato far sapere all'esterno chi ha detto cosa durante la riunione. Certo è che il silenzio di Calderon, che aveva fatto della lotta al narcotraffico uno dei pilastri del suo governo, pesa più che mai in un momento in cui, come afferma Humans Right Watch, il Messico affronta la crisi più seria sul piano dei diritti umani dal 1968 a questa parte.


Tra gli ospiti del meeting, anche Mathew Burrows, 28 anni di servizio nella Cia e nel dipartimento di Stato ed ex consulente del National Intelligence Council. E' uscito da poco negli Stati Uniti il suo ultimo libro "The Future, Declassified. Megatrends that Will Undo the World Unless We Take Action" (Il futuro declassificato. Megatendenze che distruggeranno il mondo a meno che non facciamo qualcosa, 281 pp., ed. Palgrave MacMillan, 27 $), scritto sulla falsariga delle previsioni annuali che Burrows presentava ogni anno alla Casa Bianca. Sull'avvento dell'Isis, ritiene che fosse  "qualcosa di prevedibile in Iraq. Credo che in Siria lo sgretolamento dello Stato fosse così avanzato che lì o in qualsiasi altro posto l'Isis sarebbe cresciuta" e che persino l'adesione al Califfato da parte di uomini provenienti dai paesi occidentali non sia da considerarsi un fenomeno nuovo. "Lo avevamo visto anche in precedenza: tornando indietro a Bin Laden, c'erano dei combattenti occidentali là" commenta e sottolinea come "stavolta non è necessariamente un sentimento di attrazione a spingerli verso l'Isis, quanto un riflesso dei loro sentimenti, di come loro si sentono all'interno della società europea o americana".

Una delle tesi del libro di Burrows è che le democrazie non si sono adattate bene ai nuovi scenari: "Il tipo di patto economico e sociale stabilito dopo la seconda guerra mondiale in Europa e in una certa misura negli Stati Uniti, secondo cui la società avrebbe garantito prosperità e sicurezza sociale a tutti i suoi membri, adesso è logorato". Anche nelle società un tempo più prospere "c'è sempre meno sicurezza sociale e anche molta meno garanzia di prosperità. Credo che l'Europa ne risenta di più, basta vedere come state tagliando sempre più fondi all'istruzione e all'università, e allo stesso tempo mantenete le promesse fatte alla generazione più vecchia di elettori: loro ricevono le pensioni, le cure sanitarie. Ma ovviamente sono loro quelli che attualmente hanno il potere politico".
In questo scenario, il rischio maggiore è che "non affrontino la questione della diseguaglianza, di una crescita che mantenga l'inclusività. Ma l'altra domanda è: le democrazie continueranno ad agire insieme? Adesso viviamo in un mondo che non è più solo occidentale. E non essendoci democrazia in Cina, questa non crederà necessariamente nei valori democratici, di cui quindi ci sarà un lento declino. Se non saremo noi a tenerci strette le nostre democrazie, non credo che lo faranno gli altri".

A livello mondiale, è il conflitto lo scenario più preoccupante. Serve maggior impegno per prevenire i fuochi della violenza lì dove si accendono:  "Alcuni dei conflitti in Medio Oriente possono essere prevenuti. Dovremmo lavorare, in particolare Europa e Stati Uniti, per prevenirne una guerra tra sunniti e sciiti, che è una possibilità, e lavorare con qualcuno che riesca a vedere i problemi all'orizzonte, come quello relativo alla mancanza di acqua, cibo, cose che potrebbero causare conflitti, perciò bisogna avere un piano per prevenirle".