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Un'occasione d'oro, perché per cancellare le irregolarità l'Agenzia delle Entrate si limiterà a far pagare le tasse dovute e mai sborsate, e la sanzione che verrà aggiunta sarà minima, quasi una tirata d'orecchi. Insomma, si farà come se nulla fosse successo, come se quei soldi fossero sempre stati dichiarati, e pace fatta.
I contribuenti con la coscienza sporca si sono fatti due conti e si stanno dando da fare: studi professionali di commercialisti e di avvocati (saranno loro a curare la procedura di perdono con il fisco) sono presi d'assalto dai nuovi clienti, e le banche che si occupano di gestioni patrimoniali già si fregano le mani in vista dell'arrivo di una liquidità che dovrà trovare nuovi canali d'investimento, in Borsa o nei fondi. I mercati attendono voraci.
In questo carosello di interessi, però, fanno da freno ancora alcuni timori. Anzi, una grande incognita. Che potrebbe mettere in serio pericolo la riuscita dell'operazione da cui il governo Renzi conta di far rientrare a casa fino a sette miliardi.
L'incognita si chiama magistratura. Cosa c'entra la giustizia? Se mi perdoni per le tasse, non mi dovresti indagare, questo il principio di fondo della voluntary. Invece c'entra, a sentire gli esperti che stanno sezionando dinamica e implicazioni della legge sulla “collaborazione” con le altre leggi esistenti. Cominciamo col dire che, al contrario dello scudo che era anonimo, la “voluntary” prevede che si dichiari nome e cognome, e non solo del soggetto interessato, ma anche dei soggetti che si sono interposti nella costituzione del tesoretto, come un prestanome, uno che ha fatto transitare il denaro sul suo conto, uno che si è prestato al trasferimento della somma o a una triangolazione. «Di tutti costoro l'Agenzia delle Entrate, una volta ricevuta la domanda di sanatoria, entro 30 giorni ne comunicherà l'identità alla magistratura», spiega Emanuele Fisicaro, docente di diritto penale commerciale all'università di Bari. E il Pm che ne fa?
Ebbene, qui la norma non è chiara: si tratta di una comunicazione solo formale, e quindi per il magistrato è solo una presa d'atto, o è una notizia di reato? Occorre ricordare che da noi la soglia tra reato solo amministrativo e reato penale corre sulla linea dei 50 mila euro di tassa evasa (non di somma occultata). Se si è sotto quell'importo, e si tratta quindi solo di evasione fiscale, il Pm può procedere a un decreto di archiviazione. Se si è sopra, deve arrivare una comunicazione di chiusura indagini, che comporta comunque che un giudice emetta una sentenza di proscioglimento per causa di intervenuta non punibilità. Insomma, tutto finisce lo stesso, ma dopo un bel giro a palazzo di giustizia. E se la macchina della giustizia si è messa in moto, il nostro evasore pentito dovrà comunque fornirsi di un avvocato per chiudere la partita.
Mettiamo poi un altro caso un po' più delicato: se quei soldi rimpatriati non solo soltanto macchiati dall'evasione, ma sono frutto di reati, che si fa? Se quel denaro è il risultato di mazzette, o di corruzione, è anche questo salvo sul piano penale? La risposta è no. E se quel denaro è stato portato all'estero con l'aiuto di società fittizie, o di fatture per operazioni inesistenti, è salvo? Anche qui la risposta è no. Anzi, al Pm non resta che indagarti, non per evasione, ma per il reato da cui deriva quella provvista di denaro all'estero. E quindi procedere prima con un sequestro preventivo, poi con la confisca del denaro.
Ora: si può prevedere che in tempi di mazzette endemiche, la magistratura sia sul chi vive, e che voglia evitare di farsi sfuggire casi di delitti contro la pubblica amministrazione, per cui useranno la mano pesante. Ma anche i professionisti che devono confezionare la domanda di voluntary disclosure hanno una ruolo non secondario: a loro spetta di accertarsi che i soldi di cui parla il loro cliente non siano frutto di autoriciclaggio. «Per evitare errori, faranno comunque la segnalazione all'Uif (l'unità di informazione finanziaria presso la Banca d'Italia), che la farà approfondire dal valutario, che poi la trasmette all'autorità giudiziaria», dice Fisicaro. Come in gioco dell'oca, insomma, si finisce sempre sotto la lente del magistrato. In questa prospettiva, quanti se la sentiranno di passare l'esame?
«Eppure l'adesione alla voluntary disclosure è necessaria», dice Fisicaro, «perché la lotta all'evasione è ormai sentita a livello internazionale, e la morsa su chi ha capitali all'estero si stringe. Gli spazi di manovra sono sempre più risicati. Ci sono le direttive del Gafi, il gruppo d'azione finanziaria internazionale, che prevedono lo scambio spontaneo di informazioni, farla franca sarà sempre più difficile». E ci sono le intese che via via si stanno stipulando tra Italia e Stati come Svizzera, Principato di Monaco, e Vaticano, per la trasparenza e la collaborazione fiscale e finanziaria.
Per evitare che il grande rientro dei capitali finisca in flop, il governo deve fare una scelta di fondo. Stabilire (basta una circolare) che chi aderisce alla collaborazione volontaria ha un mantello protettivo che lo salva dall'iscrizione nel registro degli indagati. E solo se ci sono altre indagini su di lui il magistrato potrà attingere al patrimonio informativo della disclosure, non viceversa. Ma di questi tempi mettere un freno alla magistratura è politicamente impraticabile. Bel problemino per Renzi.