Con le armi nell’urna: l'Ucraina tra le elezioni e la guerra
Crocevia di interessi strategici, economici, energetici. Un Paese senza pace che si avvia al voto guardando a Occidente. Ma in ostaggio di Mosca
Gli abitanti di Mariupol, secondo porto dell’Ucraina, di Berdjansk e delle città affacciate sul Mare di Azov hanno accolto con favore la proclamazione della legge marziale negli Oblast orientali al confine con la Russia. Ma non per questo hanno meno paura di fare la fine dei loro connazionali del vicino Donbass, dove il conflitto promosso e sostenuto dai russi ha provocato in 4 anni 11mila morti e un milione e mezzo di sfollati, e non sembra sul punto di concludersi, nonostante gli accordi di Minsk2 ne abbiano ridotto l’intensità. Gli ucraini tutti non si sentono rassicurati perché «la guerra continuerà fino a quando non ci sarà un cambio di governo in Ucraina».
Sono queste le parole con cui Putin ha chiarito il senso dell’ennesimo attacco militare russo contro l’ex repubblica sovietica che il 31 marzo dell’anno prossimo eleggerà il nuovo presidente della Repubblica e alla fine di ottobre il nuovo Parlamento. Avvicinandosi le date delle elezioni presidenziali e legislative, zar Vlad sta alzando il tiro pur di riportare l’Ucraina il più possibile nella sfera di controllo russo. Per questo, lo scorso 25 novembre, il Cremlino si è spinto a ordinare il primo attacco militare aperto e diretto, seppur limitato, nelle acque condivise del Mare di Azov (comunicante con il Mar Nero attraverso lo stretto di Kerch) contro tre navi della marina della ex Repubblica sovietica. Una mossa inedita conclusasi, per ora, con il ferimento e l’arresto di 23 marinai ora detenuti in un carcere di Mosca.
«Con questa aggressione scoperta, il Cremlino intende spaventare le autorità e la popolazione per influenzare la campagna elettorale e far eleggere se non un presidente totalmente pro russo, almeno più “morbido”, e un Parlamento molto frammentato con più deputati del Blocco d’Opposizione e dei piccoli partiti filo russi ora ancora fuori dall’Aula», dice Alyona Shkrum, avvocatessa nonché deputata di Patria (Batkivshchyna) il partito della risorta Julia Timoshenko. Secondo Shkrum, membro del gruppo informale dei deputati “eurottimisti”, il presidente Poroshenko non avendo reagito in modo vigoroso alle ripetute aggressioni russe, ha dato di fatto mano libera alla Russia di strangolare progressivamente il centro nevralgico dell’export ucraino.
Dai porti affacciati su questo specchio di mare fino al 2014 quando avvenne l’annessione unilaterale della Crimea, sponda occidentale del Mare di Azov, veniva esportato il 40 per cento dei beni prodotti in Ucraina a cominciare da acciaio, carbone e grano. Da allora la percentuale di merci in entrata e uscita è calata progressivamente a causa delle estenuanti ispezioni effettuate dalla guardia costiera russa che rendono sempre più complicata e costosa la navigazione in queste acque. La zampata più dolorosa, prima del ferimento dei marinai e la loro cattura, sferrata dall’orso russo per bloccare questo fondamentale sbocco commerciale è andata a segno lo scorso 15 maggio, quando venne inaugurato il ponte sullo stretto di Kerch. Un’occasione talmente speciale che Putin in persona si mise al volante del convoglio che percorse per la prima volta i 19 chilometri che ora legano indissolubilmente la Russia continentale alla Crimea. Il ponte più lungo d’Europa è però anche il più basso. Ma la sua “bassezza” non è un errore di progettazione . Serve a impedire il transito delle petroliere e delle alte navi da carico che quotidianamente attraccavano nei porti ucraini dell’Azov.
Nonostante le perdite provocate alle casse della Federazione dalle sanzioni economiche occidentali, Putin non ha badato a spese pur di interrompere le rotte marittime ucraine. Cosa avrebbe potuto quindi fare il presidente Petro Poroshenko per opporsi più efficacemente al gigante russo, visto che il suo esercito non è riuscito nemmeno a sconfiggere i separatisti del Donbass addestrati e armati dal Cremlino? E come avrebbe potuto fermare questo ulteriore attacco via mare se nemmeno la comunità internazionale era riuscita a far desistere Putin dall’annettersi la Crimea mostrando di essere disposto a scatenare una guerra pur di portare avanti i propri piani vetero imperialisti? A questa domanda la deputata Shkrum non offre risposte convincenti. Siccome la campagna elettorale è de facto iniziata, i deputati del partito dell’ex premier Timoshenko, in testa ai sondaggi nelle intenzioni di voto per le presidenziali, tentano di sminuire ulteriormente la figura di Poroshenko. Lo fa ancora di più il Blocco d’Opposizione, sponsorizzato dal Cremlino, che sostiene la tesi secondo cui l’attuale presidente potrebbe trarre giovamento da questo nuovo picco della crisi con Mosca. La sua popolarità è scesa drammaticamente negli ultimi mesi con il nuovo aumento della tassa sul consumo di gas, richiesto dal Fondo Monetario Internazionale in cambio dell’erogazione di nuovi prestiti. Ma gli avversari tanto europeisti quanto filo russi attribuiscono l’aumento del 23 per cento alla mancata riforma dell’energia e alla corruzione.
Come tutti i presidenti in carica, Poroshenko sconta la frustrazione dei cittadini che, a maggior ragione dopo una sanguinosa rivoluzione contro la corruzione capillare del “sistema Yanukovich”, avrebbero voluto vedere subito un netto cambiamento. Si dimenticano però che essendo l’Ucraina un Paese destabilizzato da un conflitto destinato a durare ancora a lungo e con una moneta pesantemente svalutata, fatica ad attrarre investimenti stranieri. Nonostante ciò il prodotto interno lordo dà segnali di ripresa. Un ostacolo che rende la vita dei meno abbienti molto difficile è l’inflazione ancora alta, intorno all 11 per cento. «Qualsiasi cosa Poroshenko faccia, non va bene a qualcuno. È normale, specialmente quando si governa con la spada di Putin che penzola sulla testa», sottolinea Milan Lelich osservatore politico dell’agenzia di informazione Rbc-Ukraine. Lelich giudica le riforme ancora insufficienti a far salire ulteriormente il Pil. «I dati mostrano che negli ultimi anni la situazione è migliorata. Il nostro Paese sta iniziando a riprendersi dalla catastrofe economica del 2014, causata dall’invasione russa. Sicuramente i salari medi e le pensioni non sono alti, anche se stanno lentamente aumentando ma è molto difficile avere un rapido sviluppo economico in un Paese che soffre di un’aggressione militare diretta», spiega l’osservatore.
A questo punto le sorti dell’Ucraina sono appese più al volere di Putin e di Trump piuttosto che alla Germania, pur essendo il Paese europeo che ha sempre sbandierato di voler difendere la sovranità ucraina e promuoverne l’integrazione con il Vecchio Continente. La determinazione della leadership tedesca nel voler portare a compimento gli accordi con Mosca per l’apertura del gasdotto Nord Stream 2 che farebbe transitare il gas russo a Berlino attraverso il mar Baltico escludendo l’Ucraina, a Kiev è considerata un tradimento. «Speriamo che Berlino dopo l’attacco sfrontato contro l’Ucraina nell’Azov si renda conto che Putin è disposto a usare qualsiasi mezzo per ottenere ciò che vuole, anche far scoppiare una guerra. Il gasdotto Nord Stream2 gli darà la possibilità di interferire negli affari tedeschi e dunque europei. L’energia del resto è sempre stata usata da Mosca come un’arma, di ricatto», mette in guardia l’economista Taras Kachka, tra gli autori dell’accordo di associazione con la Ue del 2013, accettato e poi ricusato dall’allora presidente Yanukovich facendo così scoppiare la rivolta di EuroMaidan.
«Sarà una campagna elettorale molto sporca e divisiva, con la possibilità di nuove aggressioni russe per generare il caos, basata su populismo e nazionalismo. Anche qui abbiamo una sorta di Beppe Grillo, il comico e produttore televisivo-cinematografico Vladimir Zelenski che ha possibilità di vincere perché è molto noto in tutto il Paese grazie al suo programma di satira “Servitori del popolo” in onda sulla tv dell’oligarca Igor Kolomoyskiy”, spiega Anna Korbut, politologa e ricercatrice della Chatham House. Attualmente, secondo i sondaggi Yulia Tymoshenko e il suo partito sono al primo posto nei sondaggi seguiti dalla new entry Sviatoslav Vakarchuk, cantante rock tra gli animatori più attivi di Maidan (ma non ha ancora annunciato la candidatura), e Vladimir Zelensky. Seguono Petro Poroshenko e il candidato filo russo Yuriy Boyko. La vera novità è l’aumento vertiginoso degli indecisi che sarebbero addirittura il 40 per cento.
«Per quanto riguarda le legislative vedremo un Parlamento molto frammentato che significa sarà più difficile far approvare le decisioni del governo, specialmente sulle riforme, come quella del sistema giudiziario e dell’esercito. Con la scusa che quest’ultima misura costerà molti soldi allo Stato, i deputati pro russi faranno di tutto per affossarla», conclude Korbut.
L’Ucraina è ancora fondamentale per la Russia. Ce lo ricorda in un suo famoso saggio sulla Grande Guerra lo storico Norman Stone: «Con L’Ucraina, la Russia assomiglia agli Stati Uniti, senza assomiglia al Canada, tanta neve e poco altro». Nel 1918 la Russia ne aveva bisogno per carbone e grano, oggi ne ha bisogno per bloccare l’avvicinamento della Nato ai propri confini e per infilarsi come un cuneo nel cuore dell’Europa.